Recensione
Sandy dai mille colori
6.5/10
"Sandy dai mille colori" è, in ordine cronologico, la quarta maghetta protagonista di una serie realizzata dallo Studio Pierrot. Il titolo italiano, a differenza di quello originale, non fa un riferimento specifico all'attività preferita della protagonista, ossia il disegno (Sandy ha infatti il sogno di diventare una mangaka), ma può essere collegato anche all'attività dei genitori di Sandy, che hanno un negozio di fiori.
Con le sue "cugine" Yu, Persha/Evelyn e Mei, Sandy condivide diversi aspetti, come l'età preadolescenziale, il carattere gioioso ed espansivo che deve catturare la simpatia dello spettatore, il fatto di essere figlia unica (solo Mei aveva un fratellino, peraltro piuttosto marginale nell'economia della storia) con i genitori che hanno una propria attività commerciale, e soprattutto l'acquisizione dei poteri magici ad opera di uno o più folletti alieni: in questo caso si tratta di Pico e Paco, due folletti dall'aspetto simile a paffuti gattoni. Rispetto a Posi e Nega de "L'incantevole Creamy", Pico e Paco sono molto più "morbidosi" ma anche più discreti, rimanendo invisibili ai normali esseri umani e palesando la propria presenza a Sandy solo nei momenti in cui questa si trova in difficoltà o in pericolo. Vi è anche una differenza sostanziale con le altre "Pierjokko": i poteri magici di Sandy non la trasformano in un'altra persona maggiore d'età, ma le permettono di creare dal nulla oggetti o situazioni che però non possono più essere ripetuti. Ciò da un certo punto di vista può rendere più interessante il singolo episodio (quale sarà la magia che farà oggi Sandy?), però toglie la suspense data nelle altre serie dalle situazioni in cui l'identità segreta della protagonista era in pericolo, e dai suoi stratagemmi per non farsi scoprire. Alla luce di questo fatto, non è forse un caso che la serie conti un numero d'episodi minore di quello delle altre "Pierjokko" (venticinque, dei quali diversi sono di riepilogo), come se a un certo punto gli sceneggiatori avessero esaurito le idee. Ciononostante, la conclusione della serie (col "mondo dei fiori", di Pico e Paco in pericolo e Sandy che cercherà di risolvere la situazione) appare piuttosto affrettata e non porta a cambiamenti sostanziali nei rapporti interpersonali dei personaggi.
Il character design è semplice ma molto elegante, probabilmente il migliore tra le quattro serie di maghette dello Studio Pierrot degli anni Ottanta (non considerando la successiva "Fancy Lala"). Tra i personaggi di contorno, è presente ovviamente il ragazzo goffo che ama, non corrisposto, la protagonista (Ciccio), il ragazzo belloccio e maggiore d'età spasimato dalla protagonista, il quale però non se la fila (Roby, dipendente dei genitori di Sandy, appassionato di deltaplano e fratello maggiore di Ciccio), un'anziana "macchietta" (il nonno paterno di Sandy) e coloro che appaiono il più delle volte come antagonisti, seppure talora in modo un po' forzato: la grassa e bisbetica signora Trudy e il suo maggiordomo Carmelo, dall'acconciatura che sembra una parrucca settecentesca.
In questa serie vi sono meno riferimenti alla cultura giapponese che in altre, al punto che l'adattamento italiano targato Mediaset, con i nomi cambiati, non sembra nemmeno tanto stonato.
In conclusione, "Sandy dai mille colori" è probabilmente la "Pierjokko" con meno mordente, ma rimane una serie abbastanza piacevole da guardare, a patto di non aspettarsi un capolavoro.
Con le sue "cugine" Yu, Persha/Evelyn e Mei, Sandy condivide diversi aspetti, come l'età preadolescenziale, il carattere gioioso ed espansivo che deve catturare la simpatia dello spettatore, il fatto di essere figlia unica (solo Mei aveva un fratellino, peraltro piuttosto marginale nell'economia della storia) con i genitori che hanno una propria attività commerciale, e soprattutto l'acquisizione dei poteri magici ad opera di uno o più folletti alieni: in questo caso si tratta di Pico e Paco, due folletti dall'aspetto simile a paffuti gattoni. Rispetto a Posi e Nega de "L'incantevole Creamy", Pico e Paco sono molto più "morbidosi" ma anche più discreti, rimanendo invisibili ai normali esseri umani e palesando la propria presenza a Sandy solo nei momenti in cui questa si trova in difficoltà o in pericolo. Vi è anche una differenza sostanziale con le altre "Pierjokko": i poteri magici di Sandy non la trasformano in un'altra persona maggiore d'età, ma le permettono di creare dal nulla oggetti o situazioni che però non possono più essere ripetuti. Ciò da un certo punto di vista può rendere più interessante il singolo episodio (quale sarà la magia che farà oggi Sandy?), però toglie la suspense data nelle altre serie dalle situazioni in cui l'identità segreta della protagonista era in pericolo, e dai suoi stratagemmi per non farsi scoprire. Alla luce di questo fatto, non è forse un caso che la serie conti un numero d'episodi minore di quello delle altre "Pierjokko" (venticinque, dei quali diversi sono di riepilogo), come se a un certo punto gli sceneggiatori avessero esaurito le idee. Ciononostante, la conclusione della serie (col "mondo dei fiori", di Pico e Paco in pericolo e Sandy che cercherà di risolvere la situazione) appare piuttosto affrettata e non porta a cambiamenti sostanziali nei rapporti interpersonali dei personaggi.
Il character design è semplice ma molto elegante, probabilmente il migliore tra le quattro serie di maghette dello Studio Pierrot degli anni Ottanta (non considerando la successiva "Fancy Lala"). Tra i personaggi di contorno, è presente ovviamente il ragazzo goffo che ama, non corrisposto, la protagonista (Ciccio), il ragazzo belloccio e maggiore d'età spasimato dalla protagonista, il quale però non se la fila (Roby, dipendente dei genitori di Sandy, appassionato di deltaplano e fratello maggiore di Ciccio), un'anziana "macchietta" (il nonno paterno di Sandy) e coloro che appaiono il più delle volte come antagonisti, seppure talora in modo un po' forzato: la grassa e bisbetica signora Trudy e il suo maggiordomo Carmelo, dall'acconciatura che sembra una parrucca settecentesca.
In questa serie vi sono meno riferimenti alla cultura giapponese che in altre, al punto che l'adattamento italiano targato Mediaset, con i nomi cambiati, non sembra nemmeno tanto stonato.
In conclusione, "Sandy dai mille colori" è probabilmente la "Pierjokko" con meno mordente, ma rimane una serie abbastanza piacevole da guardare, a patto di non aspettarsi un capolavoro.