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7.5/10
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Parlare di "Quartet", live action disponibile sulla piattaforma a pagamento Netflix, risulta difficile ma anche stranamente facile, questo per via della sua storia che risulta semplice nella sua idea di base ma anche intricata e misteriosa per quanto riguarda le emozioni che racconta.

Appena ci si approccia al primo episodio si resta affascianti dall’elegante maestria con cui il cast rapisce lo spettatore.
Con i suoi dialoghi sagaci, alcune volte divertenti altre volte volutamente ai limiti del comprensibile, Quartet si distingue dal solito drama “musicale”, questo perché si lascia “contaminare” da elementi mystery che non ci si aspetta da un prodotto che dovrebbe parlare di musica. Ma andiamo con ordine.

Quartet inizia con un incontro casuale - anche se lo spettatore sa già che in realtà non è proprio così - di quattro musicisti ultra trentenni con la passione per la musica. Insieme decidono di formare un quartetto di archi - primo e secondo violino, violoncello e viola - per poter finalmente vivere la loro passione come un lavoro vero e proprio e non solo come un sogno, oppure un hobby.
Ognuno, a modo suo, vive una vita che la società odierna definirebbe “misera” e solitaria, chi perché disoccupato, chi perché porta traumi o fardelli difficili da ammettere, ma è proprio grazie alla loro unione “semi casuale” che le cose sembrano a poco a poco cambiare e migliorare per tutti loro.

I nostri personaggi: Maki (interpretata da Takako Matsu), Beppu (interpretato da Ryūhei Matsuda), Iemori (interpretato da Issei Takahashi) e Suzume (interpretata da Hikari Mitsushima) riescono grazie ai loro interpreti a fare subito breccia nel cuore dello spettatore, anche se sappiamo che qualcuno di loro nasconde qualche segreto. Un cast di attori così ispirato, bravo e coeso è davvero una fortuna trovarlo, tutti loro si alternano e sostengono scena dopo scena - proprio come aggraziate note su un pentagramma - rendendo la visione di questo drama intrigante ed emotivamente appagante.
Queste quattro “note solitarie”, decidendo di andare a vivere insieme, riescono con estrema semplicità a interagire ed affezionarsi gli uni con le altre creando una sorta di “famiglia” che in un qualche modo mancava a ognuno di loro. Questa famiglia sarà una vera panacea per lenire e guarire le ferite più o meno profonde dei loro cuori, facendoli sentire meno soli e non più degli scarti della società.

In un’alternanza di scene che spaziano dalle più ironiche alle più intime, perfette per uno slice of life, vi troviamo però questa sorta di “elemento di intrusione” che minaccia la stabilità emotiva dei protagonisti: la scomparsa del marito di Maki.
Maki, la più tranquilla del quartetto almeno in apparenza, col suo segreto rischia di minare il fragile universo che si è venuto a creare tra i quattro musicisti, inducendo una sorta di atmosfera angosciante ma che stranamente non risulta mai pericolosa. Infatti tale mistero è visto dai suoi tre coinquilini, ma anche dallo spettatore, non come una cosa negativa ma più come mezzo per comprendere e capire meglio chi sia Maki e il perché risulti così affabile ma anche molto distaccata.
Se da un punto di vista recitativo non si possono che tessere lodi ai quattro attori protagonisti, dal lato della scrittura si notano delle piccole crepe come: l’avvicendarsi di alcune situazioni inverosimili e al limite del surreale oppure il concentrarsi molto sulle vicende delle due figure femminili, che ad un certo punto sembrano quasi mettere in ombra i due protagonisti maschili, tendendo a smorzare di molto il ritmo della storia. Lo spettatore, infatti, si ritroverà, a volte a chiedersi del perché di tali scelte di scrittura oppure se una determinata svolta nella trama era davvero necessaria.

Se come detto il punto di forza di "Quartet" è la caratterizzazione dei suoi personaggi che sono ben delineati e sfaccettati, anche il lato tecnico non è da meno.
La regia di Nobuhiro Doi risulta chiara e precisa, assistita da un montaggio “pacato” ma non per questo noioso. La fotografia, come la scenografia, risultano anch’esse molto interessanti preferendo utilizzare colori freddi per gli esterni, quasi a sottolineare un certo disinteresse della società verso i protagonisti, a una fotografia più calda ed accogliente per gli interni. Questo si nota soprattutto nella casa dove vanno ad abitare che infonde ancora di più quella sensazione di calore familiare, riescono con dei semplici cambi di inquadratura a far comprendere già una sorta di cambiamento emotivo che accompagna, non solo gli attori, ma anche lo spettatore.
Persino la scelta dei costumi riesce ad aiutare lo spettatore a comprendere meglio la psiche dei quattro protagonisti. Notiamo infatti che Beppu tende ad essere sempre “perfettino” nei suoi outfit, Suzume tende a nascondersi sotto strati e strati di abiti ampi, caldi e confortevoli, mentre Iemori tende a vestirsi da eterno giovane, quasi come se servisse a ricordargli tempi migliori ormai passati.
La musica in Quartet risulta essere il quinto elemento del gruppo di protagonisti, essa spazia dalle grandi opere di musica classica a brani dal sapore più contemporaneo ma che hanno come tema centrale l’eleganza.

Quartet risulta essere un live action ben confezionato, interessante, coinvolgente e che grazie alla sua componente mystery non appare per nulla scontato.
I personaggi, tutti ben definiti e magistralmente interpretati da un cast di veri fuoriclasse, riescono grazie al loro magnetismo a creare una forte empatia col pubblico ma, purtroppo, non sempre riescono a compensare i difetti di scrittura presenti nella trama che potrebbe lasciare un po’ di amaro in bocca allo spettatore.