Recensione
"Mila e Shiro - Il sogno continua" è la serie del 2008 sequel di "Mila e Shiro - Due cuori nella pallavolo".
Come il mitico "spokon" degli anni Ottanta voleva sfruttare l'attesa per le successive Olimpiadi di Seoul del 1988 (come dimostrava l'ultimo fotogramma della sigla iniziale), questo è stato mandato in onda per la prima volta in Cina prima delle Olimpiadi di Pechino del 2008, e la produzione è congiunta tra il Giappone e la Cina, dove è stata ambientata la vicenda: una squadra di pallavolo cinese, le "Dragon Ladies", appena retrocessa in serie A2, cerca di riconquistare la massima serie nel minor tempo possibile, pena la dissoluzione della società. Per realizzare i suoi scopi, ci si affida a Shiro come allenatore, all'ex giocatrice della nazionale cinese Ming Yang come direttrice sportiva, e a una serie di "casi umani" come giocatrici: quelle già note a chi ha visto "Due cuori nella pallavolo" sono Nami, la cui carriera è declinata al punto di adattarsi ad emigrare e a scendere di categoria; Mila, che torna a giocare dopo una lunga inattività per la rottura del tendine d'Achille; e Kaori, che era rimasta senza squadra ed è proprio lei a suggerire a Mila la nuova avventura in Cina. Tra le altre giocatrici, quelle che mi hanno colpito di più sono Ling Lao, la veterana che sarà costretta a un precoce ritiro per problemi alla schiena; Glin Wong, abile combattente di kung fu, quasi a digiuno di pallavolo, che diventa presto uno dei migliori elementi della squadra; Ming Hua Liu, una ragazzona proveniente dalla Mongolia interna che prova a farsi strada nella pallavolo perché è stanca di fare la pastora; Gina Malansano, ragazza italiana dal fisico minuto che sfrutta le sue abilità di danza classica anche sul terreno di gioco. Anche queste ragazze si possono considerare dei "casi umani", per i motivi opposti a quelli enunciati prima, ed è sorprendente (e inverosimile) che possano arrivare subito al livello di pallavoliste professioniste.
Rispetto alla prima serie, una delle maggiori differenze, e anche uno dei (pochi) pregi, è dato dal rilievo accordato alle singole componenti della squadra. Ming Yang è forse il personaggio più riuscito della serie, per il suo carisma nei confronti delle più giovani pallavoliste, al punto da mettere spesso in ombra Shiro, la cui presenza nel titolo italiano è dovuta solo alla continuità col vecchio anime.
Sul piano tecnico, la differenza di epoca si vede in diversi piccoli dettagli. Si è cercato di rendere i personaggi più "kawaii", cambiando leggermente il contorno degli occhi, ma non sempre il risultato è migliorativo. I colori sono molto vividi, anche troppo, e sembrano spesso sovrasaturi. Per contro, le animazioni sono decisamente al di sotto della media delle altre serie dell'epoca, e talvolta si notano degli errori di continuità. Questi, oltre all'inverosimiglianza di molte situazioni, sono i principali handicap della serie, che per il resto non sarebbe neanche sgradevole da seguire.
Come il mitico "spokon" degli anni Ottanta voleva sfruttare l'attesa per le successive Olimpiadi di Seoul del 1988 (come dimostrava l'ultimo fotogramma della sigla iniziale), questo è stato mandato in onda per la prima volta in Cina prima delle Olimpiadi di Pechino del 2008, e la produzione è congiunta tra il Giappone e la Cina, dove è stata ambientata la vicenda: una squadra di pallavolo cinese, le "Dragon Ladies", appena retrocessa in serie A2, cerca di riconquistare la massima serie nel minor tempo possibile, pena la dissoluzione della società. Per realizzare i suoi scopi, ci si affida a Shiro come allenatore, all'ex giocatrice della nazionale cinese Ming Yang come direttrice sportiva, e a una serie di "casi umani" come giocatrici: quelle già note a chi ha visto "Due cuori nella pallavolo" sono Nami, la cui carriera è declinata al punto di adattarsi ad emigrare e a scendere di categoria; Mila, che torna a giocare dopo una lunga inattività per la rottura del tendine d'Achille; e Kaori, che era rimasta senza squadra ed è proprio lei a suggerire a Mila la nuova avventura in Cina. Tra le altre giocatrici, quelle che mi hanno colpito di più sono Ling Lao, la veterana che sarà costretta a un precoce ritiro per problemi alla schiena; Glin Wong, abile combattente di kung fu, quasi a digiuno di pallavolo, che diventa presto uno dei migliori elementi della squadra; Ming Hua Liu, una ragazzona proveniente dalla Mongolia interna che prova a farsi strada nella pallavolo perché è stanca di fare la pastora; Gina Malansano, ragazza italiana dal fisico minuto che sfrutta le sue abilità di danza classica anche sul terreno di gioco. Anche queste ragazze si possono considerare dei "casi umani", per i motivi opposti a quelli enunciati prima, ed è sorprendente (e inverosimile) che possano arrivare subito al livello di pallavoliste professioniste.
Rispetto alla prima serie, una delle maggiori differenze, e anche uno dei (pochi) pregi, è dato dal rilievo accordato alle singole componenti della squadra. Ming Yang è forse il personaggio più riuscito della serie, per il suo carisma nei confronti delle più giovani pallavoliste, al punto da mettere spesso in ombra Shiro, la cui presenza nel titolo italiano è dovuta solo alla continuità col vecchio anime.
Sul piano tecnico, la differenza di epoca si vede in diversi piccoli dettagli. Si è cercato di rendere i personaggi più "kawaii", cambiando leggermente il contorno degli occhi, ma non sempre il risultato è migliorativo. I colori sono molto vividi, anche troppo, e sembrano spesso sovrasaturi. Per contro, le animazioni sono decisamente al di sotto della media delle altre serie dell'epoca, e talvolta si notano degli errori di continuità. Questi, oltre all'inverosimiglianza di molte situazioni, sono i principali handicap della serie, che per il resto non sarebbe neanche sgradevole da seguire.