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"L’amore non ha età, non ha colore, non ha generi, l’amore è libertà."

Premetto che con questa recensione andrò contro corrente rispetto ai commenti e alle recensioni di chi mi ha preceduto nella visione di questa serie disponibile sulla solita notissima piattaforma planetaria.
"Meet me after school", serie Live Action del 2018, tratta liberamente dal Manga "Chuugakusei Nikki" di Junko Kawakami (che sembra ancora in corso), parte da una premessa che, da quanto posso constatare, sembra essere piuttosto ostica da accettare, soprattutto per la società giapponese: una relazione d'amore tra uno studente delle scuole medie ed il proprio precettore.
Giusto per amore della precisione, gli studenti giapponesi frequentano le scuole medie fino all'età di 15 anni (essendo le superiori solo di tre anni, fino al raggiungimento dei 18-19 anni come in Italia) e raggiungono la maggiore età a 20.

In un contesto sociale improntato al rigido e formale rispetto delle regole come quello nipponico, una storia come quella narrata in questa serie, se vista "razionalmente", risulta di difficile comprensione e accettazione: in sé non è la differenza di età tra i protagonisti (Akira, studente di 15 anni e Hijiri, l'insegnante, di 10 anni più grande), ma il contesto in cui si sviluppa la storia in cui è chiaro che l'insegnante deve mantenere un approccio orientato non solo a insegnare nel miglior modo possibile, ma anche a favorire lo sviluppo personale e caratteriale dei propri studenti preoccupandosi, nei limiti della continenza, di supportarli nel loro percorso di crescita in un'età piuttosto critica come quella dell'adolescenza.

Pertanto tralascio ogni valutazione "razionale" e cerco di valutare dal punto di vista romantico-sentimentale la serie. E, sotto questo aspetto, purtroppo per me "casca l'asino"...
Non mi è piaciuta la storia per come è stata congegnata: complicata da una serie di fattori al limite dell'inverosimile e del surreale al solo scopo di creare una serie senza termine di ostacoli alla storia d'amore tra lo studente e l'insegnante, cui si aggiungono dei personaggi melodrammatici, eccessivamente caratterizzati e veementi nelle loro reazioni alla storia d'amore "contra legem" (non utilizzo il termine che ho trovato in alcuni commenti che citano la "pedofilia" perché lo ritengo fuori luogo).

I due protagonisti non sono costruiti bene e anche l'interpretazione non mi ha entusiasmato: lui sembra un ottuso stalker che ha in testa solo l'insegnante e va contro tutto e tutti per arrivare a coronare la sua storia. Lo definirei quasi patologico nel suo modo di affrontare i propri sentimenti. È pur vero che si tratterebbe di un ragazzo di 15 anni, un po' problematico, ma anche molto sensibile, cui manca il riferimento della figura paterna per volontà di una madre che si preoccupa solo di crescerlo nel miglior modo che reputa, e avversa in ogni modo a tutto ciò che possa rappresentare un ostacolo all'adorato figliolo su cui ha riversato tutto il suo affetto, aspettative, ecc... Ecc...
Lei (l'insegnante) sembra una ragazzina immatura, passiva al limite dell'assurdo, con un innato senso del dovere e della responsabilità che la rendono destinataria a tutte le angherie, cattiverie, malelingue di qualsiasi persona venga a conoscenza della sua storia col ragazzo.
I personaggi non protagonisti sono stati costruiti e interpretati per rappresentare a turno gli "ostacoli del cuore" dei protagonisti. Il promesso sposo di lei e la madre, la sua responsabile al lavoro, la madre di lui e il relativo compagno, il padre sparito, la ragazza innamorata di lui ma non ricambiata, alcuni amici di scuola, i nuovi colleghi di scuola di lei una volta fuggita dalla scuola media, ecc... Ecc... Tutti necessari alla costruzione di plot twist tipici di questo genere di opere che a turno intervengono per avversare in qualunque modo la storia d'amore.

Tuttavia non me la sento di cassare il tutto: mi è capitato di vedere serie romantiche in cui i personaggi erano più approfonditi e meglio realizzati, ma riconosco che anche "Meet me after school" ha avuto il coraggio di toccare (sebbene in modo un po' superficiale) alcuni temi che caratterizzano la società e la famiglia giapponesi. In più, almeno per i protagonisti, c'è anche un "chara-development" apprezzabile in cui, grazie ai "time skip", lo spettatore potrà apprezzare l'evoluzione di Akira e Hiijiri in personaggi meno mono dimensionali e più realistici, in cui provano ad affrontare l'esistenza in un contesto che non solo non perdona il loro passato (soprattutto quello dell'insegnante) ma anche non sia in grado di tollerare una storia sentimentale tra due persone di età molto differenti in cui l'età è solo un'aggravante della circostanza che Hijiri era in primo luogo l'insegnante del ragazzo.

"Stai scappando da una cosa che non vuoi, o stai scappando da una cosa che hai paura di volere?"

Il tema della fuga è un aspetto ricorrente nelle animazioni e nei Live Action del far east. E' una reazione molto umana (e di comodo) per superare le situazioni più difficili da risolvere. Ho apprezzato la circostanza che la protagonista decida di affrontare in modo diretto le difficoltà facendo "ordine" dentro se stessa prima che con il suo grande amore. E in un certo senso vedere sul finale Ritsu (la responsabile al lavoro dell'ex fidanzato di Hijiri) capire e apprezzare la dignità di Hijiri nell'affrontare tutte le difficoltà legate più o meno direttamente alla sua storia, risolleva il livello della serie verso un livello che purtruppo non reputo pienamente sufficiente.

Ed è un vero peccato. Bastava non rendere la serie infarcita di troppi cliché e renderla un po' più introspettiva e meno grottesca per confezionare una trama/sceneggiatura profonda che rendesse il tutto più intrigante e coinvolgente non solo a livello puramente emotivo.
E il finale ne è la dimostrazione: dopo una sorta di odissea, si verifica il cosidetto lieto fine che tuttavia mi ha lasciato la sensazione di vuoto e incompletezza: ma in fondo perché i due protagonisti si amavano?