Recensione
Dorohedoro
8.5/10
"Dorohedoro" è una serie animata tratta dall’omonimo manga di Hayashida iniziato nell’ormai lontano 2001. Essendo trascorsi quasi vent’anni dall’inizio dell’opera originale non so quante persone si aspettassero l’arrivo di una trasposizione animata, tuttavia, sono felice che un manga così apprezzato abbia potuto ricevere una sua serie televisiva.
La storia inizia senza fornirci una vera e propria introduzione, scagliando fin da subito lo spettatore nella pazza città di Hole, dove vanno e vengono degli stregoni che si divertono a trasformare gli esseri umani in animali o esseri deformi per esercitarsi nell’utilizzo della magia. Tra questi sfortunati troviamo anche il protagonista, Caiman, un uomo che ha perso la memoria e che, assieme alla sua amica Nikaido, vaga alla ricerca del mago che ha trasformato la sua testa in quella di un lucertolone.
La trama inizialmente non è molto chiara, in quanto, la serie inizia a soffermarsi su di essa solamente in corrispondenza degli ultimi episodi, tuttavia, la sua mancanza non si sente affatto e questo è dovuto principalmente alla comicità dell’anime. In ogni episodio è presente un leggero umorismo nero che però rende la serie davvero pazza e divertente da guardare. Mi riferisco per esempio all’episodio dedicato a una partita di baseball in cui un medico ha aggiunto ai giocatori della sua squadra uno zombie creato da lui stesso, oppure alla notte dedicata alla caccia agli zombie. La situazione sarebbe dovuta essere drammatica per alcuni personaggi, ma in realtà questo genere di pazzie rendono ogni episodio unico. Da questo punto di vista ogni personaggio della serie sa essere assai interessante, specialmente gli antagonisti. La coppia di spazzini formata da Noi e Shin è davvero affiatata, ma allo stesso tempo quella di Ebisu e Fujita sa essere davvero divertente. Per non parlare di En che, pur essendo molto freddo, con la sua serietà riesce a regalare anche dei momenti divertenti.
Per quanto riguarda la realizzazione tecnica, a differenza delle altre opere prodotte dallo studio Mappa, in questo caso l’anime è costituito prevalentemente da animazioni in CGI. Più precisamente, le animazioni dedicate alle comparse sono state realizzate unicamente con il metodo tradizionale, mentre quelle dedicate i protagonisti e ai personaggi secondari sono state realizzate sfruttando dei modelli in 3D. Sebbene non si tratti di animazioni al livello del famoso Berserk del 2016, i movimenti dei personaggi restano ugualmente un po’ legnosi e fastidiosi da vedere, ma fortunatamente ci si può abituare facilmente grazie all’interesse suscitato dalla serie. Inoltre, questa scelta ha conferito un pregio all’aspetto visivo che difficilmente avremmo potuto ottenere con delle animazioni in 2D, ovvero la presenza di molti dettagli. Come ben sappiamo, per una questione di tempistiche, durante la realizzazione dei disegni chiave vengono omesse alcune linee considerate superflue e Dorohedoro non avrebbe fatto di certo eccezione. Considerando il tratto sporco del manga, però, la resa dei personaggi ci avrebbe quasi sicuramente rimesso. I modelli 3D realizzati per questa serie, invece, sono ricchi di dettagli, riuscendo a trasporre almeno visivamente l’anima dell’opera originale. Con questo non mi riferisco solo alle ombre, ma anche a tutta una serie di dettagli come le incavature presenti nella maschera di Ebisu oppure alla testa squamosa di Caiman.
La serie ha un’unica opening dedicata interamente a Nikaido e Caiman, mentre lato ending vi sono ben sei sigle. Queste ultime sono state realizzate e cantate da un gruppo di tre artisti denominato “(K)NoW_NAME”. Lo stile delle canzoni è molto simile, ma con video diversi, alcuni dei quali sembrano quasi delle citazioni ad alcuni vecchi videogiochi.
"Dorohedoro" è sicuramente un anime molto valido che, a causa della CGI, temo verrà recuperato da poche persone rispetto ad altre serie altrettanto famose, tuttavia, ritengo che questo comportamento non sia giustificato. La serie è decisamente interessante e a tratti anche divertente, di conseguenza, sarebbe un peccato non recuperarla. Al momento l’anime copre solamente una piccola parte del manga e considerando quanto l’ho apprezzata, non posso che sperare nell’arrivo di una seconda stagione.
La storia inizia senza fornirci una vera e propria introduzione, scagliando fin da subito lo spettatore nella pazza città di Hole, dove vanno e vengono degli stregoni che si divertono a trasformare gli esseri umani in animali o esseri deformi per esercitarsi nell’utilizzo della magia. Tra questi sfortunati troviamo anche il protagonista, Caiman, un uomo che ha perso la memoria e che, assieme alla sua amica Nikaido, vaga alla ricerca del mago che ha trasformato la sua testa in quella di un lucertolone.
La trama inizialmente non è molto chiara, in quanto, la serie inizia a soffermarsi su di essa solamente in corrispondenza degli ultimi episodi, tuttavia, la sua mancanza non si sente affatto e questo è dovuto principalmente alla comicità dell’anime. In ogni episodio è presente un leggero umorismo nero che però rende la serie davvero pazza e divertente da guardare. Mi riferisco per esempio all’episodio dedicato a una partita di baseball in cui un medico ha aggiunto ai giocatori della sua squadra uno zombie creato da lui stesso, oppure alla notte dedicata alla caccia agli zombie. La situazione sarebbe dovuta essere drammatica per alcuni personaggi, ma in realtà questo genere di pazzie rendono ogni episodio unico. Da questo punto di vista ogni personaggio della serie sa essere assai interessante, specialmente gli antagonisti. La coppia di spazzini formata da Noi e Shin è davvero affiatata, ma allo stesso tempo quella di Ebisu e Fujita sa essere davvero divertente. Per non parlare di En che, pur essendo molto freddo, con la sua serietà riesce a regalare anche dei momenti divertenti.
Per quanto riguarda la realizzazione tecnica, a differenza delle altre opere prodotte dallo studio Mappa, in questo caso l’anime è costituito prevalentemente da animazioni in CGI. Più precisamente, le animazioni dedicate alle comparse sono state realizzate unicamente con il metodo tradizionale, mentre quelle dedicate i protagonisti e ai personaggi secondari sono state realizzate sfruttando dei modelli in 3D. Sebbene non si tratti di animazioni al livello del famoso Berserk del 2016, i movimenti dei personaggi restano ugualmente un po’ legnosi e fastidiosi da vedere, ma fortunatamente ci si può abituare facilmente grazie all’interesse suscitato dalla serie. Inoltre, questa scelta ha conferito un pregio all’aspetto visivo che difficilmente avremmo potuto ottenere con delle animazioni in 2D, ovvero la presenza di molti dettagli. Come ben sappiamo, per una questione di tempistiche, durante la realizzazione dei disegni chiave vengono omesse alcune linee considerate superflue e Dorohedoro non avrebbe fatto di certo eccezione. Considerando il tratto sporco del manga, però, la resa dei personaggi ci avrebbe quasi sicuramente rimesso. I modelli 3D realizzati per questa serie, invece, sono ricchi di dettagli, riuscendo a trasporre almeno visivamente l’anima dell’opera originale. Con questo non mi riferisco solo alle ombre, ma anche a tutta una serie di dettagli come le incavature presenti nella maschera di Ebisu oppure alla testa squamosa di Caiman.
La serie ha un’unica opening dedicata interamente a Nikaido e Caiman, mentre lato ending vi sono ben sei sigle. Queste ultime sono state realizzate e cantate da un gruppo di tre artisti denominato “(K)NoW_NAME”. Lo stile delle canzoni è molto simile, ma con video diversi, alcuni dei quali sembrano quasi delle citazioni ad alcuni vecchi videogiochi.
"Dorohedoro" è sicuramente un anime molto valido che, a causa della CGI, temo verrà recuperato da poche persone rispetto ad altre serie altrettanto famose, tuttavia, ritengo che questo comportamento non sia giustificato. La serie è decisamente interessante e a tratti anche divertente, di conseguenza, sarebbe un peccato non recuperarla. Al momento l’anime copre solamente una piccola parte del manga e considerando quanto l’ho apprezzata, non posso che sperare nell’arrivo di una seconda stagione.