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Torna la Black Lagoon! E, se da un lato posso festeggiare, dall'altro però rimango (in parte) insoddisfatto, seppur con il sorriso sulle labbra.
Il titolo più adeguato di questo "Roberta's Blood Trail" sarebbe potuto essere benissimo "Roanapur Rock n' Rolla" o simili, tanto questo capitolo mi ha ricordato alcuni film action usciti negli anni recenti a opera di registi come Guy Ritchie, per esempio, dove la componente personale ed intima dei personaggi è completamente sacrificata all'ingranaggio della storia, alla creazione della meccanica degli eventi e alla sua risoluzione finale a ingranaggio, con tanto di inganni e sotterfugi da "mala metropolitana" che non guardano in faccia a nessuno.
E' cosi anche in questo RBT, quando il giovane Garcia Lovelace si reca a Roanapur a incontrare la Lagoon Company: suo padre è stato ucciso in un attentato da alcuni agenti segreti USA, e Roberta, "il Mastino", saputo che questi ultimi si trovano proprio a Roanapur per una missione, è partita alla volta della città assetata di vendetta, per intercettare e distruggere gli americani e tutti coloro che oseranno intralciarla. Inutile dirlo, il suo arrivo, congiunto alla presenza dell'esercito USA, scatena la guerra per il controllo del territorio tra tutte le fazioni che abbiamo conosciuto nelle serie precedenti, trascinando la Lagoon e in particolare Rock, al quale viene chiesto da Garcia di ritrovare Roberta viva, e tutta la città, in una caccia all'uomo senza precedenti.

Come sempre, buono il lavoro della Madhouse, con un character design non sempre coerente, ma con sfondi, luci, colori e animazioni quasi noir, con insegne luminose di sfavillanti hotel che si alternano al buio di vicoli e strade fatiscenti, degne di Black Lagoon.
Ma ciò che balza subito all'occhio è il tono della storia: un balletto selvaggio e pulp, una caccia all'uomo, una guerra senza quartiere, ora al limite della fantascienza, ora al limite tra mafie e gangster, che affoga in bagno di sangue. Oltre a questo però, i cinque OAV di cui si compone la serie risultano, alla fine, piuttosto innocui. Perché dico questo?
Perché gli spunti da cui tra origine la serie, a livello della storia, sarebbero anche azzeccati, ma non sono sviluppati: assistiamo a un rientro in scena di Rock, dapprima inebetito e malinconico ospite di questo angolo dimenticato di mondo, sino alla sua trasformazione in grande manipolatore spietato e a sangue freddo; Roanapur gli è entrata nelle viscere (o almeno ha iniziato a farlo) e il timido impiegato giapponese incomincia a dare pericolose avvisaglie di compromessi con la propria coscienza, compromessi che lo spingono a imbarcarsi in una sorta di "guerra solitaria" per mettere alla prova la propria inevitabile trasformazione per sopravvivere in quello scenario di miseria, guerra e soprusi. Anche Revy gli diviene praticamente indifferente, e i due si rivolgeranno ben poco parola durante gli OAV, portando curiosamente i loro atteggiamenti ad assomigliarsi sempre di più. Una novità, direte voi, uno sviluppo, penseranno altri.

L'unico problema è che questa "trasformazione", seppur non comportando nessuna azione o vicenda degna di particolare rilievo, toglie spazio, e tantissimo , a Revy e al rapporto tra i due, che, manco a dirlo, sarebbe il fulcro centrale della serie, almeno a mio parere: due persone traumatizzate, provenienti da esperienze di vita agli antipodi, l'una che addirittura si dichiara già morta e senza speranza, eppure sottilmente e inevitabilmente attratte. Come andrà a finire? Ecco, a RBT questo non interessa affatto, purtroppo.
La nostra Two Hands viene tristemente "messa ai margini", e cristallizzata nel suo ruolo di spietata macchina di morte senza anima né cuore. Si badi bene, quando Revy parla del suo passato (e, cosa assai rara, stavolta un pochino lo farà davvero) è sincera e in linea con il personaggio, ma quei momenti terribili e che colpiscono al cuore, che potevano essere un piccolo avanzamento della storia del suo personaggio vengono però sciupati, forse anche volontariamente.
Lo spazio è tutto riservato all'azione, al gioco corale, alla messinscena: sembra di assistere a uno spettacolo cinematografico che, nel tentativo di coinvolgere tutte le guest star comprese, dà qualcosa e toglie a tutti qualcosa d'altro, come "Expendables" di Stallone per farci un esempio.

Per concludere, RBT è un discreto prodotto, che si lascia vedere bene e velocemente, di qualità sicuramente superiore a tante squallide produzioni fan-service che inondano il mercato. E' duro, freddo e amorale, senza se e senza ma, così come "Black Lagoon" pretende di essere.
Ma non è il prodotto che, chi segue questa serie, si sarebbe voluto aspettare: si inserisce nella story line come uno spin-off, piuttosto che esserne un seguito, del quale forse non è neppure indispensabile avere preso visione o conoscenza.
Avendo visto ciò di cui Hiroe e Madhouse sono capaci, quando l'obiettivo è un prodotto ricco visivamente ma anche complesso dal punto di vista narrativo, RBT suona come un prodotto di consumo spicciolo e superfluo. E dico questo considerando anche che il soggetto che dà il titolo alla storia è quanto di più deviante possibile: la nostra cameriera Roberta farà sì strage dei suoi nemici, ma senza avere neppure il terribile pretesto che aveva (per esempio) un John Rambo tornato negli USA, quando si trovava ad affrontare la malvagità e la ferocia spietata di coloro per difendere i quali aveva combattuto in Vietnam.
Insomma, non c'è l'insufficienza, ma ci aspettiamo di rivedere in azione e presto il "Black Lagoon" principale, senza indugiare troppo in vicende come queste, più legate al "commercio" piuttosto che alla storia.
Da tenere in considerazione come anche il resto della Lagoon stia praticamente ai margini di RBT, in attesa di tempi migliori.
Se poi queste sono le vicende attuali del manga, così come pare, che però il sottoscritto non ha ancora letto, il discorso rimane lo stesso.