Recensione
Continua incessante, per la gioia dei fan, l’opera di recupero dei manga del grande Kazuo Kamimura da parte di J-Pop che, dopo la pubblicazione circa un anno fa del cupo e malvagio I fiori del male, questa volta dà alle stampe un’altra perla nera del fumetto erotico, Le notti di Tokyo - Golden Gai (Ougongai, 1979). Uscita per la prima volta a puntate sulla rivista Manga Gang, si tratta di una raccolta breve ma significativa della poetica del maestro, presentata in una confezione editoriale elegante e curata nei minimi dettagli. Golden Gai è una zona di Shinjuku, il quartiere di Tokyo che, come una sorta Montmartre parigino, è passato alla storia per i suoi locali brulicanti di vita notturna ma soprattutto per essere stato il centro propulsore dei movimenti artistici più d’avanguardia fra gli anni Sessanta e Settanta. Ed è proprio in uno di questi fumosi night club che Kazuo Kamimura e il regista/sceneggiatore Norifumi Suzuki si sono incontrarti per scrivere, fra una bevuta e una canzone alla chitarra dello stesso Kamimura, un soggetto che spazia tra cinema e manga seguendo liberamente le fantasie erotiche più disinibite e voyeuristiche.
Rintaro Hibiki, un aspirante regista di pinku eiga (film erotici softcore giapponesi) forse alter ego dello stesso Suzuki, è il personaggio intorno al quale si sviluppano le bizzarre vicende che compongono la serie, e dietro l'occhio indiscreto della sua telecamera accadono fatti tanto stravaganti quanto conturbanti. Come già ne Il club delle divorziate, lo scenario ricorrente è un locale notturno, in questo caso gestito dalla madre di Rintaro, un posticino accogliente che diventa porto franco nel cuore della metropoli a cui approda fatalmente una strana galleria di personaggi tratteggiati a tinte forti. Si tratta di attrici, registi, pittori e altri personaggi che a vario titolo gravitano intorno all’industria culturale, spesso alla ricerca di un equilibrio nel morboso rapporto con la loro arte. Ma il corpo femminile è il vero protagonista delle storie: esposto, ostentato, usato come oggetto del desiderio per l’uomo, ma al contempo strumento nelle mani di eroine sfrontate, violente e prevaricatrici, padrone del proprio destino e lontane anni luce dallo stereotipo di angelo del focolare della tradizione.
Il viale del tramonto di una ex diva del cinema muto è alla base del primo racconto, Un film muto ammaliante, che ricalca in maniera quasi pedissequa il soggetto del capolavoro di Billy Wilder (Sunset Boulevard, 1950). Qui il noir classico è rivisitato in chiave sexy secondo quegli stessi stilemi che Kamimura aveva inaugurato con la sua Lady Snowblood, femme fatale che per prima aveva rovesciato l’immagine di donna gentile e indifesa in kimono per trasformarla in letale vendicatrice dotata di katana.
Travestitismo e ambiguità sessuale fanno da sfondo al secondo racconto, Fanciulla grottesca, in cui il nostro beniamino viene irretito da una misteriosa "regina della notte" che nei panni di dominatrice mascherata gestisce un’organizzazione dedita a lussuosi festini segreti a base di sesso e droghe psichedeliche, frequentata da influenti uomini politici.
La ballata di fratello e sorella è una storia ricca di suspense e suggestioni hitchcockiane, sia per le implicazioni oniriche/psicanalitiche, sia per scenari e situazioni che rimandano direttamente ai film del maestro indiscusso del giallo. Come suggerisce il titolo il racconto si concentra su un rapporto incestuoso che avrà delle conseguenze da cronaca nera.
La banda rossa di Tokyo è l'episodio che più strizza l’occhio ai cosiddetti film pinky violence, sotto-genere cinematografico legato al pinku eiga e alla sexploitation, in voga in Giappone dagli anni Settanta e molto sfruttato dalle principali major (lo stesso Lady Snowblood, film del 1973, tratto dall’omonimo fumetto di Kamimura, fu prodotto dalla Toho). Anche qui i principali personaggi sono belle ragazze ribelli e combattive (le cosiddette sukeban) riunitesi in una banda in cerca di vendetta per i torti subiti, alla stregua della saga cinematografica di Girl Boss diretta dallo stesso Norifumi Suzuki.
Il cinema erotico si mescola alla pittura degli shunga (stampe erotiche sullo stile ukiyo-e in voga nel periodo Edo) nel racconto La protagonista del mio cuore, in cui un giovane illuminotecnico si innamora di un’attrice sul set di un film hard, costringendo un intraprendente regista a modificarne le sequenze.
Crimini di una scrittrice di talento è l'episodio finale, più lungo e diviso in due puntate. Vi si narra della controversa vita di una diva del cinema, già famosa come attrice del teatro Takarazuka, poi dedita alla scrittura di romanzi bestseller, e infine alla ribalta delle cronache come scandalosa protagonista di film hard. La storia si sofferma sui torbidi retroscena dell’assegnazione dei premi letterari e sui cinici meccanismi dello star system. Come in altri episodi della raccolta, il mondo dei film di serie B e i set cinematografici sono scrutati dall'interno con sguardo divertito e autoironico.
Dal punto di vista grafico Le notti di Tokyo si attesta sui livelli altissimi garantiti dal nome di Kamimura, con tavole di eccelsa fattura, sebbene si noti una minore varietà di tecniche usate e una libertà più contenuta nella composizione della griglia, almeno rispetto ad altre opere dello stesso autore. Caratterizzata da uno stile personalissimo, la sua linea sempre pulita e sinuosa, elegante e ricercata, a dispetto degli anni è ancora fresca e modernissima e si esprime al meglio in memorabili sequenze, a volte crude, con incursioni nel bondage e nella sessualità di dominio, e con le maliarde mangiatrici di uomini dall'inconfondibile sguardo languido e magnetico che pongono di diritto Kamimura nel pantheon dei maggiori autori di genere erotico a livello planetario.
L’edizione J-Pop Manga si presenta con un bel volume di circa 230 pagine in formato 15x21 rilegate a filo e presentate in una sovraccoperta con effetto oro/metallizzato, a un buon rapporto qualità/prezzo (14,00 €). Dal punto di vista delle note redazionali, in questo caso alla J-Pop non si sono risparmiati regalando ai lettori diversi interessanti approfondimenti, oltre alle consuete note a margine, fra cui: un intervento del regista/sceneggiatore Norifumi Suzuki, lo scritto di Andrea Boscarol sul genere cinematografico dei pinku eiga, la digressione di Jacopo Costa Buranelli sui locali caratteristici di Golden Gai, e infine l’esclusiva intervista a Migiwa Kamimura, figlia del compianto mangaka/illustratore.
Le notti di Tokyo non è solo un omaggio all’effervescente atmosfera di Golden Gai negli anni Settanta, che Kamimura tanto amava frequentare. Rappresenta un ottimo esempio della poetica dell'autore, un'opportunità per i fan e un'occasione per i neofiti in cerca di emozioni forti. L'erotismo trasgressivo di queste pagine si inserisce nella tradizione di certa letteratura che risale al Marchese de Sade passando per i fumetti di Guido Crepax. I suoi personaggi, un agguerrito cast di bellezze rinnegate, sembrano usciti direttamente dai film pinky violence che farebbero la gioia di Quentin Tarantino. In effetti le protagoniste di Le notti di Tokyo non sfigurano accanto ai personaggi di Kill Bill, dove si può trovare lo stesso genuino entusiasmo per le seducenti dark ladies, un pizzico di auto compiacimento edonistico e il medesimo torbido mix di eros e violenza estetizzante.
Rintaro Hibiki, un aspirante regista di pinku eiga (film erotici softcore giapponesi) forse alter ego dello stesso Suzuki, è il personaggio intorno al quale si sviluppano le bizzarre vicende che compongono la serie, e dietro l'occhio indiscreto della sua telecamera accadono fatti tanto stravaganti quanto conturbanti. Come già ne Il club delle divorziate, lo scenario ricorrente è un locale notturno, in questo caso gestito dalla madre di Rintaro, un posticino accogliente che diventa porto franco nel cuore della metropoli a cui approda fatalmente una strana galleria di personaggi tratteggiati a tinte forti. Si tratta di attrici, registi, pittori e altri personaggi che a vario titolo gravitano intorno all’industria culturale, spesso alla ricerca di un equilibrio nel morboso rapporto con la loro arte. Ma il corpo femminile è il vero protagonista delle storie: esposto, ostentato, usato come oggetto del desiderio per l’uomo, ma al contempo strumento nelle mani di eroine sfrontate, violente e prevaricatrici, padrone del proprio destino e lontane anni luce dallo stereotipo di angelo del focolare della tradizione.
Il viale del tramonto di una ex diva del cinema muto è alla base del primo racconto, Un film muto ammaliante, che ricalca in maniera quasi pedissequa il soggetto del capolavoro di Billy Wilder (Sunset Boulevard, 1950). Qui il noir classico è rivisitato in chiave sexy secondo quegli stessi stilemi che Kamimura aveva inaugurato con la sua Lady Snowblood, femme fatale che per prima aveva rovesciato l’immagine di donna gentile e indifesa in kimono per trasformarla in letale vendicatrice dotata di katana.
Travestitismo e ambiguità sessuale fanno da sfondo al secondo racconto, Fanciulla grottesca, in cui il nostro beniamino viene irretito da una misteriosa "regina della notte" che nei panni di dominatrice mascherata gestisce un’organizzazione dedita a lussuosi festini segreti a base di sesso e droghe psichedeliche, frequentata da influenti uomini politici.
La ballata di fratello e sorella è una storia ricca di suspense e suggestioni hitchcockiane, sia per le implicazioni oniriche/psicanalitiche, sia per scenari e situazioni che rimandano direttamente ai film del maestro indiscusso del giallo. Come suggerisce il titolo il racconto si concentra su un rapporto incestuoso che avrà delle conseguenze da cronaca nera.
La banda rossa di Tokyo è l'episodio che più strizza l’occhio ai cosiddetti film pinky violence, sotto-genere cinematografico legato al pinku eiga e alla sexploitation, in voga in Giappone dagli anni Settanta e molto sfruttato dalle principali major (lo stesso Lady Snowblood, film del 1973, tratto dall’omonimo fumetto di Kamimura, fu prodotto dalla Toho). Anche qui i principali personaggi sono belle ragazze ribelli e combattive (le cosiddette sukeban) riunitesi in una banda in cerca di vendetta per i torti subiti, alla stregua della saga cinematografica di Girl Boss diretta dallo stesso Norifumi Suzuki.
Il cinema erotico si mescola alla pittura degli shunga (stampe erotiche sullo stile ukiyo-e in voga nel periodo Edo) nel racconto La protagonista del mio cuore, in cui un giovane illuminotecnico si innamora di un’attrice sul set di un film hard, costringendo un intraprendente regista a modificarne le sequenze.
Crimini di una scrittrice di talento è l'episodio finale, più lungo e diviso in due puntate. Vi si narra della controversa vita di una diva del cinema, già famosa come attrice del teatro Takarazuka, poi dedita alla scrittura di romanzi bestseller, e infine alla ribalta delle cronache come scandalosa protagonista di film hard. La storia si sofferma sui torbidi retroscena dell’assegnazione dei premi letterari e sui cinici meccanismi dello star system. Come in altri episodi della raccolta, il mondo dei film di serie B e i set cinematografici sono scrutati dall'interno con sguardo divertito e autoironico.
Dal punto di vista grafico Le notti di Tokyo si attesta sui livelli altissimi garantiti dal nome di Kamimura, con tavole di eccelsa fattura, sebbene si noti una minore varietà di tecniche usate e una libertà più contenuta nella composizione della griglia, almeno rispetto ad altre opere dello stesso autore. Caratterizzata da uno stile personalissimo, la sua linea sempre pulita e sinuosa, elegante e ricercata, a dispetto degli anni è ancora fresca e modernissima e si esprime al meglio in memorabili sequenze, a volte crude, con incursioni nel bondage e nella sessualità di dominio, e con le maliarde mangiatrici di uomini dall'inconfondibile sguardo languido e magnetico che pongono di diritto Kamimura nel pantheon dei maggiori autori di genere erotico a livello planetario.
L’edizione J-Pop Manga si presenta con un bel volume di circa 230 pagine in formato 15x21 rilegate a filo e presentate in una sovraccoperta con effetto oro/metallizzato, a un buon rapporto qualità/prezzo (14,00 €). Dal punto di vista delle note redazionali, in questo caso alla J-Pop non si sono risparmiati regalando ai lettori diversi interessanti approfondimenti, oltre alle consuete note a margine, fra cui: un intervento del regista/sceneggiatore Norifumi Suzuki, lo scritto di Andrea Boscarol sul genere cinematografico dei pinku eiga, la digressione di Jacopo Costa Buranelli sui locali caratteristici di Golden Gai, e infine l’esclusiva intervista a Migiwa Kamimura, figlia del compianto mangaka/illustratore.
Le notti di Tokyo non è solo un omaggio all’effervescente atmosfera di Golden Gai negli anni Settanta, che Kamimura tanto amava frequentare. Rappresenta un ottimo esempio della poetica dell'autore, un'opportunità per i fan e un'occasione per i neofiti in cerca di emozioni forti. L'erotismo trasgressivo di queste pagine si inserisce nella tradizione di certa letteratura che risale al Marchese de Sade passando per i fumetti di Guido Crepax. I suoi personaggi, un agguerrito cast di bellezze rinnegate, sembrano usciti direttamente dai film pinky violence che farebbero la gioia di Quentin Tarantino. In effetti le protagoniste di Le notti di Tokyo non sfigurano accanto ai personaggi di Kill Bill, dove si può trovare lo stesso genuino entusiasmo per le seducenti dark ladies, un pizzico di auto compiacimento edonistico e il medesimo torbido mix di eros e violenza estetizzante.