Recensione
Gen di Hiroshima
10.0/10
Scritto tra il 1973 e 1987 fu pubblicato inizialmente su Weekly Shonen Jump per poi passare a riviste meno popolari (Shimin, Bunka Hyoron, Kyoiku Hjoron). Questa serializzazione travagliata ci fa capire immediatamente l’importanza che ha "Hadashi no Gen" (letteralmente “Gen a piedi scalzi”). Pur non avendo avuto grande popolarità di vendite, ha comunque visto la sua prosecuzione, cosa non banale nell’editoria a fumetti giapponese che tende a cancellare le serie che non funzionano. Questo lo dobbiamo all’impegno di editori, politici e insegnanti che hanno capito la necessità di dover raccontare e tramandare le vicende di una delle pagine più buie della storia giapponese, e mondiale.
L’autore Keiji Nakazawa è un sopravvissuto all’attacco di Hiroshima del 6 agosto 1945; aveva 6 anni quando gli Stati Uniti sganciarono la bomba nucleare (Little Boy) sulla sua città. A seguito di questo fatto morirono centinaia di migliaia di persone, quasi tutti civili, tra cui parte della sua famiglia. Questi avvenimenti sono alla base di "Gen di Hiroshima"; Nakazawa costruisce un manga semi-autobiografico in cui esperienze personali e racconti di altri sopravvissuti si fondono insieme.
All’interno dell’opera il mangaka ricostruisce perfettamente il clima sociale e politico di quegli anni.
Inizialmente pone l’accento sulla situazione che precede la catastrofe; i giapponesi versano in condizione critiche, vengono spogliati di numerosi oggetti, necessari per la costruzione di armi e munizioni, il cibo scarseggia e numerose famiglie sono costrette a mandare i propri figli nelle campagne e al fronte. Chi si oppone alla guerra viene tacciato come traditore, emarginato e, nei casi più estremi, incarcerato.
Con lo scoppio della bomba tutto cambia, il flash, come viene spesso nominato, spazza via ogni cosa. La città viene completamente rasa al suolo. Chi non è morto si ritrova con la pelle ustionata dalle radiazioni o sepolto sotto le macerie. È il caos. Da qui in avanti vedremo crescere Gen che, come suo padre prima di lui, diventerà baluardo di una ideologia antibellica e di speranza.
Nakazawa denuncia nelle pagine di "Gen di Hiroshima" tutto il disgusto che prova nei confronti della società. Verso i politici e l’imperatore, i quali dalle loro posizioni di potere hanno ignorato i problemi che la guerra stava recando. Sfruttare risorse, sfruttare persone esclusivamente per un proprio moto di orgoglio e solo quando realmente preoccupati per la loro incolumità mostrare il fianco e arrendersi. Verso gli americani che noncuranti hanno devastato un paese, lo hanno occupato, hanno studiato gli effetti della bomba atomica esclusivamente per fini personali e lo hanno nascosto all’opinione pubblica. Verso quei giapponesi che nel momento di maggior necessità si sono rivelati egoisti, ipocriti e biechi. Verso tutti quelli che con la guerra giocano e si arricchiscono e infine contro tutti quelli che ne dimenticano gli orrori.
Sebbene questo fumetto racconti la tragicità umana in molte sfaccettature, Nakazawa non sfocia mai però in facili vittimismi, il personaggio di Gen si fa motore di una narrazione positiva dove la fiducia nel futuro non viene mai meno, anche di fronte alla perdita dei propri cari, e dove i piccoli momenti di felicità fanno quasi dimenticare le avversità.
Questo contrasto tra tragico e commedia si denota anche nello stile grafico dove a sfondi realistici e crudi, si stagliano figure umane estremamente morbide nel più classico stile tezukiano. Questo modo di disegnare è tipico dello shounen di questo periodo, esempi del genere si possono trovare in Shigeru Mizuki, Go Nagai e Kazuo Umezu.
"Gen di Hiroshima" è un fumetto che come "Maus" di Spiegelman e "Persepolis" di Satrapi ha saputo raccontare al meglio la realtà, come "Devilman" di Nagai e "I tre Adolf" di Tezuka ha saputo interrogarsi sull’oscurità dell’essere umano e come "Nausicaa della Valle del vento" di Miyazaki e "Akira" di Otomo ha saputo sperare in un futuro più felice.
L’autore Keiji Nakazawa è un sopravvissuto all’attacco di Hiroshima del 6 agosto 1945; aveva 6 anni quando gli Stati Uniti sganciarono la bomba nucleare (Little Boy) sulla sua città. A seguito di questo fatto morirono centinaia di migliaia di persone, quasi tutti civili, tra cui parte della sua famiglia. Questi avvenimenti sono alla base di "Gen di Hiroshima"; Nakazawa costruisce un manga semi-autobiografico in cui esperienze personali e racconti di altri sopravvissuti si fondono insieme.
All’interno dell’opera il mangaka ricostruisce perfettamente il clima sociale e politico di quegli anni.
Inizialmente pone l’accento sulla situazione che precede la catastrofe; i giapponesi versano in condizione critiche, vengono spogliati di numerosi oggetti, necessari per la costruzione di armi e munizioni, il cibo scarseggia e numerose famiglie sono costrette a mandare i propri figli nelle campagne e al fronte. Chi si oppone alla guerra viene tacciato come traditore, emarginato e, nei casi più estremi, incarcerato.
Con lo scoppio della bomba tutto cambia, il flash, come viene spesso nominato, spazza via ogni cosa. La città viene completamente rasa al suolo. Chi non è morto si ritrova con la pelle ustionata dalle radiazioni o sepolto sotto le macerie. È il caos. Da qui in avanti vedremo crescere Gen che, come suo padre prima di lui, diventerà baluardo di una ideologia antibellica e di speranza.
Nakazawa denuncia nelle pagine di "Gen di Hiroshima" tutto il disgusto che prova nei confronti della società. Verso i politici e l’imperatore, i quali dalle loro posizioni di potere hanno ignorato i problemi che la guerra stava recando. Sfruttare risorse, sfruttare persone esclusivamente per un proprio moto di orgoglio e solo quando realmente preoccupati per la loro incolumità mostrare il fianco e arrendersi. Verso gli americani che noncuranti hanno devastato un paese, lo hanno occupato, hanno studiato gli effetti della bomba atomica esclusivamente per fini personali e lo hanno nascosto all’opinione pubblica. Verso quei giapponesi che nel momento di maggior necessità si sono rivelati egoisti, ipocriti e biechi. Verso tutti quelli che con la guerra giocano e si arricchiscono e infine contro tutti quelli che ne dimenticano gli orrori.
Sebbene questo fumetto racconti la tragicità umana in molte sfaccettature, Nakazawa non sfocia mai però in facili vittimismi, il personaggio di Gen si fa motore di una narrazione positiva dove la fiducia nel futuro non viene mai meno, anche di fronte alla perdita dei propri cari, e dove i piccoli momenti di felicità fanno quasi dimenticare le avversità.
Questo contrasto tra tragico e commedia si denota anche nello stile grafico dove a sfondi realistici e crudi, si stagliano figure umane estremamente morbide nel più classico stile tezukiano. Questo modo di disegnare è tipico dello shounen di questo periodo, esempi del genere si possono trovare in Shigeru Mizuki, Go Nagai e Kazuo Umezu.
"Gen di Hiroshima" è un fumetto che come "Maus" di Spiegelman e "Persepolis" di Satrapi ha saputo raccontare al meglio la realtà, come "Devilman" di Nagai e "I tre Adolf" di Tezuka ha saputo interrogarsi sull’oscurità dell’essere umano e come "Nausicaa della Valle del vento" di Miyazaki e "Akira" di Otomo ha saputo sperare in un futuro più felice.