Recensione
Megalo Box
8.5/10
Recensione di IgnisSphero
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“Megalo Box” è una serie ambientata, nel futuro, in una città caratterizzata dalla presenza di forti distinzioni sociali, tra persone che hanno l’autorizzazione per poterci abitare e altre che vivono clandestinamente. Questi ultimi vivono nella periferia e vengono lasciati in una condizione di forte abbandono, tale che essi, pur di sopravvivere, sono disposti a fare qualunque cosa. Inoltre in questo mondo è molto praticato il Megalo Boxing, uno sport popolare simile al pugilato ma con tecnologie cyberpunk.
Il protagonista, chiamato Joe, è proprio uno di questi clandestini. All’inizio della storia gareggia costantemente in combattimenti abusivi truccati di pugilato, assieme al suo allenatore Gansaku Nambu che lo sfrutta senza ritegno. Il destino vuole però che il protagonista incontri Yukiko, la direttrice di una compagnia che organizza veri incontri di pugilato, e Yuri, la sua guardia personale. Tra di loro si crea una collisione di interessi per capire cos’è la vera “Megalo Box”, tanto che alla fine Joe stesso parteciperà ad uno di questi tornei. Da questo punto in poi, l’anime prende una piega diversa. Joe e Nambu cambieranno soprattutto nel loro legame e nel modo di pensare, affrontando varie avversità legate al proseguimento del torneo
“Gli altri possono avere delle colpe, ma alla fine siamo noi a fare delle scelte.”
Per quanto l’anime sia di genere spokon, sembra dare più rilevanza all’aspetto psicologico dei personaggi, più che impuntarsi seriamente sull’approfondimento dello sport stesso. Viene utilizzato questo espediente per comunicare quel senso di durezza della vita che attanaglia la maggior parte dei personaggi della serie. Essi vivono in condizioni disagiate e sanno cosa significa essere rifiutati dalla società o da chi è a loro vicino. Tutte queste frustrazioni verranno poi rilasciate apertamente sul ring, migliorando forza e tempra di chi è soggetto a questi sentimenti. Si affronteranno vari temi, tipo l’allontanamento e l’abbandono o la ripresa di un sogno in cui Joe farà da catalizzatore, attraverso le sue varie imprese.
L’anime presenta una sceneggiatura ben impostata, riuscendo a catturare lo spettatore fino alla fine con collegamenti precisi e lineari. L’ambientazione tipica delle baraccopoli e il carattere dei personaggi sono apprezzabili e conformi all’atmosfera che l’anime ci vuole proporre. In tutto questo anche le musiche “hip hop” di Mabuana rendono l’opera maggiormente drammatica, comunicandoci un senso di dolorosa spensieratezza.
L’opera si focalizza sulla visione dei personaggi, ma in soli tredici episodi riesce a spiegare solo limitatamente ciò che avviene esternamente in questo mondo. Sappiamo che chi non è in regola viene discriminato ed è costretto a vivere ogni giorno come se non ci fosse un domani, ma poco e niente sappiamo dire di tutto il resto. I combattimenti sono apprezzabili, ma non sempre l’animazione è stata realizzata in modo tale da coinvolgere particolarmente lo spettatore. Negli scontri, comunque si mantiene alto l’impatto psicologico.
L’anime quindi è degno di essere annoverato come uno dei migliori realizzati nel 2018, di corta durata. Consiglio particolarmente quest’opera (e ci tengo a ripeterlo) a chi vuole entrare in un mondo dove "l'atmosfera del contesto" gioca un ruolo fondamentale, capace di regalarci emozioni e di farci riflettere sul fatto che le persone possono influenzarci in molti modi. Lo sport è solo un mezzo per realizzare questo tema profondo.
“Not dead yet”
Il protagonista, chiamato Joe, è proprio uno di questi clandestini. All’inizio della storia gareggia costantemente in combattimenti abusivi truccati di pugilato, assieme al suo allenatore Gansaku Nambu che lo sfrutta senza ritegno. Il destino vuole però che il protagonista incontri Yukiko, la direttrice di una compagnia che organizza veri incontri di pugilato, e Yuri, la sua guardia personale. Tra di loro si crea una collisione di interessi per capire cos’è la vera “Megalo Box”, tanto che alla fine Joe stesso parteciperà ad uno di questi tornei. Da questo punto in poi, l’anime prende una piega diversa. Joe e Nambu cambieranno soprattutto nel loro legame e nel modo di pensare, affrontando varie avversità legate al proseguimento del torneo
“Gli altri possono avere delle colpe, ma alla fine siamo noi a fare delle scelte.”
Per quanto l’anime sia di genere spokon, sembra dare più rilevanza all’aspetto psicologico dei personaggi, più che impuntarsi seriamente sull’approfondimento dello sport stesso. Viene utilizzato questo espediente per comunicare quel senso di durezza della vita che attanaglia la maggior parte dei personaggi della serie. Essi vivono in condizioni disagiate e sanno cosa significa essere rifiutati dalla società o da chi è a loro vicino. Tutte queste frustrazioni verranno poi rilasciate apertamente sul ring, migliorando forza e tempra di chi è soggetto a questi sentimenti. Si affronteranno vari temi, tipo l’allontanamento e l’abbandono o la ripresa di un sogno in cui Joe farà da catalizzatore, attraverso le sue varie imprese.
L’anime presenta una sceneggiatura ben impostata, riuscendo a catturare lo spettatore fino alla fine con collegamenti precisi e lineari. L’ambientazione tipica delle baraccopoli e il carattere dei personaggi sono apprezzabili e conformi all’atmosfera che l’anime ci vuole proporre. In tutto questo anche le musiche “hip hop” di Mabuana rendono l’opera maggiormente drammatica, comunicandoci un senso di dolorosa spensieratezza.
L’opera si focalizza sulla visione dei personaggi, ma in soli tredici episodi riesce a spiegare solo limitatamente ciò che avviene esternamente in questo mondo. Sappiamo che chi non è in regola viene discriminato ed è costretto a vivere ogni giorno come se non ci fosse un domani, ma poco e niente sappiamo dire di tutto il resto. I combattimenti sono apprezzabili, ma non sempre l’animazione è stata realizzata in modo tale da coinvolgere particolarmente lo spettatore. Negli scontri, comunque si mantiene alto l’impatto psicologico.
L’anime quindi è degno di essere annoverato come uno dei migliori realizzati nel 2018, di corta durata. Consiglio particolarmente quest’opera (e ci tengo a ripeterlo) a chi vuole entrare in un mondo dove "l'atmosfera del contesto" gioca un ruolo fondamentale, capace di regalarci emozioni e di farci riflettere sul fatto che le persone possono influenzarci in molti modi. Lo sport è solo un mezzo per realizzare questo tema profondo.
“Not dead yet”