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Vedere un'opera scritta, che sia un romanzo o un manga, tradotta in un film è cosa abituale; lo è un po' meno il contrario. Quindi l'uscita per Panini di Moglie di una spia, tratto dalla pellicola Spy no Tsuma, del regista Kiyoshi Kurosawa, premiato proprio per questo suo lavoro con il Leone d'Argento Premio Speciale per la Regia al Festival di Venezia, mi aveva particolarmente incuriosito.
Il film originariamente nasce come episodio speciale girato in 8K Super Hi-Vision per la trasmissione su un apposito canale in 8K dell'emittente pubblica giapponese NHK, ma poi è stato presentato in anteprima alla 77ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia in una speciale versione cinematografica, e in seguito, in tv a giugno 2020 e nelle sale nipponiche da ottobre dello stesso anno.
Il film originariamente nasce come episodio speciale girato in 8K Super Hi-Vision per la trasmissione su un apposito canale in 8K dell'emittente pubblica giapponese NHK, ma poi è stato presentato in anteprima alla 77ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia in una speciale versione cinematografica, e in seguito, in tv a giugno 2020 e nelle sale nipponiche da ottobre dello stesso anno.
La trama resta sostanzialmente identica nei due medium: siamo a Kobe nel 1940, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. Yusaku Fukuhara gestisce un'azienda commerciale di import export e decide di recarsi con il nipote in Manciuria in cerca di nuove opportunità commerciali. La moglie Satoko attende con impazienza il ritorno del marito, ma al suo rientro in Giappone, l'uomo sembra cambiato e la donna inizia a sospettare delle sue azioni. In Manciuria infatti Yusaku ha scoperto un segreto militare che intende denunciare alle autorità internazionali. Qui scatta quindi il dilemma di Satoko: tradire il marito o tradire la patria?
Tutto si gioca infatti sul concetto di fiducia: i personaggi di questa storia, sia i principali che i comprimari, devono affidarsi agli altri, far leva sui sentimenti per scampare alla polizia militare e all'accusa di spionaggio. I fatti si susseguono veloci nel manga, tenendo il lettore sospeso fra i dubbi, i ribaltamenti di ruoli e i colpi di scena della storia, anche se il destino di Satoko alla fine di questa storia è intuibile già dalle prime pagine, ambientate quando tutto è ormai finito, cioè nel 1945.
Nonostante ciò, la sceneggiatura è ben costruita e viene voglia di sapere come si è arrivati fin lì. Inoltre va dato atto agli autori di aver voluto affrontare un tema molto scottante: quella guerra in Manciuria intrapresa dall'esercito nipponico di cui poco e mal volentieri si parla in Giappone, intrisa di crimini e orrori, comuni purtroppo ad ogni conflitto, che ogni governo vorrebbe insabbiare, come se il fatto stesso di essere nel pieno di una guerra li potesse giustificare.
I personaggi sono ben caratterizzati, anche se ovviamente su tutti spicca Satoko, la moglie appunto del titolo. Giovane donna della borghesia dell'epoca, benestante nonostante l'incombere della guerra, sembra la classica mogliettina che aiuta il marito dietro le quinte, che sfoggia abiti occidentali, beve whisky estero e si preoccupa ansiosa del benessere del consorte.
In realtà è meno svampita di quello che sembra e seppur impaurita, decide di affrontare gli uomini che le ruotano attorno: dall'amico d'infanzia ora capo di polizia, al nipote che si batte in prima persona per denunciare gli orrori visti in Manciuria, al marito in cui cerca di credere ciecamente fino all'ultimo, nella speranza che l'amore sia più forte di tutto. Il finale c'è ma resta aperto ad alcuni dubbi su chi sia il gatto e chi il topo. Ovviamente non posso aggiungere oltre per non rivelare troppo.
Le tavole rendono bene le atmosfere cariche di sospetto ed incertezza tipiche dell'epoca, giocando sui chiaroscuri ed alternando disegni dai contorni molto netti e definiti fra bianco e nero ad altri dove si gioca soprattutto con le sfumature di grigio. Imponenti i fondali che ci riportano una Kobe d'altri tempi, molto viva nelle prime pagine e distrutta dai bombardamenti alla fine della storia.
L'edizione Planet Manga è curata: due volumi di 144 pagine in formato 13X18, brossurato con sovraccopertina, disponibili sia singolarmente che in cofanetto.
Ma purtroppo, c'è un "ma" alla fine della recensione di questo manga. Finita la lettura, mi è venuta la curiosità di vedere il film da cui la storia è tratta, e di cui avevo già sentito molto parlare all'epoca del Festival di Venezia, e per quel che mi riguarda il film è migliore del manga.
Pur mantenendosi fedele alla pellicola, il manga accelera molto nella parte iniziale, perdendo così per strada la spensieratezza della protagonista nella versione cinematografica, leggerezza che creava un forte contrasto con la seconda parte, quando le carte si scoprono. Acceleramento aggiungerei inutile, visto che nel secondo volume si usano diverse pagine per descrivere ciò che è avvenuto in Manciuria, mentre nel film viene spiegato in un dialogo di pochi secondi.
Nel film poi ci si serviva del cinema stesso per creare un affascinante gioco di specchi: Yusaku e Satoko infatti amano girare film amatoriali, l'ultimo dei quali immagina la donna nei panni di una spia. Questo cortometraggio amatoriale diretto da Yusaku arriverà a giocare un ruolo chiave nella vicenda, ruolo che permane nel manga ma che perde di fascino, diventando la pellicola semplicemente il resoconto di una gita di famiglia.
Gli attori affinano una recitazione che sottrae invece di aggiungere: emblematici sia Issei Takahashi nel ruolo di Yusaku dai mille volti, sia Yū Aoi che rende bene l'evolvere di Satoko, da giovane donna ingenua a moglie di una spia, rosa dai dubbi ma fedele al suo uomo a tal punto da diventare sfrontata e quasi divertirsi in questo doppio gioco.
Kurosawa inventa piccoli espedienti narrativi che richiamano alla mente registi del calibro di Hitchcock o scrittori come Stephen King (chi ha visto il film e letto Misery non deve morire capirà a cosa mi sto riferendo). Inoltre Kurosawa ci fa capire come si può ottenere molto anche senza per forza far vedere tutto, ottenendo quello che si vuole senza spendere milioni di yen: una cassa in un grande ambiente diventa la stiva di una nave, l'acqua che trema nei bicchieri e il rumore del rombo di un aereo sono sufficienti a rendere perfettamente l'idea del terrore di trovarsi sotto ad un bombardamento.
In conclusione quindi vale la pena comprare Moglie di una spia? Sì, perché pur essendo inferiore al film, resta comunque un'opera valida, che intrattiene bene e che affronta un tema non comune. Inoltre è sicuramente più facilmente reperibile rispetto al film, quindi per iniziare a conoscere l'opera è un buon entry level.
Sarebbe interessante poter chiedere agli autori le motivazioni dietro ai cambiamenti apportati: se è giustissimo che due media diversi abbiano finalità diverse e si debbano esprimere con linguaggi differenti, alcune scelte fanno sorgere domande spontanee nel lettore/spettatore.