Recensione
Perfect Blue
10.0/10
Recensione di Nicola Scarfaldi Cancello
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Da procrastinatore seriale quale sono, erano almeno due anni che mi dicevo di voler recuperare "Perfect Blue", ma motivazioni più o meno legittime mi hanno portato, appunto, a procrastinare.
Alla fine, è "Perfect Blue" ad essere venuto da me, apparendo per tre giorni nelle sale della mia zona - e sarò anche pigro, ma non così tanto da non supportare iniziative del genere.
Cosa dire di questo film che probabilmente non sia già stato detto da altri?
Io lo ritengo semplicemente il miglior risultato possibile per raccontare e rappresentare i messaggi e le sensazioni che voleva veicolare: l'opera prima di Satoshi Kon è un thriller psicologico che parla della società giapponese e della figura delle idol in quella società, ma va anche oltre, parlando del rapporto tra l'io di una celebrità e la maschera pubblica che il mondo dello spettacolo, e la percezione dei suoi fan, le ha creato. Questo dialogo artistico si sviluppa non tanto per le strade più comuni in questo tipo di opere, ovvero quelle riguardanti l'ossessione di un individuo per una celebrità e l'immagine idealizzata che ha di essa, o la falsità di tale immagine artificiale; segue invece un percorso più intimo, più interno al mondo psicologo di Mima, la protagonista, e alla progressiva dissociazione causata dal non sapersi più riconoscere tra l'immagine del suo passato, quella idealizzata di idol amata dai suoi fan, e quella reale, di persona che ha scelto una nuova carriera e un nuovo percorso di vita, diverso e pieno di asperità e cambiamenti. Una dissociazione alimentata dal fatto che i suoi fan, tramite un blog online, sembrano conoscere ogni singolo aspetto della sua vita e, pur interpretandoli in una maniera diversa e idealizzata, la portano a chiedere quale delle due sia la Mima "vera".
Tale dissociazione è rappresentata con una pulizia e una linearità tale, pur nelle sue convolute diramazioni di sogni, suggestioni e allucinazioni, che non sorprende abbia fatto scuola per molti registi ben noti in tutto il mondo. Non è mai facile il racconto della realtà che si confonde con l'immaginazione, poiché deve disorientare senza far perdere, e deve illudere senza prendere in giro lo spettatore: non è un caso se trovate narrative come "era tutto un sogno del protagonista" sono spesso ritenute infami, perché è fin troppo facile essere pretenziosi per poi crollare nella bieca meschinità, vuoi involontariamente per impreparazione, vuoi volontariamente per occultare le proprie mancanze.
"Perfect Blue" non è questo, ma è esattamente quello che ho detto in precedenza: il miglior risultato possibile. Quando si ha la sensazione di aver capito il film come evolverà, si viene prontamente sorpresi e indirizzati verso un'altra direzione, che non sappiamo a quel punto se essere quella corretta o meno, sino alla fine; eppure, a visione finita, tutto riesce a quadrare, e ci si sorprende di un'opera che ha mantenuto questa coerenza senza perdersi neanche per un istante.
Come posso concludere questa recensione se non invitandovi a guardarlo?
Perché sì, in tanti hanno parlato di "Perfect Blue", e in tanti altri ne parleranno sicuramente, ma tali parole sarebbero vuote, se non disorientanti, se voi per primi non vi gettate in questa esperienza. Solo coloro che hanno l'ardire di comprendere la materia della realtà possono contemplare quale opera magnificente sia l'universo, e questa cosa vale anche per l'arte e per la conoscenza tutta.
Auf wiedersehen!
Alla fine, è "Perfect Blue" ad essere venuto da me, apparendo per tre giorni nelle sale della mia zona - e sarò anche pigro, ma non così tanto da non supportare iniziative del genere.
Cosa dire di questo film che probabilmente non sia già stato detto da altri?
Io lo ritengo semplicemente il miglior risultato possibile per raccontare e rappresentare i messaggi e le sensazioni che voleva veicolare: l'opera prima di Satoshi Kon è un thriller psicologico che parla della società giapponese e della figura delle idol in quella società, ma va anche oltre, parlando del rapporto tra l'io di una celebrità e la maschera pubblica che il mondo dello spettacolo, e la percezione dei suoi fan, le ha creato. Questo dialogo artistico si sviluppa non tanto per le strade più comuni in questo tipo di opere, ovvero quelle riguardanti l'ossessione di un individuo per una celebrità e l'immagine idealizzata che ha di essa, o la falsità di tale immagine artificiale; segue invece un percorso più intimo, più interno al mondo psicologo di Mima, la protagonista, e alla progressiva dissociazione causata dal non sapersi più riconoscere tra l'immagine del suo passato, quella idealizzata di idol amata dai suoi fan, e quella reale, di persona che ha scelto una nuova carriera e un nuovo percorso di vita, diverso e pieno di asperità e cambiamenti. Una dissociazione alimentata dal fatto che i suoi fan, tramite un blog online, sembrano conoscere ogni singolo aspetto della sua vita e, pur interpretandoli in una maniera diversa e idealizzata, la portano a chiedere quale delle due sia la Mima "vera".
Tale dissociazione è rappresentata con una pulizia e una linearità tale, pur nelle sue convolute diramazioni di sogni, suggestioni e allucinazioni, che non sorprende abbia fatto scuola per molti registi ben noti in tutto il mondo. Non è mai facile il racconto della realtà che si confonde con l'immaginazione, poiché deve disorientare senza far perdere, e deve illudere senza prendere in giro lo spettatore: non è un caso se trovate narrative come "era tutto un sogno del protagonista" sono spesso ritenute infami, perché è fin troppo facile essere pretenziosi per poi crollare nella bieca meschinità, vuoi involontariamente per impreparazione, vuoi volontariamente per occultare le proprie mancanze.
"Perfect Blue" non è questo, ma è esattamente quello che ho detto in precedenza: il miglior risultato possibile. Quando si ha la sensazione di aver capito il film come evolverà, si viene prontamente sorpresi e indirizzati verso un'altra direzione, che non sappiamo a quel punto se essere quella corretta o meno, sino alla fine; eppure, a visione finita, tutto riesce a quadrare, e ci si sorprende di un'opera che ha mantenuto questa coerenza senza perdersi neanche per un istante.
Come posso concludere questa recensione se non invitandovi a guardarlo?
Perché sì, in tanti hanno parlato di "Perfect Blue", e in tanti altri ne parleranno sicuramente, ma tali parole sarebbero vuote, se non disorientanti, se voi per primi non vi gettate in questa esperienza. Solo coloro che hanno l'ardire di comprendere la materia della realtà possono contemplare quale opera magnificente sia l'universo, e questa cosa vale anche per l'arte e per la conoscenza tutta.
Auf wiedersehen!