Recensione
Sei amici, sei bambini, Jintan, Menma, Anaru, Yukiatsu, Tsuruko e Poppo erano i “Super Busters della pace”, in un’estate nemmeno troppo lontana che li aveva uniti indissolubilmente ma che li aveva anche separati prematuramente il giorno in cui Menma morì in un tragico incidente. Ora sono adolescenti e non si frequentano più, nonostante abitino ancora nello stesso luogo. Ma perché sono così lontani, adesso? E cosa ha significato, per ognuno di loro, quella morte? Ano Hana, letteralmente, “quel fiore”, è una sorprendente serie tv animata da cui è stato tratto l’omonimo manga "Ano hi mita hana no namae wo bokutaki wamada shinaranai" (“Ancora non conosciamo il nome del fiore che abbiamo visto quel giorno”, questo il titolo completo), diretta da Tatsuyuki Nagai e trasmessa da Rai 4 nel 2011 nelle sue undici puntate complessive.
Centrato sui legami dell’infanzia che ritornano a connotare l’adolescenza dei protagonisti, Ano Hana è un’opera intensa e commovente basata sulla nostalgia e sul ricordo della piccola Menma, deceduta in un giorno d’estate proprio mentre si trovava insieme ai suoi cinque amici. Ricordo rafforzato dall’improvvisa presenza della stessa Menma, che si palesa però solo agli occhi di Jintan, ora adolescente, riapparendo, cresciuta, in forma di Yurei (fantasma della tradizione nipponica). Nonostante sappia di essere morta, Menma si catapulta nella vita quotidiana di Jintan più allegra e sorridente che mai, riportando improvvisamente alla memoria del ragazzo un passato ormai sopito che viene risvegliato in modo imprevisto e virulento. E come lui anche gli altri "Super Busters della pace" sembrano aver allontanato quei ricordi d’infanzia. Ma il fantasma di Menma è tornato perché i cinque ragazzi esaudiscano il suo desiderio, un desiderio che lei stessa, però, stenta a decifrare. Dopo un’iniziale diffidenza dovuta anche alle scorie che il tempo trascorso aveva lasciato in loro, Anaru, Yukiatsu, Tsuruko e Poppo si convincono della folle idea che Menma in qualche modo sia ancora presente, e assecondano Jintan nel tentativo di comprenderne il desiderio, ancora indecifrabile. Arrivano a stabilire, non senza scontri, diffidenze, difficoltà e remote gelosie personali, che il vero desiderio di Menma sia quello di raggiungere il nirvana.
La storia che ci viene raccontata in Ano Hana è semplice e diretta, nonostante l’elemento soprannaturale, e in ciò è anche prevedibile negli snodi che propone puntata dopo puntata. Ma questa prevedibilità è funzionale a sviluppare una vicenda chiara e definita, la cui forza reale è proprio nel modo in cui ci viene raccontata. In effetti la narrazione ruota intorno a ciò che, in quei remoti giorni che avevano visto lo sbocciare e il consolidarsi di una vera amicizia, resta di non detto tra i sei protagonisti. Nel momento in cui Menma morì i sentimenti provati dai bambini non erano stati ancora rivelati, e il ritrovarsi nell’adolescenza tutti intenti ad esaudire il desiderio di un fantasma che, per quanto improbabile, si rivela ogni giorno più reale, favorisce confessioni trattenute nel tempo andato che si ripropongono più consapevoli al presente. Ognuno di loro ha qualcosa da confessare o da farsi perdonare, e proprio la risoluzione di dei conflitti interiori è un elemento fondante e sempre presente in una narrazione in cui le lacrime sovrastano nettamente la spensieratezza tipica dell’età, relegando la consueta leggerezza degli anime dal taglio adolescenziale a contorno quasi impercettibile e poco significativo. La storia che ci viene raccontata è a tutti gli effetti malinconica e sentimentale, rasenta più volte il rischio di cadere nel melenso più manierato, ma evita abilmente il ricatto emotivo e le derive patetiche, nonostante le infinite lacrime versate dai ragazzi, perché i tempi della narrazione sono sempre scanditi da eventi che catalizzano l’interesse sulle singole psicologie dei personaggi. L’elemento soprannaturale è dunque sì importante, perché parte sostanziale dello sviluppo della storia, ma non così connotativo come in altri anime che attingono al genere, ed è a conti fatti il pretesto per far riavvicinare gli amici di infanzia che si erano perduti. E ciò nonostante, la centralità del personaggio di Menma, vero elemento riunificante cui in effetti rimandano la maggior parte dei titoli delle singole puntate della serie, è solo un pretesto, comunque vincente, per armonizzare i personaggi alla vicenda.
In Ano Hana è infine evidente e rilevante, nell’economia della narrazione, il discorso sul karma e sulla reincarnazione, più volte richiamato anche nelle immagini del passato che rievocano la morente madre di Jintan e soprattutto nel riferimento al titolo completo dell’anime, che evoca il fiore come simbolo della rinascita dopo la morte. Quel fiore che nell'immaginario degli spettatori, una volta conclusasi la storia, non può che essere Menma stessa. In conclusione due parole anche sull'apparato tecnico, che risulta essere di ottimo livello sia dal punto di vista dell’animazione che del doppiaggio italiano. Suggestive anche le musiche, sia la opening che la ending, avvalorate da un affascinante incastro di forme e di colori: si alternano in modo repentino le sequenze dei sei bambini che, nella progressione delle immagini, riappaiono cresciuti cambiando il colore (dal grigio al colorato) e il verso (da discendente ad ascendente) dei fiori che riempiono l’inquadratura. Tutto giocato su contrasti cromatici e immagini simboliche. Per palesare in fondo una verità semplice quanto fondamentale: l’infanzia è un tempo di grandi amicizie, di legami indissolubili che, quando possibile, restano per tutta la vita. Quanto meno, nell'evocazione e nella potenza dei ricordi che custodisce la nostra memoria.
Centrato sui legami dell’infanzia che ritornano a connotare l’adolescenza dei protagonisti, Ano Hana è un’opera intensa e commovente basata sulla nostalgia e sul ricordo della piccola Menma, deceduta in un giorno d’estate proprio mentre si trovava insieme ai suoi cinque amici. Ricordo rafforzato dall’improvvisa presenza della stessa Menma, che si palesa però solo agli occhi di Jintan, ora adolescente, riapparendo, cresciuta, in forma di Yurei (fantasma della tradizione nipponica). Nonostante sappia di essere morta, Menma si catapulta nella vita quotidiana di Jintan più allegra e sorridente che mai, riportando improvvisamente alla memoria del ragazzo un passato ormai sopito che viene risvegliato in modo imprevisto e virulento. E come lui anche gli altri "Super Busters della pace" sembrano aver allontanato quei ricordi d’infanzia. Ma il fantasma di Menma è tornato perché i cinque ragazzi esaudiscano il suo desiderio, un desiderio che lei stessa, però, stenta a decifrare. Dopo un’iniziale diffidenza dovuta anche alle scorie che il tempo trascorso aveva lasciato in loro, Anaru, Yukiatsu, Tsuruko e Poppo si convincono della folle idea che Menma in qualche modo sia ancora presente, e assecondano Jintan nel tentativo di comprenderne il desiderio, ancora indecifrabile. Arrivano a stabilire, non senza scontri, diffidenze, difficoltà e remote gelosie personali, che il vero desiderio di Menma sia quello di raggiungere il nirvana.
La storia che ci viene raccontata in Ano Hana è semplice e diretta, nonostante l’elemento soprannaturale, e in ciò è anche prevedibile negli snodi che propone puntata dopo puntata. Ma questa prevedibilità è funzionale a sviluppare una vicenda chiara e definita, la cui forza reale è proprio nel modo in cui ci viene raccontata. In effetti la narrazione ruota intorno a ciò che, in quei remoti giorni che avevano visto lo sbocciare e il consolidarsi di una vera amicizia, resta di non detto tra i sei protagonisti. Nel momento in cui Menma morì i sentimenti provati dai bambini non erano stati ancora rivelati, e il ritrovarsi nell’adolescenza tutti intenti ad esaudire il desiderio di un fantasma che, per quanto improbabile, si rivela ogni giorno più reale, favorisce confessioni trattenute nel tempo andato che si ripropongono più consapevoli al presente. Ognuno di loro ha qualcosa da confessare o da farsi perdonare, e proprio la risoluzione di dei conflitti interiori è un elemento fondante e sempre presente in una narrazione in cui le lacrime sovrastano nettamente la spensieratezza tipica dell’età, relegando la consueta leggerezza degli anime dal taglio adolescenziale a contorno quasi impercettibile e poco significativo. La storia che ci viene raccontata è a tutti gli effetti malinconica e sentimentale, rasenta più volte il rischio di cadere nel melenso più manierato, ma evita abilmente il ricatto emotivo e le derive patetiche, nonostante le infinite lacrime versate dai ragazzi, perché i tempi della narrazione sono sempre scanditi da eventi che catalizzano l’interesse sulle singole psicologie dei personaggi. L’elemento soprannaturale è dunque sì importante, perché parte sostanziale dello sviluppo della storia, ma non così connotativo come in altri anime che attingono al genere, ed è a conti fatti il pretesto per far riavvicinare gli amici di infanzia che si erano perduti. E ciò nonostante, la centralità del personaggio di Menma, vero elemento riunificante cui in effetti rimandano la maggior parte dei titoli delle singole puntate della serie, è solo un pretesto, comunque vincente, per armonizzare i personaggi alla vicenda.
In Ano Hana è infine evidente e rilevante, nell’economia della narrazione, il discorso sul karma e sulla reincarnazione, più volte richiamato anche nelle immagini del passato che rievocano la morente madre di Jintan e soprattutto nel riferimento al titolo completo dell’anime, che evoca il fiore come simbolo della rinascita dopo la morte. Quel fiore che nell'immaginario degli spettatori, una volta conclusasi la storia, non può che essere Menma stessa. In conclusione due parole anche sull'apparato tecnico, che risulta essere di ottimo livello sia dal punto di vista dell’animazione che del doppiaggio italiano. Suggestive anche le musiche, sia la opening che la ending, avvalorate da un affascinante incastro di forme e di colori: si alternano in modo repentino le sequenze dei sei bambini che, nella progressione delle immagini, riappaiono cresciuti cambiando il colore (dal grigio al colorato) e il verso (da discendente ad ascendente) dei fiori che riempiono l’inquadratura. Tutto giocato su contrasti cromatici e immagini simboliche. Per palesare in fondo una verità semplice quanto fondamentale: l’infanzia è un tempo di grandi amicizie, di legami indissolubili che, quando possibile, restano per tutta la vita. Quanto meno, nell'evocazione e nella potenza dei ricordi che custodisce la nostra memoria.