Recensione
Le Mille Vite di Mi-kun
6.5/10
Recensione di Shiho Miyano
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«Le mille vite di Mi-Kun è un volume che raccoglie alcuni racconti (una storia "lunga" «Mime, la Gatta Tigrata», le altre cinque brevi con protagonista, questa volta, un omonimo gatto maschio) scritti e disegnati da Leiji Matsumoto, dedicati al ricordo dei gatti tigrati che hanno fatto parte della sua famiglia. In Italia questa raccolta è edita da “Hikari”, editrice nata (nel 2012) come divisione della torinese "001" Edizioni.
Queste storie feline sono “domestiche”: non si svolgono nel Leijiverse fantascientifico di tante sue opere, come «Capitan Harlock» e «Galaxy Express 999», ma hanno un orizzonte terrestre, una tranquilla vita di quartiere. Ma le opere del sensei Matsumoto non sono mai completamente distinte le une dalle altre, quindi qualcuno si ricorderà di un micio, immancabilmente tigrato e sempre denominato Mi-Kun, anche nelle epopee spaziali! A rimanere invariata è anche la malinconia che contraddistingue la narrazione: non mancano gli episodi buffi, ma il dolore è sempre dietro l’angolo, la felicità breve e fugace.
Il tratto delle tavole è, nella storia presentata per prima (ma l’ultima in ordine temporale), quello consueto, con la particolarità che la bambina che adotta la gattina Mi-Kun (chiamata così perché ha l’aria di un “maschiaccio”) non è ritratta come le bellissime, longilinee, donne di Matsumoto, ma con quelli dei suoi uomini bassi e tarchiati (un “maschiaccio” anche lei, come la gattina).
Nei capitoli auto-conclusivi della seconda parte del volume con il protagonista maschile il tratto è diverso, meno tipico, più conforme a quello dei vecchi manga shojo.
Una piccola chicca in appendice per i gattofili: le fotografie dei gatti che hanno ispirato le storie!
Le storie sono un po’, soprattutto quelle della seconda parte, ripetitive e moraleggianti, quindi il volume è sì apprezzabile, ma non adatto a tutti: riservato agli amanti di Leiji Matsumoto e ...a chi non si stanca mai di leggere storie di gatti.
Queste storie feline sono “domestiche”: non si svolgono nel Leijiverse fantascientifico di tante sue opere, come «Capitan Harlock» e «Galaxy Express 999», ma hanno un orizzonte terrestre, una tranquilla vita di quartiere. Ma le opere del sensei Matsumoto non sono mai completamente distinte le une dalle altre, quindi qualcuno si ricorderà di un micio, immancabilmente tigrato e sempre denominato Mi-Kun, anche nelle epopee spaziali! A rimanere invariata è anche la malinconia che contraddistingue la narrazione: non mancano gli episodi buffi, ma il dolore è sempre dietro l’angolo, la felicità breve e fugace.
Il tratto delle tavole è, nella storia presentata per prima (ma l’ultima in ordine temporale), quello consueto, con la particolarità che la bambina che adotta la gattina Mi-Kun (chiamata così perché ha l’aria di un “maschiaccio”) non è ritratta come le bellissime, longilinee, donne di Matsumoto, ma con quelli dei suoi uomini bassi e tarchiati (un “maschiaccio” anche lei, come la gattina).
Nei capitoli auto-conclusivi della seconda parte del volume con il protagonista maschile il tratto è diverso, meno tipico, più conforme a quello dei vecchi manga shojo.
Una piccola chicca in appendice per i gattofili: le fotografie dei gatti che hanno ispirato le storie!
Le storie sono un po’, soprattutto quelle della seconda parte, ripetitive e moraleggianti, quindi il volume è sì apprezzabile, ma non adatto a tutti: riservato agli amanti di Leiji Matsumoto e ...a chi non si stanca mai di leggere storie di gatti.