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Trama: Una donna francese ed un uomo giapponese s'incontrano a Hiroshima, dove la prima si è recata per recitare una parte in un film di propaganda pacifista, mentre l'altro vi ha il suo domicilio e vi esercita la professione di architetto.

Una delle bombe della nouvelle Vague. Uno dei film-poesia per eccellenza.. I primi venti minuti in bilico tra lo scorrere delle immagini (tante carrellate) e il fluire del discorso arcipoetico della protagonista (scritto da Margherite Duras) segnano una pietra miliare della storia del cinema.

Probabilmente mai come in quest’opera si è creata tanta affinità tra immagine e parola scritta in un connubio che non toglie niente a nessuna delle due forme espressive ma anzi, contribuisce ad accrescere la valenza di entrambe in un climax vorticoso che nella seconda parte della pellicola giunge a livelli di parossismo soprattutto attraverso i flashback sulla storia d’amore francese. Geniale l’uso di due direttori della fotografia per le riprese in Francia e in Giappone (entrambi i bianchi e neri sono funzionali e il montaggio della seconda parte acuisce la forza dei climax).

I due amanti si ricorrono attraverso le strade di una città che non è più quella del presente ma la mera identificazione dell’agglomerato distrutto dalla follia dell’uomo. Così tra i due amori senza speranza di cui si narra, quello passato sfonda quello presente attraverso flashback che assomigliano a flash-forward, con una funzione della voce off che nella seconda parte del film pur rimanendo estranea alla mera canonica funzione narrativa, si fa tutt’uno con la storia, e sottolineando le immagini v’inserisce nuova energia. Semplicemente perfetti gli attori, nonché il montaggio (ipnotico) della sequenza iniziale, che viene ripreso con lo stesso vigore negli ultimi strazianti 20 minuti.

Hiroshima mon amour è un capolavoro in bilico tra cinema narrativo e sperimentale, al di là della geniale premessa: ovvero ambientare in una città simbolo di morte due amori che nascono cadaveri, destinati a rincorrersi come i due spaesati protagonisti in un presente senza speranza (cit. "Hiroshima per noi voleva dire la fine della guerra").