Recensione
Tokyo Ghoul √A
5.0/10
Il mondo è bello perché vario e le opinioni altrui andrebbero sempre accettate di buon grado. A tutto però c'è un limite, e quel limite si chiama "decenza".
Di cosa parli Tokyo Ghoul oramai lo sanno anche le pietre, così come è stranoto il successo avuto dalla sua prima trasposizione animata durante l'estate 2014. Peccato però che solo in pochi si siano resi conti dell'infima qualità con la quale tale serie sia stata realizzata e di come essa abbia letteralmente ridicolizzato quanto di buono era stato fatto nel manga dal suo instancabile autore Sui Ishida. Allo Studio Pierrot sembrano però essersi resi conto del disastro combinato e, nel tentativo di rimediare, hanno deciso di coinvolgere lo stesso Ishida nella stesura della sceneggiatura di questo sequel intitolato Tokyo Ghoul √A.
In realtà non c'è molto da dire riguardo questa seconda stagione, se non il fatto che la scelta di non seguire alla lettera la storia del manga si sia rivelata vincente rispetto al passato e che ciò abbia permesso di poter confezionare un prodotto abbastanza fruibile sul piano dei ritmi narrativi e della regia. Il macchinoso stile di Ishida è stato difatti messo da parte dallo stesso autore che, inquadrate meglio le dinamiche di un lavoro di animazione, ha semplificato di molto lo svolgersi degli eventi, tagliando un po' a destra e a manca, ma con criterio e coerenza (cosa del tutto assente nella prima serie).
È a questo punto che Tokyo Ghoul √A va preso e analizzato con la giusta oggettività.
Durante i primi episodi avremo difatti una storia nuova, ben congegnata e in grado di porre allo spettatore scenari narrativi alternativi che aprono la strada a situazioni intriganti e originali. Questo taglio netto con il manga avviene fin dal primo episodio con l'entrata di Ken nell'Aogiri, soluzione interessante che poteva portare a tanti sviluppi e rivelazioni su questa tanto temuta organizzazione. Purtroppo però è il dio denaro a comandare e, probabilmente a causa di scelte puramente commerciali, il progetto iniziale di Ishida viene gradualmente accantonato per dare spazio a un maldestro collage di situazioni prese dal manga. Ci ritroveremo così a vedere del tutto annullata la trama fino a quel momento sviluppata a favore di eventi del tutto sconnessi fra di loro e a cui non si riesce a dare una spiegazione sufficientemente plausibile (Perché quelli dell'Aogiri non hanno battuto ciglio all'uscita di Ken dal loro gruppo? Perché "Gourmet" Tsukiyama reagisce in modo così esagerato alla volontà di Ken di entrare in conflitto con la CCG durante le battute finali della serie? Chi sono quelle gemelle uccise da Juuzou in carcere e chi le ha mandate?).
Insomma, un bel casino narrativo di cui lo Studio Pierrot sembra proprio non voler fare a meno, propinandoci così un prodotto incompleto i cui unici spunti narrativi di rilievo sono stati brutalmente messi da parte per fare spazio a un lavoro goffamente commerciale.
Tecnicamente la serie si assesta sui mediocri livelli di quella precedente, con pessime animazioni e una regia a dir poco imbarazzante e dilettantistica (se si esclude l'ultimo episodio che è veramente ben fatto). L'unica cosa che si salva è il comparto sonoro con le ottime musiche di Yutaka Yamada e le inusuali, ma piene di fascino, sigle d'apertura e chiusura (a tal proposito vi consiglio la splendida Kisetsu wa Tsugitsugi Shindeiku degli amazarashi).
In conclusione possiamo dire che Tokyo Ghoul √A è una serie riuscita a metà, che parte alla grande e con ottime idee, ma il cui potenziale narrativo viene ingiustificatamente messo da parte per fare spazio a un prodotto artisticamente blando e confusionario.
Di cosa parli Tokyo Ghoul oramai lo sanno anche le pietre, così come è stranoto il successo avuto dalla sua prima trasposizione animata durante l'estate 2014. Peccato però che solo in pochi si siano resi conti dell'infima qualità con la quale tale serie sia stata realizzata e di come essa abbia letteralmente ridicolizzato quanto di buono era stato fatto nel manga dal suo instancabile autore Sui Ishida. Allo Studio Pierrot sembrano però essersi resi conto del disastro combinato e, nel tentativo di rimediare, hanno deciso di coinvolgere lo stesso Ishida nella stesura della sceneggiatura di questo sequel intitolato Tokyo Ghoul √A.
In realtà non c'è molto da dire riguardo questa seconda stagione, se non il fatto che la scelta di non seguire alla lettera la storia del manga si sia rivelata vincente rispetto al passato e che ciò abbia permesso di poter confezionare un prodotto abbastanza fruibile sul piano dei ritmi narrativi e della regia. Il macchinoso stile di Ishida è stato difatti messo da parte dallo stesso autore che, inquadrate meglio le dinamiche di un lavoro di animazione, ha semplificato di molto lo svolgersi degli eventi, tagliando un po' a destra e a manca, ma con criterio e coerenza (cosa del tutto assente nella prima serie).
È a questo punto che Tokyo Ghoul √A va preso e analizzato con la giusta oggettività.
Durante i primi episodi avremo difatti una storia nuova, ben congegnata e in grado di porre allo spettatore scenari narrativi alternativi che aprono la strada a situazioni intriganti e originali. Questo taglio netto con il manga avviene fin dal primo episodio con l'entrata di Ken nell'Aogiri, soluzione interessante che poteva portare a tanti sviluppi e rivelazioni su questa tanto temuta organizzazione. Purtroppo però è il dio denaro a comandare e, probabilmente a causa di scelte puramente commerciali, il progetto iniziale di Ishida viene gradualmente accantonato per dare spazio a un maldestro collage di situazioni prese dal manga. Ci ritroveremo così a vedere del tutto annullata la trama fino a quel momento sviluppata a favore di eventi del tutto sconnessi fra di loro e a cui non si riesce a dare una spiegazione sufficientemente plausibile (Perché quelli dell'Aogiri non hanno battuto ciglio all'uscita di Ken dal loro gruppo? Perché "Gourmet" Tsukiyama reagisce in modo così esagerato alla volontà di Ken di entrare in conflitto con la CCG durante le battute finali della serie? Chi sono quelle gemelle uccise da Juuzou in carcere e chi le ha mandate?).
Insomma, un bel casino narrativo di cui lo Studio Pierrot sembra proprio non voler fare a meno, propinandoci così un prodotto incompleto i cui unici spunti narrativi di rilievo sono stati brutalmente messi da parte per fare spazio a un lavoro goffamente commerciale.
Tecnicamente la serie si assesta sui mediocri livelli di quella precedente, con pessime animazioni e una regia a dir poco imbarazzante e dilettantistica (se si esclude l'ultimo episodio che è veramente ben fatto). L'unica cosa che si salva è il comparto sonoro con le ottime musiche di Yutaka Yamada e le inusuali, ma piene di fascino, sigle d'apertura e chiusura (a tal proposito vi consiglio la splendida Kisetsu wa Tsugitsugi Shindeiku degli amazarashi).
In conclusione possiamo dire che Tokyo Ghoul √A è una serie riuscita a metà, che parte alla grande e con ottime idee, ma il cui potenziale narrativo viene ingiustificatamente messo da parte per fare spazio a un prodotto artisticamente blando e confusionario.