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7.0/10
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Sembrerebbe semplice inquadrare "UN-GO" come un esperimento fallito: un tentativo blando di costruire una serie a base di casi risolvibili solo grazie all'intuito del detective, fallito in partenza per via della banalità di certe soluzioni e per via dello scarso numero di sospettati in ogni puntata; una strana congiunzione di elementi tecnologici e sovrannaturali senza basi precise, troppo confusionaria per lasciare l'immagine di un mondo credibile nella mente dello spettatore. Il dipinto illustrato è chiaro, non ci sono dubbi né sulla trama insulsa, né sull'aspetto grafico insignificante, con ben poche sorprese.

Eppure c'è qualche ombra nel disegno, aspetti dai contorni fumosi che vengono percepiti a stento durante la prima visione: un'atmosfera di desolante fatalismo che impregna l'opera, affascinando irrimediabilmente lo spettatore; la consapevolezza disincantata del detective che cammina, cercando ad ogni passo uno sprazzo di luce invisibile. A una seconda visione la nebbia si dipana e apre il sipario su "UN-GO", nella sua interezza: una serie animata che denuncia e critica l'ipocrisia e i segreti perpetuati dalle persone che fanno parte della società, corrotta e meschina.

Una contrapposizione fra verità e menzogna che si palesa tramite gli stessi protagonisti dell'anime: Shinjuurou Yuuki è il "Detective Sconfitto", destinato a restare sempre secondo rispetto al consulente del governo Rinroku Kaishou, mente brillante capace di trovare le soluzioni di ogni caso grazie all'utilizzo delle nuove tecnologie; Shinjuurou usa solo il classico metodo deduttivo, considerato ormai inefficiente rispetto ai mezzi a disposizione dell'eterno rivale, ma come la serie inganna nel corso della sua visione, così i ruoli preimpostati nei primi minuti si dimostrano creati a regola d'arte. Il "Detective Sconfitto" è in realtà colui che porta a galla la soluzione di ogni caso, per poi vederla insabbiata e sostituita da Kaishou e gli altri agenti del governo con una più consona alla situazione politica attuale. L'unico sistema con cui Shinjuurou può conservare la verità è quello di darla in pasto a Inga, sua assistente sotto le cui sembianze si nasconde un demone goloso di anime che nascondono dei segreti e di cui lei può nutrirsi dopo aver sottoposto l'essere umano prescelto a una sola domanda, a cui è impossibile mentire.

Una magra consolazione che pare bastare al giovane detective, costantemente in cammino con Inga per cercare la tanto agognata verità, in un Giappone che da mero sfondo si eleva ad elemento fondamentale della serie, forse perfino più incisivo dei suoi stessi abitanti. Sgargiante ma al tempo stesso grigiastro, il Paese rivela le ferite subite dalla guerra e il disperato desiderio di celarle: palazzi e case di lusso si scontrano con edifici distrutti dai bombardamenti, uomini ricchi e potenti cozzano con i poveri a cui il conflitto ha tolto ogni cosa. Una confusione da cui nasce un mondo distopico, il quale cattura e infastidisce in un'instancabile dicotomia fra realtà e verità "sicure", approvate dal governo.

Gli occhi mediante cui si assiste allo spettacolo sono quelli di Shinjuurou, ancora una volta in opposizione rispetto alla visione di Kaishou: il Detective Sconfitto illumina ogni caso di una luce pessimistica, in cui le sfaccettature sono scure e crudeli; l'umanità non riserva nulla di buono per il mondo, i colpevoli e i sospettati occultano i loro misfatti per orgoglio e per apparire immacolati, vittime quanto le medesime persone che uccidono per il loro tornaconto. Shinjuurou rappresenta la faccia della medaglia che non sopporta la ragnatela di bugie tessuta per coprire i misfatti della guerra, trovandola esasperante.

Una discesa vertiginosa che non accenna ad arrestarsi, fino a quando la seconda metà dell'anime non inizia a bilanciare l'opinione scoraggiata di Shinjuurou con il diverso punto di vista di Kaishou; la serie analizza l'altra faccia della medaglia: la bugia realizzata per proteggere al posto di una realtà che ferirebbe. Un'idea in completa antitesi con la visione del giovane protagonista, per questo destinate a scontrarsi eternamente, senza mai riuscire a giungere a un compromesso. La serie presenta la disputa in un modo che sembra quasi chiedere allo spettatore: da che parte starebbe in una situazione del genere? Sarebbe meglio far emergere la verità sempre e comunque? O forse sarebbe meglio accettare qualche piccola menzogna, per il bene comune?

Interrogativi importanti su cui l'anime concentra gran parte delle energie, ma spesso utilizzando metafore ed elementi fin troppo articolati per raggiungere il suo scopo: i vari casi presenti gettano fumo negli occhi del pubblico, soprattutto quando verso la conclusione si mostrano trame più complesse, le quali tendono ad offuscare il messaggio di fondo dell'anime. La volontà di voler costruire una serie animata ricca di contenuti si dimostra probabilmente troppo ambiziosa, considerato l'esiguo numero di puntate a disposizione per esplorare i temi della serie, fornendo anche una serie di vicende a tinte gialle il più possibile appassionante.

In compenso, "UN-GO" si manifesta come una piacevole riscoperta, capace di attrarre lo spettatore con la forza dei suoi contenuti, di metterlo regolarmente alla prova con domande a cui diventa sempre più difficile fornire una risposta, mano a mano che la serie procede verso il finale. Il dualismo concernente le diverse maniere di porre la verità rappresenta la colonna portante che calamita attorno a sé ogni elemento, anche se questi ultimi non vengono tratteggiati spesso approfonditamente, come nel caso di molti personaggi secondari poco interessanti o della strana fusione degli aspetti tecnologici e sovrannaturali, abbastanza bislacca e inefficace.

Sette, per la seconda visione che eleva la serie animata al rango di prodotto maturo e intelligente, ma forse fin troppo "ingegnoso" per il suo stesso bene.