Recensione
Banana Fish
7.0/10
“Noi viviamo due mondi separati, lo dici sempre, ma è davvero così?”
"Banana Fish" (バナナフィッシュ) è una serie anime andata in onda in Giappone su Fuji TV all'interno del contenitore noitaminA dal 5 luglio al 20 dicembre 2018. La serie, composta da ventiquattro episodi, è tratta dal manga della fumettista Akimi Yoshida, pubblicato in Giappone tra il 1985 e il 1994.
L’anime in questione è stato realizzato dallo studio MAPPA, studio giapponese fondato nel 2011 che ha realizzato diverse opere ed ha partecipato ad importanti lavori come "Dororo", "Vinland Saga" e "Dorohedoro".
In cabina di regia il lavoro è stato affidato a Hiroko Utsumi, mentre le sceneggiature sono state curate da Hiroshi Seko.
Sono state inoltre realizzate due opening per la serie, "Found & lost" ad opera dei Survive Said The Prophet e "Freedom" realizzata dai Blue Encount. Le due sigle di chiusura, "Prayer X" e "Red", sono invece state realizzate dai King Gnu, la prima, e ancora dai Survive Said The Prophet la seconda.
New York, un uomo poco prima di morire assassinato in un vicolo della città consegna ad Ash Lynx, un giovane capobanda, una sostanza misteriosa contenuta in un proiettile, nel mentre però pronuncia due misteriose parole: “Banana Fish”, le stesse che, diversi anni prima, un soldato americano pronunciò uccidendo i suoi commilitoni in Iraq. Quel soldato è proprio il fratello di Ash.
Ma cos'è questo Banana Fish? Cosa c’entra la cosca mafiosa di Dino Golzine? E cosa si nasconde dietro a tutto ciò?
Non più ambientata negli anni ’80 ma ai giorni nostri, "Banana Fish" narra la storia di amicizia tra il protagonista Ash Lynx ed Eiji Okumura, un fotografo giapponese arrivato quasi per caso negli Stati Uniti per un servizio fotografico.
I due ragazzi sono però molto diversi: pur provando molto affetto l’uno per l’altro, un affetto quasi fraterno, devono vivere questa amicizia all’interno di una situazione politicamente instabile e nel pieno di una guerra tra gang mafiose e malavita.
La storia ha tutte le carte in regola per essere esplosiva, per invogliare lo spettatore a guardare l’anime episodio dopo episodio, eppure, purtroppo, non tutti gli ingranaggi della narrazione si muovono correttamente.
La serie non parte benissimo. Ha una partenza stile “motore diesel”, lenta, traballante e pesante. In alcuni episodi iniziali si inceppa anche. Il racconto non scorre via liscio come ci si aspetta.
Anche l’intervento dei vari personaggi, tutti ben riusciti, fatica a dare quella vivacità e quell’esplosività che una serie di questo spessore avrebbe potuto avere e avrebbe dovuto passare a chi sta dall’altra parte dello schermo.
A volte non si capisce nemmeno cosa voglia essere questa serie, tra l’altro catalogata come shoujo, siccome il manga venne pubblicato sulla rivista Bessatsu Shōjo Comic di Shogakukan, ma che di fatti si presenta come una sorta di seinen per quel che penso io, ma va beh. Infatti venne citata in "Dreamland Japan" di Frederik L. Schodt come "uno dei pochi manga shōjo che un uomo può leggere senza vergognarsi".
Ma, tralasciando questi aspetti un po’ tecnici, spesso non si capisce cosa voglia essere la serie, se un racconto di amicizia, un poliziesco, una serie sulle droghe, una serie sparatutto sulle gang o una serie che parla di mafia. Forse tutto questo che ho citato crea poi "Banana Fish" come titolo fatto e finito, ma nell’insieme questa volontà di creare un prodotto così variopinto non si riesce a cogliere, o, se si coglie, si fatica a trovare un solido appoggio da cui guardarla.
Insomma, una narrazione spesso instabile, un racconto pieno zeppo di buchi e di salti che disorientano chi la guarda, un sacco di scappatoie che forzano esageratamente il susseguirsi degli eventi.
Insomma, una serie bella, affascinante e soprattutto emozionante che viene rovinata da diversi aspetti narrativi che la appesantiscono e la rendono macchinosa.
Il racconto viene però spesso migliorato ed arricchito dallo strepitoso cast di personaggi, tutti ben riusciti, quantomeno quelli principali, che ruotano attorno ai due protagonisti.
Lo stesso vale per gli antagonisti del racconto, specialmente Dino, che riescono il più delle volte a fare la loro parte, creando un’atmosfera adatta al racconto ed una suspense molto realistica ed enigmatica.
I personaggi sono dei veri personaggi, non sono stereotipati, sono invece molto realistici, dei personaggi a tutto tondo che sanno stupire chi li guarda.
Insomma, per questo e per tanti altri motivi è una serie che non me la sento assolutamente di bocciare, anzi. Il mio voto è così basso soprattutto perché da un manga capolavoro di questo spessore mi aspettavo una trasposizione animata di un livello altissimo, o quantomeno alto. Invece qui, a partire dalle animazioni, quasi tutto risulta mediocre, inceppato in una ripetitività esaustiva e quasi deprimente.
Un anime giallo, giallo come il suo titolo (ehm, più o meno), giallo come ciò che racconta e giallo come la qualità che porta sullo schermo.
Dispiace tanto...
"Banana Fish" (バナナフィッシュ) è una serie anime andata in onda in Giappone su Fuji TV all'interno del contenitore noitaminA dal 5 luglio al 20 dicembre 2018. La serie, composta da ventiquattro episodi, è tratta dal manga della fumettista Akimi Yoshida, pubblicato in Giappone tra il 1985 e il 1994.
L’anime in questione è stato realizzato dallo studio MAPPA, studio giapponese fondato nel 2011 che ha realizzato diverse opere ed ha partecipato ad importanti lavori come "Dororo", "Vinland Saga" e "Dorohedoro".
In cabina di regia il lavoro è stato affidato a Hiroko Utsumi, mentre le sceneggiature sono state curate da Hiroshi Seko.
Sono state inoltre realizzate due opening per la serie, "Found & lost" ad opera dei Survive Said The Prophet e "Freedom" realizzata dai Blue Encount. Le due sigle di chiusura, "Prayer X" e "Red", sono invece state realizzate dai King Gnu, la prima, e ancora dai Survive Said The Prophet la seconda.
New York, un uomo poco prima di morire assassinato in un vicolo della città consegna ad Ash Lynx, un giovane capobanda, una sostanza misteriosa contenuta in un proiettile, nel mentre però pronuncia due misteriose parole: “Banana Fish”, le stesse che, diversi anni prima, un soldato americano pronunciò uccidendo i suoi commilitoni in Iraq. Quel soldato è proprio il fratello di Ash.
Ma cos'è questo Banana Fish? Cosa c’entra la cosca mafiosa di Dino Golzine? E cosa si nasconde dietro a tutto ciò?
Non più ambientata negli anni ’80 ma ai giorni nostri, "Banana Fish" narra la storia di amicizia tra il protagonista Ash Lynx ed Eiji Okumura, un fotografo giapponese arrivato quasi per caso negli Stati Uniti per un servizio fotografico.
I due ragazzi sono però molto diversi: pur provando molto affetto l’uno per l’altro, un affetto quasi fraterno, devono vivere questa amicizia all’interno di una situazione politicamente instabile e nel pieno di una guerra tra gang mafiose e malavita.
La storia ha tutte le carte in regola per essere esplosiva, per invogliare lo spettatore a guardare l’anime episodio dopo episodio, eppure, purtroppo, non tutti gli ingranaggi della narrazione si muovono correttamente.
La serie non parte benissimo. Ha una partenza stile “motore diesel”, lenta, traballante e pesante. In alcuni episodi iniziali si inceppa anche. Il racconto non scorre via liscio come ci si aspetta.
Anche l’intervento dei vari personaggi, tutti ben riusciti, fatica a dare quella vivacità e quell’esplosività che una serie di questo spessore avrebbe potuto avere e avrebbe dovuto passare a chi sta dall’altra parte dello schermo.
A volte non si capisce nemmeno cosa voglia essere questa serie, tra l’altro catalogata come shoujo, siccome il manga venne pubblicato sulla rivista Bessatsu Shōjo Comic di Shogakukan, ma che di fatti si presenta come una sorta di seinen per quel che penso io, ma va beh. Infatti venne citata in "Dreamland Japan" di Frederik L. Schodt come "uno dei pochi manga shōjo che un uomo può leggere senza vergognarsi".
Ma, tralasciando questi aspetti un po’ tecnici, spesso non si capisce cosa voglia essere la serie, se un racconto di amicizia, un poliziesco, una serie sulle droghe, una serie sparatutto sulle gang o una serie che parla di mafia. Forse tutto questo che ho citato crea poi "Banana Fish" come titolo fatto e finito, ma nell’insieme questa volontà di creare un prodotto così variopinto non si riesce a cogliere, o, se si coglie, si fatica a trovare un solido appoggio da cui guardarla.
Insomma, una narrazione spesso instabile, un racconto pieno zeppo di buchi e di salti che disorientano chi la guarda, un sacco di scappatoie che forzano esageratamente il susseguirsi degli eventi.
Insomma, una serie bella, affascinante e soprattutto emozionante che viene rovinata da diversi aspetti narrativi che la appesantiscono e la rendono macchinosa.
Il racconto viene però spesso migliorato ed arricchito dallo strepitoso cast di personaggi, tutti ben riusciti, quantomeno quelli principali, che ruotano attorno ai due protagonisti.
Lo stesso vale per gli antagonisti del racconto, specialmente Dino, che riescono il più delle volte a fare la loro parte, creando un’atmosfera adatta al racconto ed una suspense molto realistica ed enigmatica.
I personaggi sono dei veri personaggi, non sono stereotipati, sono invece molto realistici, dei personaggi a tutto tondo che sanno stupire chi li guarda.
Insomma, per questo e per tanti altri motivi è una serie che non me la sento assolutamente di bocciare, anzi. Il mio voto è così basso soprattutto perché da un manga capolavoro di questo spessore mi aspettavo una trasposizione animata di un livello altissimo, o quantomeno alto. Invece qui, a partire dalle animazioni, quasi tutto risulta mediocre, inceppato in una ripetitività esaustiva e quasi deprimente.
Un anime giallo, giallo come il suo titolo (ehm, più o meno), giallo come ciò che racconta e giallo come la qualità che porta sullo schermo.
Dispiace tanto...