Recensione
Arrivare a te
7.0/10
Avreste mai pensato che "Arrivare a te", trasposizione televisiva del corrispettivo famoso manga, e anime, sarebbe approdato su Netflix? No? E invece sì.
Netflix ci sorprende e ci offre questa live-action di 12 episodi della durata di 30 minuti circa ciascuno, il cui annuncio emoziona tutti i fan del manga da cui è tratto, e della corrispettiva serie anime. Ragion per cui, le aspettative di tutti, me compresa, non potevano che spiccare il volo!
Niente di più dannoso. Quando si attende con desiderio qualcosa e si fa già una previsione sul risultato, si sa che è pericoloso poiché la delusione è, spesso e volentieri, dietro l'angolo.
"Arrivare a te" fa parte della categoria delle aspettative un poco disattese, e se ci aggiungiamo fatali paragoni con le opere di successo che l'hanno preceduta, ne esce, inevitabilmente, un quadro carente di qualcosa.
Sawako è una liceale timida ed introversa, e talmente impacciata e goffa nel rapporto con gli altri da assumere atteggiamenti e similitudini con la protagonista di un famoso film horror, "The Ring", facendola diventare oggetto di derisione o di distacco di molti suoi compagni di scuola. Ma l'incontro con Shōta, e le amiche Chizu e Ayane, piano piano le cambieranno la vita facendole trascorrere una spensierata ed emozionante adolescenza.
Del manga da cui è tratto ho letto poco, solo qualcosa qua e là in rete, giusto perché mi aveva incuriosito dopo la visione della serie anime. Quest'ultima, infatti, mi conquistò sin dalla prima puntata: personaggi ottimamente caratterizzati e una narrazione lenta e pacata, ma mai noiosa, adottata per sottolineare la graduale conquista di autostima e maturità della protagonista e del solido legame costruito con i suoi amici.
Il live-action, film uscito nel 2010, fu un buon prodotto, a mio avviso, e nonostante, per ovvie ragioni di tempo, si dovette tagliare molto, quel caratteristico ritmo pacato fu mantenuto (forse anche fin troppo "pacato", se proprio vogliamo trovargli un difetto). Ma il punto di forza di quella produzione fu l'ottima performance dei due attori principali, Haruma Miura e Mikako Tabe, perfettamente calati nella parte. Chi vide questo film difficilmente potrà dimenticare il sorriso del compianto Miura, e altrettanto difficilmente, non potrà non associarlo per sempre con quello del suo personaggio, Kazehaya.
Avendo alle spalle cotanto bagaglio, "Arrivare a te", del 2023, "non arriva a me". O perlomeno non arriva così tanto come fecero i suoi predecessori.
Eppure, fotografia e scenografia sono ottime, il commento musicale fa il suo dovere, e la sceneggiatura rispetta abbastanza bene la struttura narrativa dell'originale. È vero che si ha la sensazione che si vada un poco di fretta, soprattutto nelle prime puntate, ma io non l'ho trovato un difetto, anzi. Trovo che questa scelta sia stata ottimale al fine di non ritrovarci davanti ad un prodotto prolisso e ridondante e fotocopia delle opere precedenti. Il ritmo lento con l'anime aveva funzionato, col film pure, con questo live-action si rischiava di essere ripetitivi, e quindi di annoiare lo spettatore. Invece questa serie non annoia. Propone i vari archi narrativi in un susseguirsi di accadimenti ben cadenzati e ritmati, senza perdere troppo tempo.
E quindi? Cos'è che non ci torna durante la visione?
Assodato che il continuo paragone con le opere precedenti è stata una spada di Damocle per questa serie, il colpo di grazia gliel'ha data la gestione dei personaggi.
Innanzitutto, Ōji Suzuka, nella parte di Shōta Kazehaya, e Sara Minami, nella parte di Sawako Kuronuma, non sembrano troppo in simbiosi con i personaggi che interpretano, perciò si fatica ad empatizare subito con loro (e questo ci delude), sembrano entrare in scena in punta di piedi. Kazehaya, in certi frangenti, ci appare come un personaggio secondario, è troppo in sordina, non spicca. Sawako sembra più matura di quel che dovrebbe essere, e, soprattutto, troppo poco cupa. Tuttavia, nel proseguo degli episodi, si nota un miglioramento, forse perché gli attori, via via, prendono più confidenza con i propri personaggi e sono apparsi più disinvolti e calati nella loro parte.
I comprimari, invece, li ho trovati tutti azzeccati, da Pin, Ume, Toru, Kento, e le fedeli amiche Yano e Chizuru. Quest'ultima, direi, è stato il miglior personaggio interpretato: Riho Nakamura è stata perfetta nella parte di Chizu!
Quindi, protagonista di questa serie, non è la singola coppia, bensì l'amicizia, il legame splendido che cresce tra di loro. Infatti ho trovato molto buona la parte finale, in cui si visionano i migliori episodi, quelli che riguardano soprattutto i progetti futuri di tutti loro.
Concludendo, direi che ci troviamo di fronte ad un prodotto senza infamia e senza lode, che ha il merito ed il demerito di aver rimosso la caratteristica basilare dell'opera originale (ossia il ritmo placido e pacato che accompagna la lenta evoluzione del rapporto tra Sawako e Shōta), spostando l'attenzione su tutta la cerchia delle amicizie. Infatti, rispetto alla coppia principale, risultano più in rilievo i personaggi secondari, che in questa produzione, tanto "secondari" non lo sembrano affatto. Se il taglio orizzontale voluto dare a tutto il gruppo di amici ha cambiato la natura di quest'opera, al tempo stesso questa scelta è diventata il suo punto di forza.
Certamente il paragone con il manga, l'anime e il live-action precedente è inevitabile, e nei vari confronti, per certi versi, questa serie ne esce sconfitta. Presa a sé stante, invece, è un'opera godibile, dove la coralità è il suo miglior pregio.
Forse, per godere appieno di questa serie, la si dovrebbe guardare non avendo conoscenza dell'opera originale, o avendo un ricordo sbiadito di tutto ciò che la riguarda.
Per queste ragioni la consiglio ai fan delle opere precedenti solo se vi si approccia con occhio non troppo critico. Contrariamente, se non vi ritenete troppo elastici e il legame con il passato per voi è troppo forte, meglio lasciar perdere perché questa opera vi sembrerà diversa, forse un po' monca.
Tuttavia, per chi non si fosse approcciato a nessuna delle opere precedenti, la consiglio vivamente, anzi, forse ve la godrete meglio, senza pregiudizio. E vedere successivamente le altre opere che l'hanno preceduta, vi arricchirà e vi darà modo di apprezzare ancor di più tutte le produzioni correlate che ci sono sulla piazza.
E allora sì, che questo "Arrivare a te", arriverà bene anche a tutti voi.
Netflix ci sorprende e ci offre questa live-action di 12 episodi della durata di 30 minuti circa ciascuno, il cui annuncio emoziona tutti i fan del manga da cui è tratto, e della corrispettiva serie anime. Ragion per cui, le aspettative di tutti, me compresa, non potevano che spiccare il volo!
Niente di più dannoso. Quando si attende con desiderio qualcosa e si fa già una previsione sul risultato, si sa che è pericoloso poiché la delusione è, spesso e volentieri, dietro l'angolo.
"Arrivare a te" fa parte della categoria delle aspettative un poco disattese, e se ci aggiungiamo fatali paragoni con le opere di successo che l'hanno preceduta, ne esce, inevitabilmente, un quadro carente di qualcosa.
Sawako è una liceale timida ed introversa, e talmente impacciata e goffa nel rapporto con gli altri da assumere atteggiamenti e similitudini con la protagonista di un famoso film horror, "The Ring", facendola diventare oggetto di derisione o di distacco di molti suoi compagni di scuola. Ma l'incontro con Shōta, e le amiche Chizu e Ayane, piano piano le cambieranno la vita facendole trascorrere una spensierata ed emozionante adolescenza.
Del manga da cui è tratto ho letto poco, solo qualcosa qua e là in rete, giusto perché mi aveva incuriosito dopo la visione della serie anime. Quest'ultima, infatti, mi conquistò sin dalla prima puntata: personaggi ottimamente caratterizzati e una narrazione lenta e pacata, ma mai noiosa, adottata per sottolineare la graduale conquista di autostima e maturità della protagonista e del solido legame costruito con i suoi amici.
Il live-action, film uscito nel 2010, fu un buon prodotto, a mio avviso, e nonostante, per ovvie ragioni di tempo, si dovette tagliare molto, quel caratteristico ritmo pacato fu mantenuto (forse anche fin troppo "pacato", se proprio vogliamo trovargli un difetto). Ma il punto di forza di quella produzione fu l'ottima performance dei due attori principali, Haruma Miura e Mikako Tabe, perfettamente calati nella parte. Chi vide questo film difficilmente potrà dimenticare il sorriso del compianto Miura, e altrettanto difficilmente, non potrà non associarlo per sempre con quello del suo personaggio, Kazehaya.
Avendo alle spalle cotanto bagaglio, "Arrivare a te", del 2023, "non arriva a me". O perlomeno non arriva così tanto come fecero i suoi predecessori.
Eppure, fotografia e scenografia sono ottime, il commento musicale fa il suo dovere, e la sceneggiatura rispetta abbastanza bene la struttura narrativa dell'originale. È vero che si ha la sensazione che si vada un poco di fretta, soprattutto nelle prime puntate, ma io non l'ho trovato un difetto, anzi. Trovo che questa scelta sia stata ottimale al fine di non ritrovarci davanti ad un prodotto prolisso e ridondante e fotocopia delle opere precedenti. Il ritmo lento con l'anime aveva funzionato, col film pure, con questo live-action si rischiava di essere ripetitivi, e quindi di annoiare lo spettatore. Invece questa serie non annoia. Propone i vari archi narrativi in un susseguirsi di accadimenti ben cadenzati e ritmati, senza perdere troppo tempo.
E quindi? Cos'è che non ci torna durante la visione?
Assodato che il continuo paragone con le opere precedenti è stata una spada di Damocle per questa serie, il colpo di grazia gliel'ha data la gestione dei personaggi.
Innanzitutto, Ōji Suzuka, nella parte di Shōta Kazehaya, e Sara Minami, nella parte di Sawako Kuronuma, non sembrano troppo in simbiosi con i personaggi che interpretano, perciò si fatica ad empatizare subito con loro (e questo ci delude), sembrano entrare in scena in punta di piedi. Kazehaya, in certi frangenti, ci appare come un personaggio secondario, è troppo in sordina, non spicca. Sawako sembra più matura di quel che dovrebbe essere, e, soprattutto, troppo poco cupa. Tuttavia, nel proseguo degli episodi, si nota un miglioramento, forse perché gli attori, via via, prendono più confidenza con i propri personaggi e sono apparsi più disinvolti e calati nella loro parte.
I comprimari, invece, li ho trovati tutti azzeccati, da Pin, Ume, Toru, Kento, e le fedeli amiche Yano e Chizuru. Quest'ultima, direi, è stato il miglior personaggio interpretato: Riho Nakamura è stata perfetta nella parte di Chizu!
Quindi, protagonista di questa serie, non è la singola coppia, bensì l'amicizia, il legame splendido che cresce tra di loro. Infatti ho trovato molto buona la parte finale, in cui si visionano i migliori episodi, quelli che riguardano soprattutto i progetti futuri di tutti loro.
Concludendo, direi che ci troviamo di fronte ad un prodotto senza infamia e senza lode, che ha il merito ed il demerito di aver rimosso la caratteristica basilare dell'opera originale (ossia il ritmo placido e pacato che accompagna la lenta evoluzione del rapporto tra Sawako e Shōta), spostando l'attenzione su tutta la cerchia delle amicizie. Infatti, rispetto alla coppia principale, risultano più in rilievo i personaggi secondari, che in questa produzione, tanto "secondari" non lo sembrano affatto. Se il taglio orizzontale voluto dare a tutto il gruppo di amici ha cambiato la natura di quest'opera, al tempo stesso questa scelta è diventata il suo punto di forza.
Certamente il paragone con il manga, l'anime e il live-action precedente è inevitabile, e nei vari confronti, per certi versi, questa serie ne esce sconfitta. Presa a sé stante, invece, è un'opera godibile, dove la coralità è il suo miglior pregio.
Forse, per godere appieno di questa serie, la si dovrebbe guardare non avendo conoscenza dell'opera originale, o avendo un ricordo sbiadito di tutto ciò che la riguarda.
Per queste ragioni la consiglio ai fan delle opere precedenti solo se vi si approccia con occhio non troppo critico. Contrariamente, se non vi ritenete troppo elastici e il legame con il passato per voi è troppo forte, meglio lasciar perdere perché questa opera vi sembrerà diversa, forse un po' monca.
Tuttavia, per chi non si fosse approcciato a nessuna delle opere precedenti, la consiglio vivamente, anzi, forse ve la godrete meglio, senza pregiudizio. E vedere successivamente le altre opere che l'hanno preceduta, vi arricchirà e vi darà modo di apprezzare ancor di più tutte le produzioni correlate che ci sono sulla piazza.
E allora sì, che questo "Arrivare a te", arriverà bene anche a tutti voi.