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8.0/10
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"Sogni" è un film particolare, nato da uno studio personale di Akira Kurosawa su cosa fossero i sogni (partendo dai propri) che poi è sfociato nel desiderio di fare una pellicola sui sogni come mezzo espressivo.
Davanti agli 8 episodi che lo compongono e rendendomi conto di quante interpretazioni possano esserci in un film sui sogni (già di loro aperti a parecchie interpretazioni), direi che tali episodi hanno come tema dominante l’esaltazione e la difesa della Vita in tutte le sue forme.
La Vita è un elemento eccezionale (“La vita è bella, più che bella, entusiasmante” dice il personaggio dell’anziano nell’ultimo episodio) e nella natura si esprime tramite paesaggi maestosi e stupendi come quelli del primo episodio, Raggi di sole nella pioggia, una maestosità che però è minacciata dalla stupidità degli esseri umani, che iniziano con la violazione delle leggi della natura (il bambino della prima storia che trasgredisce l’ordine materno e assiste al matrimonio delle volpi) e poi arrivano fino allo scempio di quest’ultima (l’abbattimento di tutti gli alberi nel secondo episodio, Il pescheto).
Kurosawa comunque esalta la Vita anche negli esseri umani, a partire dal forte desiderio di vivere dello scalatore protagonista del terzo episodio, La tormenta, che resiste al freddo abbraccio della morte. C’è poi la denuncia di quelle azioni contrarie alla vita umana, in particolare la guerra: “La guerra è follia… Le vostre vite sono state sprecate!” grida disperato l’ufficiale sopravvissuto alle anime dei suoi soldati decimati nella quarta storia, Il tunnel.
Vi è poi una celebrazione della bellezza di cui è capace la vita umana con Corvi, e Kurosawa omaggia il suo pittore preferito, Van Gogh, vedendolo come il campione di tale bellezza.
Dopo tanta bellezza arriva un episodio apocalittico, Fuji in rosso, probabilmente perché il contrasto metta ancora più in luce il pericolo insito nell’arroganza umana, così sicura delle sue scelte e della sua tecnologia da arrivare a costruire una centrale atomica ai piedi di un vulcano. Con un collegamento consequenziale, ecco arrivare il desolato mondo post-atomico de Il demone che piange, dove si sottolinea la forza della crudeltà umana, che non ancora soddisfatta dall’aver distrutto il pianeta continua ad agire nelle rigide gerarchie degli umani trasformati in demoni, dove il forte schiaccia il debole.
Tale orrore mette in risalto la bellezza bucolica dell’ultimo episodio, Il villaggio dei mulini, con il quale il cerchio si chiude: anche se sarà perseguitato dal rimorso (il cane rosso de Il Tunnel) per l’uomo ci sarà sempre speranza se saprà vivere in armonia con la natura, rinunciando agli eccessi della tecnologia e alla superbia da cui scaturiscono.
Passando dai contenuti alle forme, Kurosawa si dimostra un maestro capace di realizzare sequenze affascinanti di vario genere: oltre ai magnifici scenari ambientali della prima e dell’ultima storia e all’affascinante ballo delle divinità arboricole ne Il pescheto, abbiamo nella prima parte de La tormenta la voluta lentezza degli scalatori, che ben sintetizza il loro essere allo stremo; la grande fantasia visionaria di Corvi, con il protagonista che cammina letteralmente dentro le opere di Van Gogh; tocchi di soprannaturale suggestivi e inquietanti, ossia la yuki-onna del terzo episodio, l’apparizione dei soldati fantasma nel quarto, il lamento dei demoni in mezzo a pozze di sangue nel settimo.
In mezzo a tanta qualità ci sono comunque dei problemi: negli ultimi tre episodi Kurosawa cede alla tentazione di far parlare troppo i personaggi (anziché far parlare soltanto le immagini) e quindi assistiamo a discorsi troppo lunghi, retorici, a volte pesanti. Inoltre alcune scelte del film non sono per tutti i gusti, ad esempio chi non conosce o apprezza il teatro Nō temo che troverà noiosi o incomprensibili buona parte dei primi due episodi.
Riguardo infine la recitazione, in generale mi è parsa nella norma ed è piuttosto bravo Akira Terao nell’interpretare in tutti gli episodi un protagonista senza nome che poi è lo stesso regista.
Concludendo, siamo comunque davanti ad un titolo bellissimo da vedere e rivedere per scoprirne sempre nuovi dettagli e significati.