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Oh cielo, questa volta mi è toccato un lupo...

Suppongo di non potermi lamentare. Tra vecchi russi che anziché giocare alla bocciofila si dilettano a Risiko su scala reale e balde scimmiette che decidono di riesumare virus estinti da decenni, immagino che fare l’autopsia di un film di Moore non sia poi così male.

Referto n.22 (22/05/2022): “Wolfwalkers - Il popolo dei lupi”

Irlanda, XVII secolo. Gli Inglesi, con il benestare di un Dio chiuso chissà dove a fumarsi dei sigari, entrano a gamba tesa in Irlanda, conquistando con avidità ogni singolo frammento di terra. Lord Protector, Signore (acquisito) dell’Irlanda, da bravo capitalista decide di ergere città in ogni dove, incurante della popolazione e della fauna locale. In particolare ce l’ha con i lupi del bosco limitrofo, che ogni due per tre gli sottraggono l'agnello domenicale. Tra i suoi seguaci c’è Bill Goodfellowe, eccellente cacciatore e padre di Robyn, protagonista della storia. La ragazzina, rimasta orfana di madre in tenera età, vorrebbe seguirlo nelle pericolose battute. Il padre, d’altro canto, la ostacola in tutti i modi, indirizzandola a mansioni più “consone” per una donna. Ovviamente la biondina, con una testardaggine seconda solo alla sua scarsa mira, marina la scuola di Levi Ackerman e si lancia alla sfrenata caccia dei gigant... ehm, volevo dire lupi. La nostra aspirante hunter capisce presto che sparare dardi a un foglio di carta non è esattamente un allenamento congeniale, e finisce per trovarsi circondata dalle feroci fiere. Ma non si lascia abbattere, impugna la balestra e... fa 1 col dado (facepalm...)! Merlyn, il falco domestico, forse unica voce della coscienza della ragazza, ci resta apparentemente secco, trafitto con precisione chirurgica. I lupi, dopo essersi fatti una sonora risata, capiscono che non c’è bisogno di continuare la guerra con gli umani, giacché ci penserà la nostra novella cacciatrice a farli fuori uno ad uno a suon di colpi sbilenchi, pertanto optano per la ritirata, portandosi appresso il falco come spuntino pomeridiano.
Per fortuna il dispiacere per la perdita è breve: il falco torna da Robyn, scoppiettante di salute. Comunque non c'è neanche il tempo di esultare che la ragazza finisce vittima della sua stessa trappola (secondo facepalm...), venendo poi accidentalmente graffiata da Mebh, una wolfwalker, venuta in realtà in suo soccorso.
Il padre, dopo aver assistito all’ennesima performance impietosa della figlia, la iscrive forzatamente al club delle domestiche di Lord Protector, convinto (solo lui) di fare la cosa giusta. Tra una scarpa rattoppata, lenzuola da stendere e preghiere stucchevoli, la vita di Robyn sembra prendere una noiosissima piega, ma il destino ha in serbo qualcosa di diverso...

La trama di “Wolfwalkers”, film d’animazione del 2020, non brilla certo per complessità. A tratti si potrebbe definire quasi scarna. E non potrebbe essere diversamente. Trattasi infatti di una fiaba, e come tale accompagna linearmente lo spettatore verso poche ma incisive tematiche. Natura e civiltà, segregazione e libertà sono i principali cardini dell’intera sceneggiatura. L'introduzione di Moore è lenta, evocativa, a tratti simile ad un libro animato. C'è inoltre un particolare focus sull'espressioni del volto, suggestive delle emozioni provate dai personaggi. Eppure, rispetto a “La canzone del mare”, in “Wolfwalkers” emerge un’interessante componente action, che tiene in suspense lo spettatore per tutta la seconda parte della pellicola. Non che ci siano particolari colpi di scena, ma la sceneggiatura, supportata da un eccellente comparto grafico/sonoro, fa sì che anche uno spettatore più adulto non si annoi nel corso della visione.

I personaggi sono semplici, ma ben strutturati. Robyn, nonostante per metà film sia gradevole quanto un porcospino tra le mutande, funge da ponte, legame tra il mondo degli umani e quello dei lupi. Ma è anche una figura d’emancipazione, di ribellione. Una tematica certamente già affrontata, ma che trova un perfetto inserimento in una trama semplice, senza troppi fronzoli. Bill è il principale filo conduttore della storia, una sorta di riassunto formato personaggio degli eventi del film. La sua trasformazione, non solo caratteriale, altro non è che l’emblema dello sviluppo delle tematiche affrontate. È comunque interessante il rapporto che ha con la figlia, anche qui poco originale ma perfettamente congeniale alla trama. Mebh e la madre, le due wolfwalker, rappresentano una sponda, la fazione non-umana, mentre Lord Protector rappresenta la civiltà moderna, capitalista, proiettata al progresso. È curioso notare come entrambe siano nel giusto, almeno nelle premesse. Ma poi Lord Protector, accecato da una fede fanatica, decide di occupare ciò che non è suo, arrogandosi il diritto di potere decidere per migliaia di persone. Ed è qui che si trasforma in un villain crudele, tanto semplice quanto ben riuscito. Ho molto apprezzato il suo percorso, sia nelle premesse che nell’epilogo. Anche le wolfwalker all’inizio non sono completamente esenti da colpe, seppur di entità assai più lieve. La loro ferocia, aggressività, impedisce infatti qualsiasi dialogo con gli umani, persino con gli stessi Irlandesi i quali in realtà nutrirebbero un profondo rispetto nei loro confronti. Queste tematiche, incentrate sul conflitto e sulla non comprensione tra parti, sono un toccasana, soprattutto in questo particolare momento storico.

Passiamo poi al punto forte. Mai, come in questo caso, sento il bisogno di soffermarmi sul cuore dell’opera, la pompa emotiva che anima, letteralmente, i film d’animazione: il comparto tecnico.
L’animazione, completamente manuale e lontanissima dalla computer grafica, riesce a conferire unicità al film, un pregio già riscontrato ne “La canzone del mare”. I colori accesi, e il character design spigoloso, conferiscono un'atmosfera molto simile a una miniatura iconografica, che ricorda per certi aspetti i disegni delle vetrate gotiche. Le linee di fuga sono gestite in maniera egregia, poiché sommate ai movimenti accelerano il dinamismo delle scene d’azione. Molto interessante è la scelta dei colori di fondo, mirata a simbolizzare le emozioni dei personaggi: verde per le scene spensierate, rosso per le scene di tensione, grigio per la monotonia della città, blu per le scene tristi e misteriose. Particolare è infine la rappresentazione dei lupi: non sono diversificati, bensì tutti uguali, quasi a simboleggiare il senso di “branco”. Questo aspetto emerge particolarmente nelle scene d’azione, dove le linee si mescolano in una figura omogenea.
Il compartimento sonoro non è da meno. La scelta delle OST è focalizzata sul violino, gestito con dei motivetti che ricordano un po’ la musica di inizio Romanticismo. La colonna sonora comunque non è invadente, bensì accompagna i (pochi) momenti statici rafforzando così il dinamismo dell’intero film. Ovviamente “I’m Running With The Wolf Tonight” di Aurora è il pezzo forte, ma sarebbe scorretto non menzionare l’intero apparato musicale.

Concludendo l’analisi, il referto è positivo. “Wolfwalkers” non è un capolavoro, bensì un ottimo film d’autore che saprà accontentare tutti: i piccini, con una trama semplice e avvincente, gli adulti, con tematiche semplici ma al tempo stesso mature, e infine gli appassionati, con un comparto tecnico a tratti pionieristico. Mi congedo con un ultimo consiglio clinico (in realtà personale): far sentire a casa uno spettatore è difficile, per niente scontato, e questo film ci riesce appieno, forse persino meglio de "La canzone del mare". Pertanto avvicinatevi a questo lupetto, non abbiate paura del branco... riceverete un affetto nuovo, diverso, e proprio per questo ancor più caloroso.