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9.0/10
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<b>Attenzione! Contiene spoiler!</b>

Una delle serie più popolari di sempre, "Death Note" è un manga/anime-evento che ha creato un "caso" nel mondo otaku, e come tutte le serie di maggior successo vanta non solo tantissimi estimatori ma anche tanti detrattori. La serie è ormai inflazionatissima, resa decisamente più odiosa a causa di orde di fangirls che si sono messe a fantasticare sui due protagonisti/antagonisti, Light e L (e non solo), riempiendo il web di rivoltanti fantasie yaoi circa i personaggi della serie. Per questi motivi, quest'anime, o lo si ama o lo si odia; c'è chi lo reputa ultra-sopravvalutato, chi dice che è un capolavoro, ed è rarissimo trovare un parere intermedio.

Ma ben lungi dal prendere in considerazione queste dinamiche, del tutto estranee alla serie, cos'è veramente "Death Note"? Come lo considero, personalmente?
"Death Note", tratto dal manga di Tsugumi Ohba, che ripercorre piuttosto fedelmente, spicca nettamente per la realizzazione tecnica: l'impronta è quella inconfondibile di Re Takeshi Obata ed è il suo canto del cigno, disegni meravigliosi che hanno pochi paragoni; animazioni e luci di primissimo livello, una realizzazione grafica che ancora oggi (dal 2006) trova pochi eguali. Se vogliamo proprio trovare il pelo nell'uovo, possiamo dire che nella parte medio-alta della serie, per una decina di episodi, il livello grafico si abbassa leggermente (ma resta comunque alto, ben sopra la media di quell'anno) per poi tornare sui livelli dei primi episodi nelle ultime due puntate. Ma è anche vero che stiamo parlando di un anime di 37 episodi, mi sembra una cosa fisiologica e del tutto irrilevante. A questo va aggiunto un comparto sonoro meraviglioso, le musiche rendono perfettamente l'atmosfera, e quella di "Death Note" si candida tra le prime 10 migliori OST di sempre. "Low of Solipsism" in particolare è da premio Oscar, un brano maestoso che non sfigurerebbe al cospetto delle migliori composizioni di un John Williams o un Nino Rota.
Trovo il doppiaggio perfetto, le voci sono la ciliegina sulla torta di quest'anime, interpretazioni perfette che contribuiscono in modo determinante a caricare le scene di pathos; elemento ulteriormente esaltato dal confronto con il pessimo doppiaggio italiano.
La serie è diretta in modo magistrale da Toshiki Inoue, la regia è dinamica e rende in maniera perfetta la suspense, la tensione, a tratti palpabili, ma anche il dramma, la maestosità e quando serve anche la commozione di una sceneggiatura ricchissima, di enorme spessore e particolarmente articolata e complessa, anche essa opera di Toshiki Inoue e probabilmente la sua migliore e più riuscita. E stiamo parlando dello sceneggiatore, tra gli altri, di "Fullmetal Alchemist" e "Detective Conan", quindi non uno qualunque.

"Death Note" per me è un anime "tecnicamente perfetto".
Ovviamente però, oltre al comparto tecnico c'è altro, che poi è la cosa più importante, ovvero lo spessore in sé dell'opera, lo spessore dei personaggi, la potenza del linguaggio visivo/sonoro, oltre a trama, sceneggiatura e così via. Beh, ho già detto che la sceneggiatura è complessa, molto articolata e strutturata in modo da tenere lo spettatore incollato allo schermo, gli eventi vengono svelati sempre alla fine e la serie è imperniata su continui colpi di scena assolutamente geniali che in un attimo ribaltano la situazione. Sembra di assistere a una partita a scacchi dove però l'azione e il dinamismo la fanno da padrone; i "giocatori" in questione sono, per circa 2/3 della serie, Light e L, rispettivamente il geniale possessore del death note e il miglior investigatore del mondo: una partita di nervi, di mosse ultra ponderate nel suo genio da ciascuno degli sfidanti. Si tratta di una partita psicologica, giocata interamente lì, sulla psicologia, sulle capacità deduttive e intellettive di ciascuno secondo le proprie convinzioni e i propri obbiettivi, come una partita a scacchi, con la notevole differenza che ogni mossa si traduce in un'azione importante, in operazioni devastanti.

"Death Note" in effetti è, prima di tutto, un anime psicologico, il cui motore sono Light e L, i quali sono due tra i meglio caratterizzati, complessi, profondi, geniali e affascinanti personaggi di sempre. E mentre i due avversari spiccano per il loro genio fuori dal comune ma, per via dei loro ruoli, per un'apparente disaffezione verso chiunque (specie Light, un autentico sociopatico), i personaggi di contorno spiccano invece per il loro realismo, uomini "normali" coinvolti in questa "guerra", coi loro affetti, i loro sentimenti, rabbia, incredulità, sconforto, fede, amore, i loro interrogativi, le loro debolezze, i loro drammi, che si rendono evidenti come non mai nelle tragedie o quando sai che potresti morire da un momento all'altro. Alcune parti introspettive di questi personaggi secondari, che appaiono così fragili e "piccoli" in questa guerra in cui sanno che non potrebbero sopravvivere, sono toccanti nella loro estrema umanità; mentre i due rivali, al contrario, sembrano avere perso la loro umanità, Light in particolare, gli interrogativi morali (e non solo) che naturalmente vengono in mente anche allo spettatore sono espressi da questi personaggi, in particolare da Matsuda e dal padre di Light, l'ispettore Yagami, affettuoso marito e padre di famiglia, un uomo normalissimo e un poliziotto dotato di altissimo senso del dovere, di onestà e statura morale.
Ogni personaggio è caratterizzato magistralmente e motivato da forti motivazioni (vedi Misa) quanto dai più bassi istinti (vedi certi direttori televisivi e uomini d'affari) per schierarsi da questa o quella parte. L'anime rende perfettamente e con grande realismo quel che sarebbe il mondo e la reazione della gente se Kira esistesse veramente. Tutta la serie è profondamente permeata da interrogativi morali: è giusto che un uomo ne uccida un altro anche se quest'ultimo è un delinquente della peggior specie? E' accettabile che una persona usi un potere così terrificante se questo in compenso porta alla totale assenza di guerre e a una diminuzione di ben il 70% dei reati nel mondo? Ed è giustificabile che tali risultati, senza dubbio straordinari, siano condotti a qualunque costo, compreso uccidere un innocente che osa ostacolare Kira? In pratica, può essere umanamente accettabile il motto "il fine giustifica i mezzi"?

"Death Note" a mio avviso è un anime di enorme spessore e caratterizzato dalle più varie e profonde tematiche che tuttavia non vengono mai sviscerate invasivamente, non assisteremo mai ai classici sermoni degli anime, soprattutto shounen, in cui i protagonisti sanciscono cosa è giusto o sbagliato, del tipo "la vera giustizia consiste nel proteggere chi ami!" e cose del genere, ma restano quasi sempre sottintese, implicite, dette e non dette ma allo stesso tempo evidenti. E scordatevi una separazione netta tra bene e male: potrete essere d'accordo con l'uno o l'altro, ma non c'è dubbio che qui non esiste il bianco e nero, ma c'è una profonda zona grigia in mezzo, ognuno dei due rivali, con le rispettive "fazioni", è guidato da un proprio senso della giustizia (quello della legge ordinaria di L, quello del "fine giustifica i mezzi" di Light), che umanamente è ugualmente condivisibile, a seconda della sensibilità etica e morale di ognuno. E' un'opera assolutamente realistica e molto matura, "Death Note", di grande spessore e significato.

E vorrei soffermarmi soprattutto su Light, il vero protagonista, poiché "Death Note", nel suo svolgimento, è anche e soprattutto la parabola di Yagami Light: uno studente brillante, geniale, bello e popolare tra le ragazze, all'apparenza antitesi perfetta di L, bruttino, strano e strambo (dal mangiare quantità industiali di zuccheri al sedersi in ginocchio), ma allo stesso tempo così simili.
Light è un ragazzo normalissimo, con una famiglia normalissima, annoiato da questa routine quotidiana, la cui vita cambierà quando prenderà il death note fatto cadere da Ryuk: la consapevolezza di possedere un potere sovrumano e immenso, tale da potergli permettere di decidere la vita e la morte di qualunque persona al mondo, inizierà repentinamente a cambiarlo. Non più ragazzo annoiato, ma giudice supremo di un mondo marcio che va cambiato, ripulito dalla feccia, e visto che polizia, eserciti e stati non hanno la forza necessaria per debellare drasticamente il problema, ci penserà lui con il suo nuovo potere, e alla fine creerà un mondo di persone "buone e giuste" su cui lui, Kira, dominerà come un dio. Il delirio di onnipotenza derivante da un così grande potere e dalle possibilità derivanti dal quaderno lo prenderà rapidamente sempre di più, la possibilità di "non tornare più indietro", ma di continuare per raggiungere il massimo potere, "diventare dio di un nuovo mondo", aumenteranno sempre più rendendolo progressivamente insensibile e anzi disposto a uccidere chiunque lo intralci, anche se innocente, a eliminare tutti quelli che si mettono sulla propria strada e addirittura a sacrificare senza pietà i suoi stessi alleati e persino la sua stessa famiglia se necessario.

Lo stordimento derivato da un tale, terrificante potere gli fa perdere ogni coscienza, ben presto la sua "causa" tracima, diventa ingiustificabile poiché, se all'inizio il suo intento, per molti, poteva essere "nobile", ecco che ora è esagerato, e si capisce come egli tenga più a se stesso che a qualunque "nobile" causa. Una lucida, pura follia che tuttavia non influisce mai sulle sue doti deduttive e intellettuali, durante le quali si dimostra sempre freddo, calcolatore, cinico; una follia che si manifesterà nel finale, apice della serie, probabilmente uno dei più bei finali in assoluto, un finale potentissimo, da brividi, sconvolgente e commovente allo stesso tempo, che rappresenta l'apice e al contempo la caduta della parabola di Kira, da "dio incontrastato di un nuovo mondo migliore" a ferito, strisciante nella polvere, inseguito e, per la prima volta, fragile, smarrito, consapevole.
Consapevole di avere perso la possibilità di essere uno studente normale, un ragazzo e un uomo qualunque, di vivere in pace con la propria famiglia, che da questa storia ne è uscita invece distrutta - la scena in cui "incrocia" se stesso, il Light prima che raccogliesse il death note: una scena madre, una delle cose più profonde mai viste in un anime, in assoluto.
Consapevole di avere tradito o ucciso senza pietà e per proprio interesse anche chi lo aveva aiutato e amato e per lui aveva fatto di tutto, Misa e Kiyomi; forse il personaggio più cinico, egoista e spietato di tutti i tempi, capace quasi di uccidere la sorellina (finita poi ferita e sotto shock) per proteggere se stesso e che non aveva battuto ciglio alla morte violenta del padre, morto a causa sua, che lo aveva sempre difeso e si era sempre battuto per proteggere la sua famiglia, l'affetto più importante, che usciva da questa storia completamente distrutta. Light sentendo di essere ormai perduto e sul punto di morire sembra apparire finalmente consapevole, pentito, e nonostante tutto non si riesce a non sentire pietà per lui e a commuoversi.

E poi c'è il death note... Già, il death note, alla fine il vero protagonista di tutto l'anime. Tutte le cose sopra dette sono frutto di un'illuminazione, l'idea di una trama del genere è folgorante, l'incipit da solo è tra i più geniali di sempre: un quaderno in grado di uccidere, "l'umano il cui nome verrà scritto su questo quaderno, morirà". Il quaderno di uno shinigami, con le sue precise regole, numerose e che scopriremo di volta in volta, sempre più sorprendenti, su cui si baseranno le mosse e le contromosse dei due rivali. Gli "dei della morte" dovrebbero essere neutrali, ma il loro intervento sarà determinante e alla fine deciderà l'esito della "guerra" e, incredibile a credersi, anche gli shinigami sono ottimamente caratterizzati, soprattutto Ryuk, personaggio particolarmente carismatico. Shinigami, quaderni della morte: l'elemento sovrannaturale è ovviamente caratterizzante di tutta la serie, anche se, come detto, essa è molto realistica, resta quasi sempre su livelli "umani"; l'elemento sovrannaturale è il principio di tutto ed è quello che giustifica e regge tutta la storia, ma al contempo non è mai invasivo, per quanto il motore di tutto resta quasi sempre in secondo piano rispetto ai personaggi e alle loro azioni, la loro psicologia e gli eventi che si susseguono. Forse leggermente meno innovativo di quanto molti fan credano, in quanto il genere poliziesco, anche caratterizzato da un elemento sovrannaturale, l'hanno inventato i telefilm americani per primi; tuttavia l'idea di base, lo sviluppo della storia, i personaggi e la caratterizzazione e l'intreccio di poliziesco e azione con il sovrannaturale in "Death Note" non hanno precedenti, e non si trovano similitudini con produzione americane che il genere in questione, il poliziesco/thriller d'azione dalle forte connotazioni sovrannaturali, lo hanno inventato: quanto più risulterà originale e innovativo per il mondo dell'animazione giapponese! Che piaccia o no, non si può negare che "Death Note" sia una pietra miliare dell'animazione, un'opera fondamentale e di grande influenza, nel bene e nel male, sia chiaro.

E' forse tutto oro ciò che luccica? certamente no; a partire dall'episodio 26, fino al 33, la serie vede l'avvicendarsi di due nuovi rivali che vanno a prendere il posto di L: Near e Mello. Partiamo da un presupposto: Near e Mello sono personaggi di spessore, ben al di sopra della media, anche loro come L con le loro "manie": Near nel fare costruzioni e usare bambole per spiegare i casi, e Mello dipendente dalla cioccolata. Purtroppo però a loro tocca l'ingrato compito di sostituire "l'insostituibile", ovvero il personaggio più carismatico, "l'avversario perfetto" di Kira, la sua naturale nemesi eppure a esso così simile; è ovvio che a questo punto i meccanismi perfettamente oliati e rodati cambiano e che l'anime ne risenta. Tuttavia, la storia rimane comunque di alto livello, molto al di sopra della media degli anime - vorrei davvero conoscere la percentuale di anime di livello pari a quello della seconda parte di "Death Note"! Un paio di intuizioni risultano un po' forzate e la grafica cala leggermente, ma lo spessore dei personaggi resta immutato, la sceneggiatura superlativa e in linea con la precedente, seppur con un paio di momenti di "stanca"; ma, seppur meno carismatici, Near e Mello la loro parte la fanno bene, anzi benissimo. In disaccordo totale fra loro, il primo è molto simile a L, lavora con l'FBI (la cui competenza, ben superiore a quella della polizia giapponese, sarà fondamentale per risolvere il caso), e agisce in modo estremamente ragionato e sempre seguendo le regole; il secondo, pur essendo un calcolatore freddo e geniale, lavora con la mafia, lavora in modo "sporco", fuorilegge, in modo decisamente meno convenzionale. Near e Mello perseguono lo stesso obbiettivo, catturare Kira, ma al contempo rappresentano due modi opposti di agire per raggiungere l'obbiettivo, due "filosofie" diametralmente opposte che all'inizio sono anche in conflitto tra loro, in particolare Mello che, oltre a cercare Kira, tenta allo stesso tempo di distruggere il rivale Near.
Come in Kira/L, è evidente qui un forte dualismo, ma più allargato: Mello/Near, ma anche Mello/Kira, Near/Kira e, alla fine, Mello e Near/Kira: sarà quest'ultima svolta, insieme al lavoro specialistico dell'FBI e alle conoscenze da cui si partiva e che L all'inizio non poteva avere, a determinare la risoluzione definitiva del "caso Kira" e nel riuscire là dove persino L aveva fallito.
Ai personaggi appena citati se ne sommano altri di grande livello che imprimeranno una svolta significativa alla storia come la già citata Kiyomi Tadaka e soprattutto Teru Mikami. Insomma, questi 7-9 episodi che vanno dalla 26 alla 33-34 sono molto meno scadenti di come tanti li descrivono, possiedono un loro fascino e un loro "perché", e sono giusto un paio di gradini, non di più, inferiori ai primi 24-25 episodi (che sono difficilmente eguagliabili per il 99% degli anime), di cui conservano gran parte dello spessore e delle peculiarità. E poi il Gran Finale, di cui ho già parlato, compensa decisamente questo calo.
Il mio voto a "Death Note" è un 9 come minimo, anche un 9+.