Recensione
"Le Bizzarre Avventure di JoJo" o "Degli anni '70, anche se è stato scritto nell'87". Non a caso la sigla finale, i cui frammenti ci accompagnano per tutta la serie, è la splendida "Roundabout" degli Yes, canzone di apertura di quel gran cd che è "Fragile", anno 1972. Già, i '70 e il rock progressivo; l'estro, il progredire ritmico e melodico, la fantasia e l'impegno a creare qualcosa di originale e strutturato, tutto questo può essere trovato fra le righe di questo "Jojo", che però ha un'ulteriore pregio: non si prende troppo sul serio.
La naturalezza con cui ci vengono presentate situazioni stravaganti e sopra le righe definisce il particolarissimo stile di Hirohiko Araki. A un certo punto si è così inseriti in questo "gioco" che quando poi si presentano delle situazioni o delle riflessioni un po' più serie ci si trova spiazzati. Credo che questo sia il maggior pregio di Jojo, il saper divertire pur facendo anche riflettere, e poi l'ignorare totalmente le leggi della fisica e della logica con una (non)coerenza e una spontaneità tali da far sembrare gli eccessi che ci passano davanti agli occhi quasi verosimili. Un trascinante vortice di colore e di zuffe, ma anche dei clichè tipici del genere, di cui a volte si fa coscientemente beffa.
Ma tralasciamo per un momento la mia personale opinione e guardiamo Jojo da un punto di vista più oggettivo. Visivamente l'anime, soprattutto considerato il budget, si presenta come un gioia per gli occhi. Devo ammettere che a prima vista il character design e il metodo di colorazione non mi avevano particolarmente colpito e tutto sembrava alquanto statico, ma più le puntate scorrevano e più mi trovavo a pensare che non l'avrei voluto vedere realizzato in nessun altro modo. La grafica veste perfettamente lo stile stravagante dell'autore in un continuo cortocircuito di pattern, colori ribaltati e onomatopee giganti. Questa particolare tecnica dona all'anime quella punta di psichedelia presente anche nell'opera originale ed è funzionale alla voluta (basti guardare il titolo) bizzarria dell'opera. Tecnicamente non sarà sicuramente il massimo, sinceramente non saprei neanche dire, ma lo stile c'è tutto e devo dire che per me è molto più importante lo stile che vedere ogni pelo del naso muoversi al vento.
Le musiche sono molto buone e, in linea con le principali sigle dell'anime, pescano a piene mani nell'immaginario musicale anni '70, in quanto ben si sposa con lo stile e i colori dell'anime. Ci sono le dovute eccezioni, ovviamente nelle situazioni drammatiche e riflessive la linea musicale si adatterà al momento, ma la personalissima vena di questa serie è spesso accompagnata dalle sonorità di quegli anni, spezzate da qualche break hip hop. Il solo fatto che i frammenti di "Roundabout" siano il tema principale dell'anime, poi, alza la mia asticella di gradimento della soundtrack, del resto gli Yes sono stati allo stesso tempo dei grandi esponenti del genere (che io apprezzo molto, se non si fosse notato) e fra quelli che, a mio parere, hanno contribuito a renderlo leggermente più accessibile (mi si concederà che "Roundabout" è un pelino più orecchiabile di una pur fantastica "21th Century Schizoid Man"). Se come me siete appassionati della musica di quei tempi, il rischio che a fine visione vi ritroviate a spolverare un dimenticato cd dei "Supertramp" o degli stessi "Yes" è altissimo.
A livello strutturale Jojo si presenta come un classico battle shonen con delle graditissime variazioni sul tema e una valanga di trovate originali ed eccentriche, una su tutte la suddivisione della storia generale in filoni generazionali. Oltre a permettere di portare fra i temi il tempo, un argomento fra i più affascinanti di sempre insieme all'universo, questa trovata geniale permette all'autore di cambiare ambientazione e personaggi periodicamente, a guadagno ovviamente della originalità e della varietà di situazioni e temi. Temi che sicuramente non verranno sviscerati, ma ben abbozzati sicuramente si, e una bozza è sufficiente a ricamarci sopra e continuare la riflessione per conto proprio, quindi direi che per un battle shonen siamo più che bene.
La trama è quanto di più semplice possa esistere ed è quasi interamente contenuta nel titolo. In buona sostanza seguiremo gli avvenimenti a cui hanno preso parte i discendenti della famiglia Joestar nelle varie epoche, ritrovandoci a esplorare vari contesti, con relativi antagonisti e compagni ma con un filo rosso che li unisce. Quindi non è tanto il "cosa" che colpisce, quello che colpisce è il "come". Le vicende dei personaggi sono gestite in maniera dinamica e coinvolgente e ne succedono veramente di tutti i colori, ve lo posso assicurare. Eventi improbabili che rimettono in ballo la sorte dei personaggi si susseguono a un ritmo incessante per quasi tutta la durata dell'anime, conditi da colpi di scena ben pensati, amicizie, sofferenze e un pizzico (fate due) di trash, che non guasta. Se gli ingredienti vi ispirano resterete sicuramente catturati da quella corsa a perdifiato che è Jojo. Ritrovarsi poi a vedere agire il tempo sui personaggi che abbiamo imparato a conoscere è un po' come vedere il tempo che agisce su di noi e infonde una dolce malinconia, già, perché con il passare del tempo passano anche le persone, ma c'è qualcosa in quel personaggio che si chiama sempre Jojo che non passa mai.
Il fumetto ha un sacco di anni sulle spalle ma devo dire che non li dimostra proprio! Anche se si avverte qualcosa di classico (qualcuno ha detto "Ken"?) specialmente nel design dei personaggi, i meccanismi adottati e le dinamiche dei combattimenti sono così freschi che viene da chiedersi come qualcuno non l'abbia preso in mano prima per una versione animata.
Mi dispiace solo di non averla vista abbastanza recentemente da poter argomentare le mie opinioni come vorrei, ma visto che a breve è stata confermata la seconda serie di questa piccola perla, ho pensato che fosse il momento giusto per ripescarla dalle memorie.
In conclusione, se cercate uno shonen fuori dai ranghi e con una forte personalità, e se apprezzate le trovate, come dire... bizzarre, le avventure di Jojo faranno sicuramente per voi e apprezzerete il tempo in compagnia della famiglia Joestar e delle sue innumerevoli generazioni, così diverse ma così uguali nell'avere sogni, speranze e beh, difetti, ovviamente.
La naturalezza con cui ci vengono presentate situazioni stravaganti e sopra le righe definisce il particolarissimo stile di Hirohiko Araki. A un certo punto si è così inseriti in questo "gioco" che quando poi si presentano delle situazioni o delle riflessioni un po' più serie ci si trova spiazzati. Credo che questo sia il maggior pregio di Jojo, il saper divertire pur facendo anche riflettere, e poi l'ignorare totalmente le leggi della fisica e della logica con una (non)coerenza e una spontaneità tali da far sembrare gli eccessi che ci passano davanti agli occhi quasi verosimili. Un trascinante vortice di colore e di zuffe, ma anche dei clichè tipici del genere, di cui a volte si fa coscientemente beffa.
Ma tralasciamo per un momento la mia personale opinione e guardiamo Jojo da un punto di vista più oggettivo. Visivamente l'anime, soprattutto considerato il budget, si presenta come un gioia per gli occhi. Devo ammettere che a prima vista il character design e il metodo di colorazione non mi avevano particolarmente colpito e tutto sembrava alquanto statico, ma più le puntate scorrevano e più mi trovavo a pensare che non l'avrei voluto vedere realizzato in nessun altro modo. La grafica veste perfettamente lo stile stravagante dell'autore in un continuo cortocircuito di pattern, colori ribaltati e onomatopee giganti. Questa particolare tecnica dona all'anime quella punta di psichedelia presente anche nell'opera originale ed è funzionale alla voluta (basti guardare il titolo) bizzarria dell'opera. Tecnicamente non sarà sicuramente il massimo, sinceramente non saprei neanche dire, ma lo stile c'è tutto e devo dire che per me è molto più importante lo stile che vedere ogni pelo del naso muoversi al vento.
Le musiche sono molto buone e, in linea con le principali sigle dell'anime, pescano a piene mani nell'immaginario musicale anni '70, in quanto ben si sposa con lo stile e i colori dell'anime. Ci sono le dovute eccezioni, ovviamente nelle situazioni drammatiche e riflessive la linea musicale si adatterà al momento, ma la personalissima vena di questa serie è spesso accompagnata dalle sonorità di quegli anni, spezzate da qualche break hip hop. Il solo fatto che i frammenti di "Roundabout" siano il tema principale dell'anime, poi, alza la mia asticella di gradimento della soundtrack, del resto gli Yes sono stati allo stesso tempo dei grandi esponenti del genere (che io apprezzo molto, se non si fosse notato) e fra quelli che, a mio parere, hanno contribuito a renderlo leggermente più accessibile (mi si concederà che "Roundabout" è un pelino più orecchiabile di una pur fantastica "21th Century Schizoid Man"). Se come me siete appassionati della musica di quei tempi, il rischio che a fine visione vi ritroviate a spolverare un dimenticato cd dei "Supertramp" o degli stessi "Yes" è altissimo.
A livello strutturale Jojo si presenta come un classico battle shonen con delle graditissime variazioni sul tema e una valanga di trovate originali ed eccentriche, una su tutte la suddivisione della storia generale in filoni generazionali. Oltre a permettere di portare fra i temi il tempo, un argomento fra i più affascinanti di sempre insieme all'universo, questa trovata geniale permette all'autore di cambiare ambientazione e personaggi periodicamente, a guadagno ovviamente della originalità e della varietà di situazioni e temi. Temi che sicuramente non verranno sviscerati, ma ben abbozzati sicuramente si, e una bozza è sufficiente a ricamarci sopra e continuare la riflessione per conto proprio, quindi direi che per un battle shonen siamo più che bene.
La trama è quanto di più semplice possa esistere ed è quasi interamente contenuta nel titolo. In buona sostanza seguiremo gli avvenimenti a cui hanno preso parte i discendenti della famiglia Joestar nelle varie epoche, ritrovandoci a esplorare vari contesti, con relativi antagonisti e compagni ma con un filo rosso che li unisce. Quindi non è tanto il "cosa" che colpisce, quello che colpisce è il "come". Le vicende dei personaggi sono gestite in maniera dinamica e coinvolgente e ne succedono veramente di tutti i colori, ve lo posso assicurare. Eventi improbabili che rimettono in ballo la sorte dei personaggi si susseguono a un ritmo incessante per quasi tutta la durata dell'anime, conditi da colpi di scena ben pensati, amicizie, sofferenze e un pizzico (fate due) di trash, che non guasta. Se gli ingredienti vi ispirano resterete sicuramente catturati da quella corsa a perdifiato che è Jojo. Ritrovarsi poi a vedere agire il tempo sui personaggi che abbiamo imparato a conoscere è un po' come vedere il tempo che agisce su di noi e infonde una dolce malinconia, già, perché con il passare del tempo passano anche le persone, ma c'è qualcosa in quel personaggio che si chiama sempre Jojo che non passa mai.
Il fumetto ha un sacco di anni sulle spalle ma devo dire che non li dimostra proprio! Anche se si avverte qualcosa di classico (qualcuno ha detto "Ken"?) specialmente nel design dei personaggi, i meccanismi adottati e le dinamiche dei combattimenti sono così freschi che viene da chiedersi come qualcuno non l'abbia preso in mano prima per una versione animata.
Mi dispiace solo di non averla vista abbastanza recentemente da poter argomentare le mie opinioni come vorrei, ma visto che a breve è stata confermata la seconda serie di questa piccola perla, ho pensato che fosse il momento giusto per ripescarla dalle memorie.
In conclusione, se cercate uno shonen fuori dai ranghi e con una forte personalità, e se apprezzate le trovate, come dire... bizzarre, le avventure di Jojo faranno sicuramente per voi e apprezzerete il tempo in compagnia della famiglia Joestar e delle sue innumerevoli generazioni, così diverse ma così uguali nell'avere sogni, speranze e beh, difetti, ovviamente.