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4.0/10
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"Se a chi la diciamo, la bugia fa più piacere della verità, perché tacerla?" (F. Carmagna)

"Koi to Uso" ("Love and Lies") di bugie ne fornisce a sufficienza, e la provocazione con cui ho iniziato questa recensione riassume bene sia la storia tra i tre protagonisti sia le aspettative tradite dello spettatore con il debole per le rom-com scolastiche che si avvicina a questa serie, ispirata al manga omonimo di Musawo Tsumugi, che è stato serializzato tra il 2014 e il 2021 in tredici volumi e sessantadue capitoli.
La serie in recensione, andata in onda nel 2017, è composta di dodici episodi e, come si potrà intuire, non arriva a un vero e proprio finale, visto che il manga era ancora ben lontano dalla sua conclusione.
Pertanto, sarei portato ad essere parzialmente indulgente e a sostenere che in fondo è un buon prodotto sia a livello di sceneggiatura sia tecnico. Bugia!
Per me la visione di "Love and Lies" ha rappresentato una delusione su tutti i fronti. Premetto che non conosco il manga, ma la trama definirla risibile è un eufemismo.

La vicenda è collocata in una non meglio definita realtà del tutto simile a quella del Giappone attuale in cui il governo, a causa del noto problema dello scarso indice di natalità, ha stabilito da anni che, in base a precisi studi e indagini sui ragazzi, propone ai medesimi un partner con cui convolare a nozze, indipendentemente dai sentimenti che questi possano provare per un'altra persona diversa da quella assegnata d'imperio dall'ineffabile e infallibile sistema governativo.
L'assegnazione arriva con una metodologia che chi come me ha vissuto gli anni del servizio di leva obbligatorio non può non notarne le somiglianze: una sorta di lettera di precetto consegnata personalmente da funzionari governativi piuttosto petulanti a qualsiasi ora e con un tempismo degno dei migliori rompiscatole planetari, a cui segue anche un messaggio via cellulare.

E il protagonista Yukari, studente delle scuole superiori di sedici anni, riceve la sua "letterina" proprio nel momento in cui era riuscito a coronare il suo sogno d'amore (con una dichiarazione reciproca e, da non credersi, un bacio appassionato!) con Misaki, a notte fonda in un parchetto: idillio rovinato e tragedia incipiente, visto che la partner proposta è una coetanea sconosciuta di nome Lilina. E così, si passa dal momento magico e romantico a maledire il fato e un governo ingiusto, sensibile solo alla proliferazione del genere umano, possibilmente con generazione di figli all'interno del matrimonio ("legittimi", come li definirebbe il nostro codice civile). Il conseguente corollario è, in modo del tutto scontato, l'immediata ritrattazione dei suoi sentimenti d'amore da parte di Misaki e il conseguente passo indietro per lasciare spazio alla prescelta imposta dal sistema.
Ma non basta: la prescelta (che ha seri problemi relazionali a causa della sua introversione), una volta venuta a conoscenza dei sentimenti di Yukari verso Misaki, si prodigherà affinché questi possano coronare il loro sogno di amore "against the machine"...

E così, la serie si trascina per dodici episodi tra stupidaggini del tipo: Lilina che impone a Yukari che "deve baciare la persona che ama almeno una volta al giorno" (e il bello è che Yukari e Misaki le danno pure retta); lezioni di affettività e sesso impartite dai solerti e comprensivi funzionari governativi con tanto di richiesta di prova pratica e fornitura di profilattici (così i nubendi si possono conoscere per bene prima e assaporare le gioie del sesso "disimpegnato" - fare figli va bene ma solo al momento giusto...). Se poi ci si mettono anche i genitori degli sposi imposti, che sembrano dei cerebrolesi entusiasti del fidanzamento dei loro pargoli, cercando di favorire in tutti i modi la loro reciproca conoscenza, sembra di essere tornati ai tempi dei matrimoni combinati per ragioni di interesse...
A mio modesto avviso, la serie crolla del tutto con il finale "aperto" quanto surreale, sul quale cerco di non 'spoilerare' l'esito, che rappresenta l'apoteosi del ridicolo. Ovviamente, è coerente con l'andamento della trama e le "caratteristiche" dei personaggi protagonisti.

Ahimè, "Koi to Uso" parte da una premessa che, per quanto al limite del credibile, era tutto sommato particolare e rappresentava il classico elemento di disturbo per la storia d'amore cardine della serie. Mi sarei atteso uno sviluppo più drammatico e di contrapposizione all'imposizione governativa: ribellione, obiezione di coscienza, fuga in altra nazione... E invece sviluppa una trama banale con i soliti personaggi stereotipati in cui si scopre implicitamente che all'amore "imposto" è possibile opporre un rifiuto col solo rischio di poter essere penalizzati in altri momenti della vita sociale e lavorativa (vedi concorsi, benefit, ecc.)...

Lo stratagemma del partner "imposto" serve invece solo a determinare il potenziale e insulso triangolo amoroso tra due ragazze e un ragazzo alla ricerca della loro identità e della comprensione dei loro sentimenti, cui si aggiunge in modo molto velato il possibile quadrilatero con sfumature omosessuali con il bell'amico di Yukari, Yusuke.
Con buona pace di spiegazioni sul funzionamento del sistema di individuazione dei partner e della sua "obbligatorietà" nei confronti dei ragazzi e delle conseguenze anche di natura psicologica in un periodo complicato della loro esistenza come l'adolescenza. Sentire dialoghi e domande tra i ragazzi su cosa sia l'amore, quando sono invece costretti a pensare a sviluppare una relazione a scopo matrimonio e procreazione, è quanto di più distonico si possa sentire...
E tralascio ogni valutazione di opportunità di produrre una serie che potrebbe sembrare una specie di advertisement di una certa concezione morale (se non anche religiosa) sulla vita, la famiglia e i figli, che neanche tanto implicitamente la serie sfiora, dandone un significato abbastanza preciso per orientamento...

"Koi to Uso" va a inserirsi in quella lunga serie di opere mediocri, esempi di "deliri" su temi anche di una certa attualità e pregio che vengono "piegati" e distorti dalla solita lente deformante di certi autori, per compiacere un certo tipo di pubblico che ama il melodramma a tutti i costi, a scapito di una migliore caratterizzazione dei personaggi e della loro introspezione e sviluppo. Qualcuno potrebbe opinare che Lilina ha una significativa evoluzione durante la serie, ma è solo finalizzata a creare artatamente l'elemento di disturbo nella liaison tra Yukari e Masaki, per addivenire al finale.

Lato tecnico, la serie non sarebbe neanche tanto malaccio. Mi ha interessato un particolare elemento grafico: il disegno degli occhi dei protagonisti. Grandi e quasi sproporzionati rispetto al viso, anche espressivi, sebbene spesso si è ricorso all'uso del deformed nei momenti di particolare tensione quali l'imbarazzo (che purtroppo è inflazionato al pari degli equivoci nella serie). Lo studio Linden Film ha tutto sommato fatto un buon lavoro sul comparto tecnico.

In sintesi, e atteso che sono oramai trascorsi sette anni dall'uscita della prima serie e tre dal termine del manga (e pertanto dubito che ci potrà essere una seconda serie che concluda la saga dei partner "imposti" dallo Stato), posso solo scrivere che "Koi to Uso" sia una serie che non costituisce un must watch neppure per coloro che sono patiti delle commedie romantiche ad ambientazione scolastica: in sostanza rinnega le già poco credibili premesse, per perdersi in una serie di vicende noiose e ripetitive con l'utilizzo inflazionato dei soliti (e pessimi) cliché del genere, che suggeriscono solo una considerazione: girare al largo.