Recensione
Neon Genesis Evangelion
8.0/10
Recensione di Nicola Scarfaldi Cancello
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Attenzione: la recensione contiene spoiler
Ricordo ancora quando scrissi la recensione di "Nadia - Il mistero della pietra azzurra", il 15 ottobre dell'anno scorso. Un testo che, per la sola colpa di contenere due - ma proprio due di numero - critiche all'opera, mi ha reso spettatore di commenti molto gentili nei miei confronti, tra chi mi ha consigliato un TSO, a chi ha messo in dubbio la mia intelligenza in modi molto meno carini.
Quindi, constatando che il gatekeeping a quanto pare esiste, e che non nutrissi già al tempo chissà quale simpatia per Hideaki Anno, vi lascio immaginare quanta voglia avessi di recuperare "Neon Genesis Evangelion". Soprattutto, dovendo considerare come l'Evangelion "fenomenico" sia, con il senno di poi, stato una sciagura per le community.
Nessun opera come "Neon Genesis Evangelion" ha creato tanti proseliti che, mai maturati dalla loro fanciullezza, si avventurano in ardite e complesse elucubrazioni mentali sui simbolismi e su chissà quale tematica, per ricoprire un ruolo da intellettuali che non gli spetta, sia in prospettiva della sostanza di un'opera come "Neon Genesis Evangelion", sia in prospettiva del fatto che tale ruolo fa riferimento a una visione del dialogo sull'arte vetusta, che gli studiosi stessi cercano di superare proponendo più sistemi con più orientamenti e modalità analitiche diverse.
Inoltre, non vorrei dire, ma "Neon Genesis Evangelion" ha segnato l'inizio della carriera del Cannarsi e ha profondamente influenzato il modo di parlare di Sabaku no Maiku.
Se non è una sciagura questa!
Bene, signori miei, dovreste vergognarvi.
Perché se, a differenza di Shinji nell'opera, non avessi imparato da tempo ad autodeterminarmi e pensare con la mia testa, mi avreste allontanato da un'opera che ho trovato bellissima.
Ma non proprio per i motivi di cui si racconta in giro.
Iniziamo.
Opera seriale iniziata nel 1995, credo siano davvero in pochi a non sapere di cosa effettivamente parli "Neon Genesis Evangelion".
Ci troviamo in un mondo radicalmente cambiato dal Second Impact, un grande botto (termine tecnico-specialistico) che ha sciolto i ghiacci polari e causato altri problemi, tra innalzamento delle acque e cambi climatici. Inoltre, strane creature chiamate Angeli stanno tornando e attaccando l'umanità, e l'unico modo per combatterle è tramite gli Eva, giganteschi mech (non fate gli snob dicendo che non sono robottoni, vi rendete ridicoli) che possono essere guidati solo da giovani piloti.
In tutto questo, si segue la storia dal punto di vista di Shinji Ikari, avventurandoci con lui nella lotta sia contro gli Angeli, che contro i suoi dubbi e le sue insicurezze.
Bene, ora inizierò a fare anche spoiler.
Partiamo da una premessa che sicuramente non farà innervosire nessuno.
"Neon Genesis Evangelion" è effettivamente un'opera matura, ma non è un'opera profonda.
Non è profonda nella misura in cui, al netto di interpretazioni personali, tutte le tematiche di cui vuole parlare sono esplicitate abbastanza chiaramente, se non in modo didascalico, e tutti i presunti simbolismi e riferimenti culturali, con cui i fanatici si sperticano in deliranti sovraletture, sono quasi tutti limitati al primo livello di interpretazione.
Prima di tutto, i riferimenti religiosi sono, a parte i più banali, tutti piuttosto a caso. Hideaki Anno stesso ha detto, parafrasando, che li ha usati per dare nomi 'fighi' alle cose, e si vede abbastanza. A partire dagli Angeli, che prendono nomi un po' dal cristianesimo, un po' dall'ebraismo e un po' dall'Islam, e che, se dovessimo credere a quell'orribile bizantinismo di "Apostoli con il nome di Angeli", sarebbero pure del numero sbagliato, siccome sono tredici, mentre gli apostoli sono dodici (e Gesù non era un apostolo di sé stesso. Proprio no).
Detto questo, ci tengo a soffermarmi su questo bizantinismo, perché ho assistito alla nascita di tendenze reazionare e celebrative del lavoro di Cannarsi, eventi francamente disgustosi per tutti coloro che, come me, conoscono e hanno studiato, anche solo in parte, i principi della traduzione e dell'adattamento.
Prima di tutto, cosa più evidente, tradurre "Apostolo" contraddice tutti gli schermi della NERV, dove è presente solo e unicamente il termine "ANGEL". Secondo, se ci fosse davvero un motivo valido per non fare questo adattamento, quale sarebbe? Esistono per caso creature chiamate Apostoli ma che non hanno nomi di angeli? Se esistono, quali sono? Gli Eva? I Lilim? I gatti?
La verità è che Hideaki Anno stesso ha detto di essersi sentito libero di equiparare angeli e apostoli, perché "tanto non è cristiano", e che è semplicemente stupido fare una traduzione letterale fuorviante per la teorica esistenza di creature altre che mai vengono nominate, e mai verranno nominate o appariranno in tutto il franchise multimediale di "Neon Genesis Evangelion", se non al massimo in quella che era la prima idea di "Neon Genesis Evangelion".
Inoltre, ci tengo a dire che, in giapponese, "tenshi" (angelo) è un kanji abbastanza comune, mentre "shito" (apostolo) è più raro, poiché legato solo al cristianesimo, che non è una religione di maggioranza in Giappone.
Quindi, c'è la viva possibilità che Anno l'abbia scelto solo e unicamente per fare uso di un termine più ricercato.
Il fatto che l'opera non vada oltre il primo livello di lettura di certi elementi è vero anche per tutti gli altri riferimenti culturali.
Infatti, spesso non c'è una vera e propria rilettura di altre opere o elementi, ma ci si sofferma alla definizione da manuali di esse. Ad esempio, il primo monologo interiore di Rei Ayanami si rifà a "Uno, nessuno e centomila" in un modo così didascalico da renderlo un po' noioso, se conoscete anche l'opera di riferimento, perché è davvero la lettura più ovvia e immediata di quell'opera.
In un altro episodio, Misato parlerà del dilemma del porcospino, e vi basterà sapere letteralmente la definizione di Wikipedia per capire l'unica chiave di lettura che ne viene data.
Poi, che altro? Viene citata la "camera di Guf"? Vi basterà sapere che è il luogo dove risiede l'anima nel misticismo ebraico, e basta. Lo stesso vale per le geometrie non euclidee, per altri teoremi e studi sociali, e per buona parte delle 'tecnobubbole' usate (che spesso, anzi, possono essere totalmente ignorate, perché servono solo a dare conteso.)
Non c'è virtualmente alcun materiale narrato per trovare più livelli di lettura, almeno che non si voglia scadere nelle sopracitate sovraletture.
E, in realtà, questa apparente piattezza non è totalmente un problema.
Perché "Neon Genesis Evangelion" è un'opera per ragazzi, scritta con la grammatica di un'opera per ragazzi, ed è inutile dire che non sia così.
Se da un lato tutti questi riferimenti culturali, gestiti in questo modo, possono ostacolare un po' la comprensione di una persona giovane che non li possiede, e magari dare anche l'impressione di essere parte di un'opera supponente, soprattutto se uniti alla tendenza di Hideaki Anno di non far dire esplicitamente ai personaggi di cosa stanno effettivamente parlando, per farlo capire nell'episodio successivo; d'altro canto, tutto ciò contribuisce sia a dare una sensazione di opera matura e capace di instillare curiosità nello spettatore, sia a creare un universo narrativo e un immaginario ben riconoscibile.
Ma sul comparto squisitamente tecnico mi ci soffermerò più avanti, come sempre.
Ciò che "Neon Genesis Evangelion" vuole, e riesce, a trattare bene è, assieme alla depressione, l'autodeterminazione.
Questo diventa sempre più evidente nel graduale cambio di mood dell'opera - all'inizio quasi del tutto un anime sui mecha classico, pur se con qualche indizio per svolte di trama future -, per poi venire detto esplicitamente all'inizio del penultimo episodio. Shinji è un ragazzino insicuro, che obbedisce a ciò che gli viene ordinato per ottenere consensi, specialmente dal padre, credendo di rendere felici gli altri, ma in realtà facendolo inconsciamente per rendere felice sé stesso. Facendo così, si rende però solo artefice di azioni che lo fanno solo soffrire, perché non ha scelto lui attivamente di farle, e gli si ritorcono contro.
Il rapporto con Kaworu ne è la dimostrazione. Questo ragazzo diventa subito un'oasi felice per lui (rubo la metafora di un mio amico), un qualcuno per cui istintivamente prova qualcosa di diverso, e con cui si sente subito capace di aprirsi come mai ha fatto prima d'ora; e Kaworu è pronto ad ascoltarlo, ed è l'unico che gli dirà "Ti amo".
Quindi, quando verrà rivelata la sua vera natura e Shinji si troverà costretto ad ucciderlo, verrà distrutto dal tormento di aver fatto l'ennesima cosa solo perché ordinata, perché "è ciò che mi dicono di fare", e tale fardello diventerà estremo sotto il peso di quanto aveva già fatto.
Tutti i personaggi seguono questo motivo ricorrente: tra chi, come Misato, cerca di emanciparsi dalla figura del padre morto, ma finisce per ricadervi tra le braccia; a chi, come Rei, cerca di trovare una vera e propria forma in un'esistenza che è letteralmente artificiale.
"Neon Genesis Evangelion" parla di questo, "solo" di questo.
Qualsiasi tentativo di vedervi di più è, a mio modo di vedere, offensivo verso la volontà creativa di Hideaki Anno.
Si sente che alcune scene sono molto sentite dal suo autore. La naturalezza e la plausibilità con cui, nell'episodio 4, viene descritta la depressione e il senso di estraniamento di Shinji sono, quasi sicuramente, originate da una persona che quei momenti li ha vissuti per davvero. Così come è sentito questo bisogno di trovare una dimensione propria, di avere una vera e propria volontà di potenza sulla vita che viviamo, pur non dovendo imporci sugli altri.
Per quanto non apprezzi alcune modalità del suo racconto, e non ne approvi altre, rispetto la volontà di voler raccontare tutto ciò, e ritengo che tutti dovrebbero rispettarla: sia i fanatici che idealizzano oltremodo, sia coloro che riescono a banalizzare ulteriormente un'opera che, al di là di tutto, non è in realtà così complicata.
Il comparto puramente tecnico è di altissimo livello (quanto da recensore videoludico questa frase. Bleargh!)
Si distingue, non solo per un'estetica generale capace di diventare, ed effettivamente divenuta, iconica - tra character design di protagonisti e nemici, e ambientazioni che sono interessanti sia da osservare che da veder esplorate -, ma anche per una regia che non smette mai di fare al meglio il suo lavoro.
Per quanto si noti che nella seconda parte, specialmente gli ultimi episodi, ci siano stati dei problemi produttivi (o almeno, credo sia ciò che è successo. Questo perché, ogni volta che mi informo sulle produzioni Gainax, sento dire dalle persone sempre tutto e il contrario di tutto, e pare sempre che, secondo taluni, io debba dare per scontato che ci lavorassero dei mentecatti che, a priori, decidano di lavorare male da un certo punto in poi), essa riesce comunque a mantenere un certo grado di "autorialità", e a sfruttare tali limiti con una certa intraprendenza.
I mezzi utilizzati sono vari: flash, scritte a schermo, scene riciclate con nuove battute sopra e, nell'ultimo episodio, anche immagini di repertorio e bozzetti più o meno animati.
A differenza quindi di "Nadia - Il mistero della pietra azzurra", dove si percepiva un evidente collasso tecnico nell'arco delle isole, qui ogni cosa è stata camuffata al meglio.
L'unica mezza eccezione a ciò è il terzultimo episodio, dedicato al sopracitato Kaworu.
Per quanto a livello tecnico sia ottimo, a livello di scrittura è stato inevitabilmente accelerato.
Kaworu appare in scena, sviluppa tutti i rapporti che deve sviluppare, rivela tutto su sé stesso e muore nell'arco di un singolo episodio, quindi meno di ventisei minuti. Questa cosa inevitabilmente stride sul trasporto emotivo di una svolta narrativa piuttosto importante, ed è un gran peccato.
Tuttavia, è anche inutile piangere sul latte versato, no?
Voglio concludere con un invito, come ho fatto già altre volte.
Invito i nuovi possibili fruitori di "Neon Genesis Evangelion" a dare una possibilità alla serie originale ignorandone i proseliti, che la sovraccaricano di significati che non ha; e invito tali proseliti ad emanciparsi dal peso di "Neon Genesis Evangelion". Che lo facciate per moda, o perché l'avete vissuta all'epoca su MTV, smettetela con questa idolatria.
"Neon Genesis Evangelion" non è l'opera migliore del mondo, e quasi sicuramente non è l'opera preferita di nove persone su dieci di voi, ma solo quella che vi è stato detto di apprezzare. Resta però un'opera ottima, e soprattutto un'opera che parla, come ho detto, di autodeterminazione.
Questa invereconda idealizzazione è un insulto a tutto ciò che è l'arte, il dialogo sull'arte, e il messaggio che "Neon Genesis Evangelion" voleva mandare.
Perché un'opera sull'autodeterminazione non meritava di creare un impero di fedeli, e non meritava di essere ricordata per le waifu, il merchandise e le 'supercazzole'.
Voi, che dite di amarla, la odiate molto più di chi dice di non apprezzarla, poiché voi mancate del rispetto che essi dedicano all'analizzare quest'opera.
Ed è su tale concetto che vi invito a riflettere.
Auf wiedersehen!
P.S. C'è solo una cover di "Fly Me to The Moon" bella quanto l'originale, ed è quella di Bayonetta.
Ricordo ancora quando scrissi la recensione di "Nadia - Il mistero della pietra azzurra", il 15 ottobre dell'anno scorso. Un testo che, per la sola colpa di contenere due - ma proprio due di numero - critiche all'opera, mi ha reso spettatore di commenti molto gentili nei miei confronti, tra chi mi ha consigliato un TSO, a chi ha messo in dubbio la mia intelligenza in modi molto meno carini.
Quindi, constatando che il gatekeeping a quanto pare esiste, e che non nutrissi già al tempo chissà quale simpatia per Hideaki Anno, vi lascio immaginare quanta voglia avessi di recuperare "Neon Genesis Evangelion". Soprattutto, dovendo considerare come l'Evangelion "fenomenico" sia, con il senno di poi, stato una sciagura per le community.
Nessun opera come "Neon Genesis Evangelion" ha creato tanti proseliti che, mai maturati dalla loro fanciullezza, si avventurano in ardite e complesse elucubrazioni mentali sui simbolismi e su chissà quale tematica, per ricoprire un ruolo da intellettuali che non gli spetta, sia in prospettiva della sostanza di un'opera come "Neon Genesis Evangelion", sia in prospettiva del fatto che tale ruolo fa riferimento a una visione del dialogo sull'arte vetusta, che gli studiosi stessi cercano di superare proponendo più sistemi con più orientamenti e modalità analitiche diverse.
Inoltre, non vorrei dire, ma "Neon Genesis Evangelion" ha segnato l'inizio della carriera del Cannarsi e ha profondamente influenzato il modo di parlare di Sabaku no Maiku.
Se non è una sciagura questa!
Bene, signori miei, dovreste vergognarvi.
Perché se, a differenza di Shinji nell'opera, non avessi imparato da tempo ad autodeterminarmi e pensare con la mia testa, mi avreste allontanato da un'opera che ho trovato bellissima.
Ma non proprio per i motivi di cui si racconta in giro.
Iniziamo.
Opera seriale iniziata nel 1995, credo siano davvero in pochi a non sapere di cosa effettivamente parli "Neon Genesis Evangelion".
Ci troviamo in un mondo radicalmente cambiato dal Second Impact, un grande botto (termine tecnico-specialistico) che ha sciolto i ghiacci polari e causato altri problemi, tra innalzamento delle acque e cambi climatici. Inoltre, strane creature chiamate Angeli stanno tornando e attaccando l'umanità, e l'unico modo per combatterle è tramite gli Eva, giganteschi mech (non fate gli snob dicendo che non sono robottoni, vi rendete ridicoli) che possono essere guidati solo da giovani piloti.
In tutto questo, si segue la storia dal punto di vista di Shinji Ikari, avventurandoci con lui nella lotta sia contro gli Angeli, che contro i suoi dubbi e le sue insicurezze.
Bene, ora inizierò a fare anche spoiler.
Partiamo da una premessa che sicuramente non farà innervosire nessuno.
"Neon Genesis Evangelion" è effettivamente un'opera matura, ma non è un'opera profonda.
Non è profonda nella misura in cui, al netto di interpretazioni personali, tutte le tematiche di cui vuole parlare sono esplicitate abbastanza chiaramente, se non in modo didascalico, e tutti i presunti simbolismi e riferimenti culturali, con cui i fanatici si sperticano in deliranti sovraletture, sono quasi tutti limitati al primo livello di interpretazione.
Prima di tutto, i riferimenti religiosi sono, a parte i più banali, tutti piuttosto a caso. Hideaki Anno stesso ha detto, parafrasando, che li ha usati per dare nomi 'fighi' alle cose, e si vede abbastanza. A partire dagli Angeli, che prendono nomi un po' dal cristianesimo, un po' dall'ebraismo e un po' dall'Islam, e che, se dovessimo credere a quell'orribile bizantinismo di "Apostoli con il nome di Angeli", sarebbero pure del numero sbagliato, siccome sono tredici, mentre gli apostoli sono dodici (e Gesù non era un apostolo di sé stesso. Proprio no).
Detto questo, ci tengo a soffermarmi su questo bizantinismo, perché ho assistito alla nascita di tendenze reazionare e celebrative del lavoro di Cannarsi, eventi francamente disgustosi per tutti coloro che, come me, conoscono e hanno studiato, anche solo in parte, i principi della traduzione e dell'adattamento.
Prima di tutto, cosa più evidente, tradurre "Apostolo" contraddice tutti gli schermi della NERV, dove è presente solo e unicamente il termine "ANGEL". Secondo, se ci fosse davvero un motivo valido per non fare questo adattamento, quale sarebbe? Esistono per caso creature chiamate Apostoli ma che non hanno nomi di angeli? Se esistono, quali sono? Gli Eva? I Lilim? I gatti?
La verità è che Hideaki Anno stesso ha detto di essersi sentito libero di equiparare angeli e apostoli, perché "tanto non è cristiano", e che è semplicemente stupido fare una traduzione letterale fuorviante per la teorica esistenza di creature altre che mai vengono nominate, e mai verranno nominate o appariranno in tutto il franchise multimediale di "Neon Genesis Evangelion", se non al massimo in quella che era la prima idea di "Neon Genesis Evangelion".
Inoltre, ci tengo a dire che, in giapponese, "tenshi" (angelo) è un kanji abbastanza comune, mentre "shito" (apostolo) è più raro, poiché legato solo al cristianesimo, che non è una religione di maggioranza in Giappone.
Quindi, c'è la viva possibilità che Anno l'abbia scelto solo e unicamente per fare uso di un termine più ricercato.
Il fatto che l'opera non vada oltre il primo livello di lettura di certi elementi è vero anche per tutti gli altri riferimenti culturali.
Infatti, spesso non c'è una vera e propria rilettura di altre opere o elementi, ma ci si sofferma alla definizione da manuali di esse. Ad esempio, il primo monologo interiore di Rei Ayanami si rifà a "Uno, nessuno e centomila" in un modo così didascalico da renderlo un po' noioso, se conoscete anche l'opera di riferimento, perché è davvero la lettura più ovvia e immediata di quell'opera.
In un altro episodio, Misato parlerà del dilemma del porcospino, e vi basterà sapere letteralmente la definizione di Wikipedia per capire l'unica chiave di lettura che ne viene data.
Poi, che altro? Viene citata la "camera di Guf"? Vi basterà sapere che è il luogo dove risiede l'anima nel misticismo ebraico, e basta. Lo stesso vale per le geometrie non euclidee, per altri teoremi e studi sociali, e per buona parte delle 'tecnobubbole' usate (che spesso, anzi, possono essere totalmente ignorate, perché servono solo a dare conteso.)
Non c'è virtualmente alcun materiale narrato per trovare più livelli di lettura, almeno che non si voglia scadere nelle sopracitate sovraletture.
E, in realtà, questa apparente piattezza non è totalmente un problema.
Perché "Neon Genesis Evangelion" è un'opera per ragazzi, scritta con la grammatica di un'opera per ragazzi, ed è inutile dire che non sia così.
Se da un lato tutti questi riferimenti culturali, gestiti in questo modo, possono ostacolare un po' la comprensione di una persona giovane che non li possiede, e magari dare anche l'impressione di essere parte di un'opera supponente, soprattutto se uniti alla tendenza di Hideaki Anno di non far dire esplicitamente ai personaggi di cosa stanno effettivamente parlando, per farlo capire nell'episodio successivo; d'altro canto, tutto ciò contribuisce sia a dare una sensazione di opera matura e capace di instillare curiosità nello spettatore, sia a creare un universo narrativo e un immaginario ben riconoscibile.
Ma sul comparto squisitamente tecnico mi ci soffermerò più avanti, come sempre.
Ciò che "Neon Genesis Evangelion" vuole, e riesce, a trattare bene è, assieme alla depressione, l'autodeterminazione.
Questo diventa sempre più evidente nel graduale cambio di mood dell'opera - all'inizio quasi del tutto un anime sui mecha classico, pur se con qualche indizio per svolte di trama future -, per poi venire detto esplicitamente all'inizio del penultimo episodio. Shinji è un ragazzino insicuro, che obbedisce a ciò che gli viene ordinato per ottenere consensi, specialmente dal padre, credendo di rendere felici gli altri, ma in realtà facendolo inconsciamente per rendere felice sé stesso. Facendo così, si rende però solo artefice di azioni che lo fanno solo soffrire, perché non ha scelto lui attivamente di farle, e gli si ritorcono contro.
Il rapporto con Kaworu ne è la dimostrazione. Questo ragazzo diventa subito un'oasi felice per lui (rubo la metafora di un mio amico), un qualcuno per cui istintivamente prova qualcosa di diverso, e con cui si sente subito capace di aprirsi come mai ha fatto prima d'ora; e Kaworu è pronto ad ascoltarlo, ed è l'unico che gli dirà "Ti amo".
Quindi, quando verrà rivelata la sua vera natura e Shinji si troverà costretto ad ucciderlo, verrà distrutto dal tormento di aver fatto l'ennesima cosa solo perché ordinata, perché "è ciò che mi dicono di fare", e tale fardello diventerà estremo sotto il peso di quanto aveva già fatto.
Tutti i personaggi seguono questo motivo ricorrente: tra chi, come Misato, cerca di emanciparsi dalla figura del padre morto, ma finisce per ricadervi tra le braccia; a chi, come Rei, cerca di trovare una vera e propria forma in un'esistenza che è letteralmente artificiale.
"Neon Genesis Evangelion" parla di questo, "solo" di questo.
Qualsiasi tentativo di vedervi di più è, a mio modo di vedere, offensivo verso la volontà creativa di Hideaki Anno.
Si sente che alcune scene sono molto sentite dal suo autore. La naturalezza e la plausibilità con cui, nell'episodio 4, viene descritta la depressione e il senso di estraniamento di Shinji sono, quasi sicuramente, originate da una persona che quei momenti li ha vissuti per davvero. Così come è sentito questo bisogno di trovare una dimensione propria, di avere una vera e propria volontà di potenza sulla vita che viviamo, pur non dovendo imporci sugli altri.
Per quanto non apprezzi alcune modalità del suo racconto, e non ne approvi altre, rispetto la volontà di voler raccontare tutto ciò, e ritengo che tutti dovrebbero rispettarla: sia i fanatici che idealizzano oltremodo, sia coloro che riescono a banalizzare ulteriormente un'opera che, al di là di tutto, non è in realtà così complicata.
Il comparto puramente tecnico è di altissimo livello (quanto da recensore videoludico questa frase. Bleargh!)
Si distingue, non solo per un'estetica generale capace di diventare, ed effettivamente divenuta, iconica - tra character design di protagonisti e nemici, e ambientazioni che sono interessanti sia da osservare che da veder esplorate -, ma anche per una regia che non smette mai di fare al meglio il suo lavoro.
Per quanto si noti che nella seconda parte, specialmente gli ultimi episodi, ci siano stati dei problemi produttivi (o almeno, credo sia ciò che è successo. Questo perché, ogni volta che mi informo sulle produzioni Gainax, sento dire dalle persone sempre tutto e il contrario di tutto, e pare sempre che, secondo taluni, io debba dare per scontato che ci lavorassero dei mentecatti che, a priori, decidano di lavorare male da un certo punto in poi), essa riesce comunque a mantenere un certo grado di "autorialità", e a sfruttare tali limiti con una certa intraprendenza.
I mezzi utilizzati sono vari: flash, scritte a schermo, scene riciclate con nuove battute sopra e, nell'ultimo episodio, anche immagini di repertorio e bozzetti più o meno animati.
A differenza quindi di "Nadia - Il mistero della pietra azzurra", dove si percepiva un evidente collasso tecnico nell'arco delle isole, qui ogni cosa è stata camuffata al meglio.
L'unica mezza eccezione a ciò è il terzultimo episodio, dedicato al sopracitato Kaworu.
Per quanto a livello tecnico sia ottimo, a livello di scrittura è stato inevitabilmente accelerato.
Kaworu appare in scena, sviluppa tutti i rapporti che deve sviluppare, rivela tutto su sé stesso e muore nell'arco di un singolo episodio, quindi meno di ventisei minuti. Questa cosa inevitabilmente stride sul trasporto emotivo di una svolta narrativa piuttosto importante, ed è un gran peccato.
Tuttavia, è anche inutile piangere sul latte versato, no?
Voglio concludere con un invito, come ho fatto già altre volte.
Invito i nuovi possibili fruitori di "Neon Genesis Evangelion" a dare una possibilità alla serie originale ignorandone i proseliti, che la sovraccaricano di significati che non ha; e invito tali proseliti ad emanciparsi dal peso di "Neon Genesis Evangelion". Che lo facciate per moda, o perché l'avete vissuta all'epoca su MTV, smettetela con questa idolatria.
"Neon Genesis Evangelion" non è l'opera migliore del mondo, e quasi sicuramente non è l'opera preferita di nove persone su dieci di voi, ma solo quella che vi è stato detto di apprezzare. Resta però un'opera ottima, e soprattutto un'opera che parla, come ho detto, di autodeterminazione.
Questa invereconda idealizzazione è un insulto a tutto ciò che è l'arte, il dialogo sull'arte, e il messaggio che "Neon Genesis Evangelion" voleva mandare.
Perché un'opera sull'autodeterminazione non meritava di creare un impero di fedeli, e non meritava di essere ricordata per le waifu, il merchandise e le 'supercazzole'.
Voi, che dite di amarla, la odiate molto più di chi dice di non apprezzarla, poiché voi mancate del rispetto che essi dedicano all'analizzare quest'opera.
Ed è su tale concetto che vi invito a riflettere.
Auf wiedersehen!
P.S. C'è solo una cover di "Fly Me to The Moon" bella quanto l'originale, ed è quella di Bayonetta.