Recensione
Yowamushi Pedal
3.0/10
Lo sport è il pedale della vita; una frase che ben veste le condizioni del protagonista di questa serie. "Yowamushi Pedal" è un anime sportivo, focalizzato quasi integralmente sulla passione per le corse ciclistiche in ambito liceale. Un classico spokon, con i suoi tanti eccessi sul piano fisico, ma forse fin troppo lineare nella trama e nelle evoluzioni, che, con l'andar del tempo, risulteranno sempre più banali, pesanti e noiose.
Il protagonista della serie è un otaku esile, di cui non c'è dato sapere parecchio, a parte la sua ossessione per i gadget e gli anime. Pur di andare nelle zone migliori per il suo shopping post scolastico, percorre chilometri e chilometri con una bicicletta vecchia e mal tenuta, percorrendo salite mentre canticchia la sua OST preferita. Inizialmente tutto ciò, seppur già eccessivo, risulta quantomeno simpatico; ci sta, lui pedala senza pensare, senza competizioni di mezzo, e si presenta come un personaggio un po' atipico, perché ci metterà un po' prima di convincersi a mollare la vecchia bici per tentare qualcosa di più. Persuaso soprattutto da un suo coetaneo e studente presso la stessa scuola, qua inizia il peggio: ci vengono presentati personaggi che hanno perso anni di vita dietro la bicicletta, ragazzini dagli allenamenti rigidi, abituati a corse con centinaia di partecipanti... in poche parole tutto quel che il nostro protagonista quattrocchi non è, eppure, si troverà sempre e comunque a superare. Non importa quanto l'autore enfatizzi i sacrifici e la forza del prossimo, la "pedalata del mingherlino" non si arresta mai, dando così una sensazione di regressione di quasi tutto il cast. In bicicletta si va da soli, ma questo sarebbe un contesto scolastico, un club che collabora per rinforzarsi da solo; peccato che ci ritroviamo sempre i soliti show, che pare abbiano messaggi subliminali sul quanto sono stupidi quelli che si allenano fino a star male. Questo punto si attenua nella terza fase di questa serie, dove l'ipocrisia regna sovrana: far marciare al massimo e in maniera brillante tutto il team del protagonista non vuol dire farli crescere, il tutto risulta sempre più deleterio per la serie, che diventerà presto uno spettacolo del buonismo, una fiera della piattezza. Sì, è vero, i buoni vincono sempre, ma quale sportivo è mai stato tifato davvero con il cuore, senza una controparte degna di tale nome? Questo è un altro problema che, con il procedere degli episodi, sarà sempre più manifesto: manca un antagonista come si deve. Uno realistico per motivazioni, uno che ti dà l'impressione di poter battere l'avversario con la sua tecnica. Un'ombra che ritroviamo in qualsiasi sportivo entusiasmante, ma che qua viene buttata al vento prima ancora che possa convincerci. Chi dovrebbe starci antipatico viene caricato di trash: espressioni al limite dello sgradevole, scaramucce simili a quelle tra bambini ci fanno percepire che nessuno sa plasmare un nemico, e più volte si avrà la riprova di quanto si senta la lacuna che si espande sempre di più.
Questo è in poche parole un anime pianeggiante, non c'è mai un sassolino che ti fa sobbalzare, e, quando si metteranno da parte le scene fuori dalla pista, si raggiungerà un livello di noia inestimabile. I comprimari sono un lavoretto ben svolto, ma niente d'eccelso. Li si riconosce visivamente e caratterialmente, ma non hanno grossi sviluppi: quelli legati alle corse sembrano persino fin troppo accollati a quelli dei loro presunti contendenti, non pensano mai a loro in singolo, su ciò che vogliono raggiungere senza amici o nemici di mezzo. Non crescono, ci vogliono far credere che con i loro grandi sforzi stiano diventando grandi uomini e grandi sportivi, ma la verità è che manca una maturazione psicologica e privata.
Sul piano tecnico ci troviamo di fronte a un modesto prodotto, che, pur sfiorando la quarantina di episodi, non ha mai avuto né picchi né discese clamorose. I personaggi, come detto, non sono il massimo della bellezza, spesso fin troppo esagerati, e anatomicamente improbabili. Lo si salva perché ci si trova davanti a un prodotto che non va preso sul serio, e che riesce con un buon doppiaggio a rendere un tantino umani tutti, che abbiano tre metri di lingua, il collo snodabile o due metri di mento appuntito. Le OST sono sul livello medio, con una canzoncina che ti entra nella testa, ovvero quella della serie preferita del protagonista, la quale si sentirà tantissimo. La regia, invece, non passa la prova, tende a non saper gestire il tempo delle gare, le allunga, stira e gonfia il più possibile, e questo, ovviamente, le rovina.
In poche parole, "Yowamushi Pedal" è uno spokon per gli amanti della non credibilità e soprattutto del buonismo; se cercate vera competizione, questo prodotto non fa per voi. Ha una buona parte iniziale, con una commedia che tutto sommato funziona, ma è carente dal lato sportivo. E quando il tuo punto debole dovrebbe essere il tema principale, non si può che venir bocciati.
Il protagonista della serie è un otaku esile, di cui non c'è dato sapere parecchio, a parte la sua ossessione per i gadget e gli anime. Pur di andare nelle zone migliori per il suo shopping post scolastico, percorre chilometri e chilometri con una bicicletta vecchia e mal tenuta, percorrendo salite mentre canticchia la sua OST preferita. Inizialmente tutto ciò, seppur già eccessivo, risulta quantomeno simpatico; ci sta, lui pedala senza pensare, senza competizioni di mezzo, e si presenta come un personaggio un po' atipico, perché ci metterà un po' prima di convincersi a mollare la vecchia bici per tentare qualcosa di più. Persuaso soprattutto da un suo coetaneo e studente presso la stessa scuola, qua inizia il peggio: ci vengono presentati personaggi che hanno perso anni di vita dietro la bicicletta, ragazzini dagli allenamenti rigidi, abituati a corse con centinaia di partecipanti... in poche parole tutto quel che il nostro protagonista quattrocchi non è, eppure, si troverà sempre e comunque a superare. Non importa quanto l'autore enfatizzi i sacrifici e la forza del prossimo, la "pedalata del mingherlino" non si arresta mai, dando così una sensazione di regressione di quasi tutto il cast. In bicicletta si va da soli, ma questo sarebbe un contesto scolastico, un club che collabora per rinforzarsi da solo; peccato che ci ritroviamo sempre i soliti show, che pare abbiano messaggi subliminali sul quanto sono stupidi quelli che si allenano fino a star male. Questo punto si attenua nella terza fase di questa serie, dove l'ipocrisia regna sovrana: far marciare al massimo e in maniera brillante tutto il team del protagonista non vuol dire farli crescere, il tutto risulta sempre più deleterio per la serie, che diventerà presto uno spettacolo del buonismo, una fiera della piattezza. Sì, è vero, i buoni vincono sempre, ma quale sportivo è mai stato tifato davvero con il cuore, senza una controparte degna di tale nome? Questo è un altro problema che, con il procedere degli episodi, sarà sempre più manifesto: manca un antagonista come si deve. Uno realistico per motivazioni, uno che ti dà l'impressione di poter battere l'avversario con la sua tecnica. Un'ombra che ritroviamo in qualsiasi sportivo entusiasmante, ma che qua viene buttata al vento prima ancora che possa convincerci. Chi dovrebbe starci antipatico viene caricato di trash: espressioni al limite dello sgradevole, scaramucce simili a quelle tra bambini ci fanno percepire che nessuno sa plasmare un nemico, e più volte si avrà la riprova di quanto si senta la lacuna che si espande sempre di più.
Questo è in poche parole un anime pianeggiante, non c'è mai un sassolino che ti fa sobbalzare, e, quando si metteranno da parte le scene fuori dalla pista, si raggiungerà un livello di noia inestimabile. I comprimari sono un lavoretto ben svolto, ma niente d'eccelso. Li si riconosce visivamente e caratterialmente, ma non hanno grossi sviluppi: quelli legati alle corse sembrano persino fin troppo accollati a quelli dei loro presunti contendenti, non pensano mai a loro in singolo, su ciò che vogliono raggiungere senza amici o nemici di mezzo. Non crescono, ci vogliono far credere che con i loro grandi sforzi stiano diventando grandi uomini e grandi sportivi, ma la verità è che manca una maturazione psicologica e privata.
Sul piano tecnico ci troviamo di fronte a un modesto prodotto, che, pur sfiorando la quarantina di episodi, non ha mai avuto né picchi né discese clamorose. I personaggi, come detto, non sono il massimo della bellezza, spesso fin troppo esagerati, e anatomicamente improbabili. Lo si salva perché ci si trova davanti a un prodotto che non va preso sul serio, e che riesce con un buon doppiaggio a rendere un tantino umani tutti, che abbiano tre metri di lingua, il collo snodabile o due metri di mento appuntito. Le OST sono sul livello medio, con una canzoncina che ti entra nella testa, ovvero quella della serie preferita del protagonista, la quale si sentirà tantissimo. La regia, invece, non passa la prova, tende a non saper gestire il tempo delle gare, le allunga, stira e gonfia il più possibile, e questo, ovviamente, le rovina.
In poche parole, "Yowamushi Pedal" è uno spokon per gli amanti della non credibilità e soprattutto del buonismo; se cercate vera competizione, questo prodotto non fa per voi. Ha una buona parte iniziale, con una commedia che tutto sommato funziona, ma è carente dal lato sportivo. E quando il tuo punto debole dovrebbe essere il tema principale, non si può che venir bocciati.