Recensione
Breaking The Habit
8.0/10
"La depressione è vivere, in un corpo che combatte per sopravvivere, con una mente che cerca di morire".
E' la prima volta che mi cimento nella recensione di un video musicale sebbene realizzato sotto forma di animazione. E ammetto che riuscire a scrivere un commento in principal modo sul video non è semplice vista la brevità della sequenza animata. Ad ogni modo, ringrazio coloro che mi hanno segnalato questo video di una delle canzoni più significative dei Linkin Park "Breaking the habit" che, alla luce di quanto accaduto ormai sette anni fa, sembra essere diventata una sorta di "epitaffio" da poter incidere sulla tomba di Chester Bennington, frontman del gruppo statunitense deceduto suicida nel luglio del 2017.
Della band di Agoura Hills si conoscono molte hit quali "In the end", "Numb", "Somewhere I belong", "What I've done", "Leave out all the rest", "Burn it down" che sono divenute volenti o nolenti la colonna sonora della prima decade del XXI secolo, soprattutto per coloro che hanno apprezzatto il nu metal in cui al rap e al metal più estremo si sono aggiunte sonorità più melodiche e pop valorizzate dalla potenza della vocalità del cantante C. Bennington, capace di spaziare dalla dolcezza sommessa all'urlo straziante e di impreziosire i testi e le melodie delle canzoni del gruppo.
"Breaking the habit", inserita nel secondo album di studio "Meteora" del 2003, è stato comunque un successo e rappresenta a mio modesto avviso una delle canzoni più particolari e "diverse" dal genere predominante della band, scritte dal gruppo fino a quel momento. E il video non poteva in un certo senso essere da meno, in un periodo dove i video musicali erano ancora in auge e rappresentavano il complemento necessario per il successo di un brano musicale.
Infatti per un testo e un brano definibile in un certo senso "fuori dall'ordinario", la band decise di utilizzare per il video uno stile che "rompesse l'abitudine" del pubblico ai soliti videoclip, adottando lo stile delle animazioni giapponesi per illustrare e assecondare con maggiore libertà e fantasia il testo della canzone che rappresenta una sorta di urlo di dolore e anche di ribellione ad uno status di sofferenza interiore che, comunque, sembra non essere superabile.
Da quanto appurato, l'idea fu del DJ del gruppo Joe Hahn che decise di affidare il progetto a Kazuto Nakazawa e per la realizzazione allo Studio Gonzo (oggi non più esistente, ma tra quelli più in auge all'epoca e capace di realizzare serie animate apprezzate come "Full Metal Panic", "Hellsing", "Speed Grapher", "Welcome to the N.H.K.", ecc.)
Lo stile del video riesce a rendere in modo magistrale quello del testo della canzone, che rappresenta ancora oggi in modo diretto ed esplicito il c.d. "male di vivere", lo stato di limbo doloroso in cui versa l'animo di chi è affetto da depressione e l'angoscia di non riuscire "a vedere la luce in fondo al tunnel".
La sequenza delle immagini sono molto eloquenti e coerenti allo stato d'animo di sofferenza e oblio dell'anima: immagini distorte, contorte, con colori a tinte forti, scure e sature, sguardi allucinati, pregni solo di sofferenza, disagio e bisogno di aiuto.
Nella prima parte del video sono contenute le sequenze molto cupe che cercano di seguire il testo del brano: inquietante l'adolescente che scrive su uno specchio col sangue “I’m nothing!” oppure la ragazza che torna a casa e scopre che il suo compagno che la tradisce con un’altra donna; psichedelica e disturbante la sequenza al contrario in cui un ragazzo si getta dalla cima di un edificio, per poi scoprire che è proprio il cantante Chester Bennington e che costituisce il trait d'union con l'ultima parte del video in cui la band si esibisce nella performance del brano fino al termine di esso.
In questo caso è interessante la tecnica utilizzata nel video, utilizzata anche nella serie animata "Aku no Hana", tratta dal manga di Shuzo Oshimi: l'utilizzo del rotoscoping, che consiste nell'impiego di riprese video vere per creare sequenze animate ricalcando immagini girate dal vivo fotogramma per fotogramma, consentendo la creazione di personaggi realistici che si muovono come persone vere.
Lo stile adottato dallo Studio Gonzo riesce molto bene a valorizzare e accentuare l'oscurità, la desolazione e il pessimismo del testo che resta il punto di forza della canzone: estremamente introspettivo e quasi uno strumento per i compositori Mike Shinoda e, soprattutto, Chester Bennington per esternare a modo di sfogo l'oscurità che può pervadere l'anima di chi soffre di depressione. Non è un caso che nel video è proprio Bennington a compiere il salto nel vuoto dall'edificio come se volesse dimostrare che la volontà di farla finita (applicata 15 anni dopo) rappresentasse il suo demone costante e via di fuga definitiva.
"Breaking the habit" rappresenta anche un'eccezione dal punto di vista musicale: predominano le basi pop e melodiche rispetto alle sonorità più dure. La chitarra non è per nulla aggressiva o graffiante senza distorsioni e parte ritmica sembra regolare e tranquilla senza eccessi. Senza parti rap affidate in genere a Mike Shinoda, tutta la canzone si affida alla vocalità straordinaria di Chester Bennington che riesce a "colorare" il testo attribuendogli la disperazione interiore di cui soffriva.
E nel testo si capisce chiaramente che, nonostante la volontà descritta nello stesso titolo, "breaking the habit" rappresenta comunque la difficoltà di rompere un'"abitudine" che resta insuperabile:
"I don’t know what’s worth fighting for
Or why I have to scream
I don’t know why I instigate
And say what I don’t mean
I don’t know how I got this way
I’LL NEVER BE ALRIGHT
So, I’m breaking the habit
I’m breaking the habit
Tonight"
“La depressione è un male di vivere talmente penetrante che il pensiero della morte diventa un balsamo, una consolazione.” (Vittorino Andreoli). Purtroppo Chester Bennington, al pari di tanti altri anche meno famosi, non è riuscito a resistere alla seduzione del "farla finita".
E' la prima volta che mi cimento nella recensione di un video musicale sebbene realizzato sotto forma di animazione. E ammetto che riuscire a scrivere un commento in principal modo sul video non è semplice vista la brevità della sequenza animata. Ad ogni modo, ringrazio coloro che mi hanno segnalato questo video di una delle canzoni più significative dei Linkin Park "Breaking the habit" che, alla luce di quanto accaduto ormai sette anni fa, sembra essere diventata una sorta di "epitaffio" da poter incidere sulla tomba di Chester Bennington, frontman del gruppo statunitense deceduto suicida nel luglio del 2017.
Della band di Agoura Hills si conoscono molte hit quali "In the end", "Numb", "Somewhere I belong", "What I've done", "Leave out all the rest", "Burn it down" che sono divenute volenti o nolenti la colonna sonora della prima decade del XXI secolo, soprattutto per coloro che hanno apprezzatto il nu metal in cui al rap e al metal più estremo si sono aggiunte sonorità più melodiche e pop valorizzate dalla potenza della vocalità del cantante C. Bennington, capace di spaziare dalla dolcezza sommessa all'urlo straziante e di impreziosire i testi e le melodie delle canzoni del gruppo.
"Breaking the habit", inserita nel secondo album di studio "Meteora" del 2003, è stato comunque un successo e rappresenta a mio modesto avviso una delle canzoni più particolari e "diverse" dal genere predominante della band, scritte dal gruppo fino a quel momento. E il video non poteva in un certo senso essere da meno, in un periodo dove i video musicali erano ancora in auge e rappresentavano il complemento necessario per il successo di un brano musicale.
Infatti per un testo e un brano definibile in un certo senso "fuori dall'ordinario", la band decise di utilizzare per il video uno stile che "rompesse l'abitudine" del pubblico ai soliti videoclip, adottando lo stile delle animazioni giapponesi per illustrare e assecondare con maggiore libertà e fantasia il testo della canzone che rappresenta una sorta di urlo di dolore e anche di ribellione ad uno status di sofferenza interiore che, comunque, sembra non essere superabile.
Da quanto appurato, l'idea fu del DJ del gruppo Joe Hahn che decise di affidare il progetto a Kazuto Nakazawa e per la realizzazione allo Studio Gonzo (oggi non più esistente, ma tra quelli più in auge all'epoca e capace di realizzare serie animate apprezzate come "Full Metal Panic", "Hellsing", "Speed Grapher", "Welcome to the N.H.K.", ecc.)
Lo stile del video riesce a rendere in modo magistrale quello del testo della canzone, che rappresenta ancora oggi in modo diretto ed esplicito il c.d. "male di vivere", lo stato di limbo doloroso in cui versa l'animo di chi è affetto da depressione e l'angoscia di non riuscire "a vedere la luce in fondo al tunnel".
La sequenza delle immagini sono molto eloquenti e coerenti allo stato d'animo di sofferenza e oblio dell'anima: immagini distorte, contorte, con colori a tinte forti, scure e sature, sguardi allucinati, pregni solo di sofferenza, disagio e bisogno di aiuto.
Nella prima parte del video sono contenute le sequenze molto cupe che cercano di seguire il testo del brano: inquietante l'adolescente che scrive su uno specchio col sangue “I’m nothing!” oppure la ragazza che torna a casa e scopre che il suo compagno che la tradisce con un’altra donna; psichedelica e disturbante la sequenza al contrario in cui un ragazzo si getta dalla cima di un edificio, per poi scoprire che è proprio il cantante Chester Bennington e che costituisce il trait d'union con l'ultima parte del video in cui la band si esibisce nella performance del brano fino al termine di esso.
In questo caso è interessante la tecnica utilizzata nel video, utilizzata anche nella serie animata "Aku no Hana", tratta dal manga di Shuzo Oshimi: l'utilizzo del rotoscoping, che consiste nell'impiego di riprese video vere per creare sequenze animate ricalcando immagini girate dal vivo fotogramma per fotogramma, consentendo la creazione di personaggi realistici che si muovono come persone vere.
Lo stile adottato dallo Studio Gonzo riesce molto bene a valorizzare e accentuare l'oscurità, la desolazione e il pessimismo del testo che resta il punto di forza della canzone: estremamente introspettivo e quasi uno strumento per i compositori Mike Shinoda e, soprattutto, Chester Bennington per esternare a modo di sfogo l'oscurità che può pervadere l'anima di chi soffre di depressione. Non è un caso che nel video è proprio Bennington a compiere il salto nel vuoto dall'edificio come se volesse dimostrare che la volontà di farla finita (applicata 15 anni dopo) rappresentasse il suo demone costante e via di fuga definitiva.
"Breaking the habit" rappresenta anche un'eccezione dal punto di vista musicale: predominano le basi pop e melodiche rispetto alle sonorità più dure. La chitarra non è per nulla aggressiva o graffiante senza distorsioni e parte ritmica sembra regolare e tranquilla senza eccessi. Senza parti rap affidate in genere a Mike Shinoda, tutta la canzone si affida alla vocalità straordinaria di Chester Bennington che riesce a "colorare" il testo attribuendogli la disperazione interiore di cui soffriva.
E nel testo si capisce chiaramente che, nonostante la volontà descritta nello stesso titolo, "breaking the habit" rappresenta comunque la difficoltà di rompere un'"abitudine" che resta insuperabile:
"I don’t know what’s worth fighting for
Or why I have to scream
I don’t know why I instigate
And say what I don’t mean
I don’t know how I got this way
I’LL NEVER BE ALRIGHT
So, I’m breaking the habit
I’m breaking the habit
Tonight"
“La depressione è un male di vivere talmente penetrante che il pensiero della morte diventa un balsamo, una consolazione.” (Vittorino Andreoli). Purtroppo Chester Bennington, al pari di tanti altri anche meno famosi, non è riuscito a resistere alla seduzione del "farla finita".