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La trama di Daikengo (ennesimo robot da combattimento, che si trasforma in astronave quando serve, e viceversa) è piena d'intrighi di palazzo e doppi giochi, dove l'eroico e determinato principe stellare Ryger, armato di fioretto al posto della spada laser di "Guerre stellari", è chiamato a riportare la pace nel cosmo, aiutato dal misterioso cyborg buono Bryman e dalla bionda guerriera Cleo. Contro di loro, c'è il generale Roboleon, subdolo e grassoccio robot di stampo militaresco, che si scioglie in moine comiche solo davanti a chi gli fornisce ordini, cioè a lady Baracross (una virago dai capelli lunghi e verdi, che obbedisce a Magellano il grande, un'entità cosmica mostruosa e parlante, ancora più malvagia di lei).

La serie anime si lascia guardare per le sue ambientazioni cosmiche (si parla, infatti, di un impero galattico di buoni - che ha, come dio guardiano, proprio il robottone del titolo -, attaccato a tradimento, dai magellani, che sono stati aiutati da alcuni traditori), i suoi misteri, le trasformazioni meccaniche e i combattimenti fra robottoni. I colori, però, risultano talvolta sbiaditi, il design non sempre perfetto (infatti, Daikengo è imponente quanto grottesco e i robot nemici che affronta non sono che orrendi scheletri giganteschi di dinosauro), eppure, ci si diverte lo stesso, grazie alle forme sinuose di Cleo e lady Baracross e/o al desiderio di vendetta di Ryger nei confronti di Roboleon, colpevole di aver ucciso a tradimento il suo fratello maggiore, il principe Samson.
Stupisce un po' trovare il grande attore cine-televisivo Gastone Moschin nel cast dei doppiatori italiani (sua è la voce sia del generale Roboleon, che di Magellano il grande), anzi è l'unico perfetto, perché sembra divertirsi a farlo e, come un dilettante allo sbaraglio, osa e vince. Ottima la sigla italiana, diventata subito un cult, fra i fan.