Recensione
Easy Breezy
8.5/10
Una scoppiettante avventura on the road nello scenario della Cina anni ‘90
Nei suoi 12 anni di vita la casa editrice Bao Publishing ha imposto il proprio marchio (il bulldog francese Cliff) negli scaffali delle librerie di varia grazie all'alta qualità (e varietà) dei titoli in catalogo e alla finezza delle edizioni, ma uno dei suoi maggiori punti di forza consiste senz’altro nella capacità di scoprire nuovi talenti. È questo il caso dell’autrice cinese Yi Yang, classe 1994, diplomata presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna (dopo aver frequentato il liceo artistico in Cina), che firma Easy Breezy, opera prima come autrice unica di storia e disegni, connotata da una forte impronta manga, interamente prodotta in questi strani tempi di pandemia e di recente pubblicata nella collana 宝 ("bao" letteralmente "tesoro") dedicata al fumetto cinese contemporaneo.
L’idea di Easy Breezy nasce durante un soggiorno in Cina quando Yi Yang, sfogliando delle vecchie fotografie, inizia a creare i due personaggi protagonisti per poi cucirgli addosso una storia dal sapore rocambolesco e avventuroso, attingendo anche a ricordi personali e suggestioni legate alla sua terra d’origine, la grigia periferia industriale di Ben XI, che l’autrice ha ricreato su carta.
Ambientata negli anni ’90 la storia narra le “gesta eroiche” di un’improvvisata banda di ladri da strapazzo composta da un irascibile bulletto (Li Yu), la sua vittima preferita (il piccolo genio Yang Kuaikuai), uno zio bonaccione (Zio Ya) e una bambina rapita (Yun Duo) che si ritrova con loro per puro caso. Lo scalcagnato gruppetto si ritroverà coinvolto in una vorticosa girandola di eventi (tra furti, screzi con la mafia locale, inseguimenti a rotta di collo e visite in luoghi inaspettati) che finirà per cambiare le loro vite.
Dal punto di vista narrativo Easy Breezy ha un ritmo serrato, febbrile e trascinante come un film d’azione, la lettura scorre veloce e il volume si divora tutto d’un fiato. Manipolando con disinvoltura lo storyboard, con brevi flashback ben assestati, l’autrice non ci risparmia tavole dai toni cupi a metà strada tra una favola nera e un hardboiled adolescenziale. Le scene concitate e cariche di tensione sono bilanciate da momenti poetici ed evocativi (come quando i protagonisti intonano una vecchia canzone nostalgica).
L’impronta cinematografica è evidente tanto che qualcuno ci vede Made in Hong Kong di Fruit Chan con quella patina vintage tipica dei film cinesi di serie B. Ma è la stessa autrice a confessare di aver assorbito le atmosfere dei film di Guy Ritchie e dei fratelli Cohen (ma anche di certo cinema taiwanese e giapponese) per trasmetterlo al suo movimentato racconto, e come in un film d’azione Easy Breezy si presta anche ad essere letto con il sottofondo di una colonna sonora, possibilmente di genere punk-rock.
Un aspetto interessante della storia consiste nel fatto di non essere pensata per un target di pubblico in particolare. Se da un lato l’ambientazione suburbana e le scene forti potrebbero accattivare l’attenzione dei lettori più maturi, dall’altro la caratterizzazione dei personaggi, la cui psicologia è complessa e credibile, ci restituisce sottotraccia un racconto di formazione denso e coinvolgente, i cui valori positivi di fondo lo rendono adatto anche ad un pubblico più giovane. In una delle scene più riuscite (quando la banda deve decidere delle sorti della bambina) il duro Li Yu, fin qui tratteggiato nel suo lato negativo, si scopre avere un cuore d'oro, mentre la povera vittima Yang Kuaikuai a sua volta dimostra una freddezza calcolatrice e un po’ crudele. Un ribaltamento di prospettiva che rivela due personalità antitetiche ma anche due facce di una stessa medaglia, unite dalla volontà genuina e spontanea di fare la cosa giusta.
Yang Kuaikuai, personaggio ispirato da suggestioni e ricordi personali dell’autrice, è un ragazzo proveniente da un contesto familiare problematico, si è creato una solida corazza (fatta di solitudine e dedizione allo studio) che gli permette di resistere alle angherie dei bulli e alle insidie della vita. Anche i comprimari hanno una caratterizzazione molto curata, ad esempio Zio Ya, l’ingenuo ragazzone un po’ “sfigato” che avrà un ruolo da eroico salvatore nel corso della storia; ma anche il proprietario dello sfasciacarrozze Big Leo, personaggio che doveva solo essere funzionale al racconto, finisce per rubare la scena e forse avrebbe meritato un maggiore approfondimento; infine il super cattivo ladro di bambini, che dimostra una spietatezza cieca degna di un Chigurh (Non è un paese per vecchi).
Già dalla copertina colpisce lo stile dei disegni, dinamici e inquieti come i sentimenti contrastanti dei protagonisti. Dichiaratamente ispiratasi a Taiyō Matsumoto, l’autrice mostra un tratto grafico estroso, deciso e spigoloso, con personaggi dall’anatomia espressiva al limite del caricaturale che si muovono entro prospettive oblique ed esageratamente deformate. I colori (mutuati dalla cromia delle vecchie riviste manga) sono piatti, volutamente spenti e, uniti all’uso essenziale dei retini, donano un sapore vintage al contesto. Gli sfondi hanno un taglio realistico e particolareggiato (con lampi surreali) ma al contempo fresco, immediato e privo di orpelli. La stessa struttura delle tavole, quasi mai simmetrica e ordinata, segue il ritmo del racconto con una certa libertà compositiva e con le vignette incorniciate da una marcata linea nera.
Il volume Bao Publishing si presenta con la consueta impeccabile cura tipografica della casa editrice milanese. Al prezzo di 20,00€ abbiamo fra le mani un bel tomo di 200 pagine in formato 15x21, copertina satinata con inserti traslucidi e alette, rilegatura con cuciture a filo, carta bianca da 140 grammi che esalta la bellezza delle tavole a colori.
Nei suoi 12 anni di vita la casa editrice Bao Publishing ha imposto il proprio marchio (il bulldog francese Cliff) negli scaffali delle librerie di varia grazie all'alta qualità (e varietà) dei titoli in catalogo e alla finezza delle edizioni, ma uno dei suoi maggiori punti di forza consiste senz’altro nella capacità di scoprire nuovi talenti. È questo il caso dell’autrice cinese Yi Yang, classe 1994, diplomata presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna (dopo aver frequentato il liceo artistico in Cina), che firma Easy Breezy, opera prima come autrice unica di storia e disegni, connotata da una forte impronta manga, interamente prodotta in questi strani tempi di pandemia e di recente pubblicata nella collana 宝 ("bao" letteralmente "tesoro") dedicata al fumetto cinese contemporaneo.
L’idea di Easy Breezy nasce durante un soggiorno in Cina quando Yi Yang, sfogliando delle vecchie fotografie, inizia a creare i due personaggi protagonisti per poi cucirgli addosso una storia dal sapore rocambolesco e avventuroso, attingendo anche a ricordi personali e suggestioni legate alla sua terra d’origine, la grigia periferia industriale di Ben XI, che l’autrice ha ricreato su carta.
Ambientata negli anni ’90 la storia narra le “gesta eroiche” di un’improvvisata banda di ladri da strapazzo composta da un irascibile bulletto (Li Yu), la sua vittima preferita (il piccolo genio Yang Kuaikuai), uno zio bonaccione (Zio Ya) e una bambina rapita (Yun Duo) che si ritrova con loro per puro caso. Lo scalcagnato gruppetto si ritroverà coinvolto in una vorticosa girandola di eventi (tra furti, screzi con la mafia locale, inseguimenti a rotta di collo e visite in luoghi inaspettati) che finirà per cambiare le loro vite.
Dal punto di vista narrativo Easy Breezy ha un ritmo serrato, febbrile e trascinante come un film d’azione, la lettura scorre veloce e il volume si divora tutto d’un fiato. Manipolando con disinvoltura lo storyboard, con brevi flashback ben assestati, l’autrice non ci risparmia tavole dai toni cupi a metà strada tra una favola nera e un hardboiled adolescenziale. Le scene concitate e cariche di tensione sono bilanciate da momenti poetici ed evocativi (come quando i protagonisti intonano una vecchia canzone nostalgica).
L’impronta cinematografica è evidente tanto che qualcuno ci vede Made in Hong Kong di Fruit Chan con quella patina vintage tipica dei film cinesi di serie B. Ma è la stessa autrice a confessare di aver assorbito le atmosfere dei film di Guy Ritchie e dei fratelli Cohen (ma anche di certo cinema taiwanese e giapponese) per trasmetterlo al suo movimentato racconto, e come in un film d’azione Easy Breezy si presta anche ad essere letto con il sottofondo di una colonna sonora, possibilmente di genere punk-rock.
Un aspetto interessante della storia consiste nel fatto di non essere pensata per un target di pubblico in particolare. Se da un lato l’ambientazione suburbana e le scene forti potrebbero accattivare l’attenzione dei lettori più maturi, dall’altro la caratterizzazione dei personaggi, la cui psicologia è complessa e credibile, ci restituisce sottotraccia un racconto di formazione denso e coinvolgente, i cui valori positivi di fondo lo rendono adatto anche ad un pubblico più giovane. In una delle scene più riuscite (quando la banda deve decidere delle sorti della bambina) il duro Li Yu, fin qui tratteggiato nel suo lato negativo, si scopre avere un cuore d'oro, mentre la povera vittima Yang Kuaikuai a sua volta dimostra una freddezza calcolatrice e un po’ crudele. Un ribaltamento di prospettiva che rivela due personalità antitetiche ma anche due facce di una stessa medaglia, unite dalla volontà genuina e spontanea di fare la cosa giusta.
Yang Kuaikuai, personaggio ispirato da suggestioni e ricordi personali dell’autrice, è un ragazzo proveniente da un contesto familiare problematico, si è creato una solida corazza (fatta di solitudine e dedizione allo studio) che gli permette di resistere alle angherie dei bulli e alle insidie della vita. Anche i comprimari hanno una caratterizzazione molto curata, ad esempio Zio Ya, l’ingenuo ragazzone un po’ “sfigato” che avrà un ruolo da eroico salvatore nel corso della storia; ma anche il proprietario dello sfasciacarrozze Big Leo, personaggio che doveva solo essere funzionale al racconto, finisce per rubare la scena e forse avrebbe meritato un maggiore approfondimento; infine il super cattivo ladro di bambini, che dimostra una spietatezza cieca degna di un Chigurh (Non è un paese per vecchi).
Già dalla copertina colpisce lo stile dei disegni, dinamici e inquieti come i sentimenti contrastanti dei protagonisti. Dichiaratamente ispiratasi a Taiyō Matsumoto, l’autrice mostra un tratto grafico estroso, deciso e spigoloso, con personaggi dall’anatomia espressiva al limite del caricaturale che si muovono entro prospettive oblique ed esageratamente deformate. I colori (mutuati dalla cromia delle vecchie riviste manga) sono piatti, volutamente spenti e, uniti all’uso essenziale dei retini, donano un sapore vintage al contesto. Gli sfondi hanno un taglio realistico e particolareggiato (con lampi surreali) ma al contempo fresco, immediato e privo di orpelli. La stessa struttura delle tavole, quasi mai simmetrica e ordinata, segue il ritmo del racconto con una certa libertà compositiva e con le vignette incorniciate da una marcata linea nera.
Il volume Bao Publishing si presenta con la consueta impeccabile cura tipografica della casa editrice milanese. Al prezzo di 20,00€ abbiamo fra le mani un bel tomo di 200 pagine in formato 15x21, copertina satinata con inserti traslucidi e alette, rilegatura con cuciture a filo, carta bianca da 140 grammi che esalta la bellezza delle tavole a colori.