Recensione
L'Uomo che Cammina
9.0/10
Sono molti i nomi che risplendono forte nel panorama artistico giapponese, ma solo pochi raggiungono una notorietà tale da divenire leggende. Jiro Taniguchi è tra questi. O meglio, è il suo modo di concepire il manga a renderlo uno dei più grandi artisti degli ultimi trent'anni. Per quanto esistano opere diversissime fra loro, non c'è dubbio che il tipo di manga più popolare abbia certe caratteristiche. Quelle medesime peculiarità in antitesi con il concetto stesso che Taniguchi ha di manga. Il che non vuol dire affatto che quelli di Taniguchi non siano manga ma, al contrario, dimostra come una tale forma d'arte può essere completamente differente da quello che è di solito. La dimostrazione ci viene offerta dal maestro Taniguchi con il capolavoro L'uomo che cammina, un manga privo di avventura, lotte mortali, tragedia e comicità
Nell'uomo che cammina troviamo la volontà dell'autore di narrare la storia mantenendola su un livello emozionale decisamente intermedio, a testimonianza di come la vita sia un agglomerato di sentimenti lievi e di lunghi momenti di attesa, che troppo spesso ci passano fra le dita senza che si riesca a dar loro l'importanza che realmente meritano. Partendo da questa riflessione, inizia a formarsi lo scheletro di tale opera, incentrata su un uomo, di cui non si conosce l'identità, che intraprende un cammino solitario, tranquillo.
Lo sguardo è beato, il sorriso sereno, il passo mansueto. È questa la prima immagine dell'uomo che cammina. La serenità è accentuata dall'ambiente circostante, una stradina della capitale giapponese. Fin dalla prima osservazione nascono dei presentimenti che verranno poi confermati: il protagonista non è un casuale uomo che cammina, ma la sua azione sfocia in un complicato processo mentale, ovvero l'osservazione e la riflessione che scaturisce da essa.
Ed infatti, noi lettori non ci limitiamo ad osservarlo con i nostri occhi, ma spesso usiamo proprio quelli del protagonista, riuscendo in parte a vedere ciò che lui vede. Taniguchi ci propone, così, una storia da seguire, caratterizzata da un'identificazione attiva, che non non nasce da forti emozioni, ma proprio dallo sguardo meravigliato del protagonista.
Nel manga sono presenti anche rari momenti di placida azione, evidenziati dalle onomatopee. Onomatopee rivoluzionarie. Se nella maggior parte dei manga i "suoni scritti" vengono principalmente usati per accentuare un momento di forte impatto, qui Taniguchi le usa per soffermarsi, e farci soffermare, sui suoni deboli, appena percettibili. Anche i suoni ci aiutano, così, ad entrare nella particolare atmosfera del manga.
Proprio perché Taniguchi vuole rappresentare la realtà, il suo stile vuole essere al massimo realista e credibile. Ogni sua tavola è minuziosamente studiata e disegnata, contrassegnata da una semplicità e tranquillità unica. L'autore, infatti, usa pochi balloon, praticamente assenti nelle immagini a tutto pagina, a testimonianza di come la narrazione deve focalizzarsi solo sulla semplicità della vita e non sul suo lato articolato, che sarebbe stato reso perfettamente con continui dialoghi, non presenti nel manga.
L'uomo che cammina è considerato uno dei capi saldi della narrazione giapponese. Non è un caso la sua risaputa rarità, dato che ormai è esaurito da parecchio. Ma se avete l'opportunità di comprarlo, spendete qualsiasi cifra, perché ne vale realmente la pena.
Nell'uomo che cammina troviamo la volontà dell'autore di narrare la storia mantenendola su un livello emozionale decisamente intermedio, a testimonianza di come la vita sia un agglomerato di sentimenti lievi e di lunghi momenti di attesa, che troppo spesso ci passano fra le dita senza che si riesca a dar loro l'importanza che realmente meritano. Partendo da questa riflessione, inizia a formarsi lo scheletro di tale opera, incentrata su un uomo, di cui non si conosce l'identità, che intraprende un cammino solitario, tranquillo.
Lo sguardo è beato, il sorriso sereno, il passo mansueto. È questa la prima immagine dell'uomo che cammina. La serenità è accentuata dall'ambiente circostante, una stradina della capitale giapponese. Fin dalla prima osservazione nascono dei presentimenti che verranno poi confermati: il protagonista non è un casuale uomo che cammina, ma la sua azione sfocia in un complicato processo mentale, ovvero l'osservazione e la riflessione che scaturisce da essa.
Ed infatti, noi lettori non ci limitiamo ad osservarlo con i nostri occhi, ma spesso usiamo proprio quelli del protagonista, riuscendo in parte a vedere ciò che lui vede. Taniguchi ci propone, così, una storia da seguire, caratterizzata da un'identificazione attiva, che non non nasce da forti emozioni, ma proprio dallo sguardo meravigliato del protagonista.
Nel manga sono presenti anche rari momenti di placida azione, evidenziati dalle onomatopee. Onomatopee rivoluzionarie. Se nella maggior parte dei manga i "suoni scritti" vengono principalmente usati per accentuare un momento di forte impatto, qui Taniguchi le usa per soffermarsi, e farci soffermare, sui suoni deboli, appena percettibili. Anche i suoni ci aiutano, così, ad entrare nella particolare atmosfera del manga.
Proprio perché Taniguchi vuole rappresentare la realtà, il suo stile vuole essere al massimo realista e credibile. Ogni sua tavola è minuziosamente studiata e disegnata, contrassegnata da una semplicità e tranquillità unica. L'autore, infatti, usa pochi balloon, praticamente assenti nelle immagini a tutto pagina, a testimonianza di come la narrazione deve focalizzarsi solo sulla semplicità della vita e non sul suo lato articolato, che sarebbe stato reso perfettamente con continui dialoghi, non presenti nel manga.
L'uomo che cammina è considerato uno dei capi saldi della narrazione giapponese. Non è un caso la sua risaputa rarità, dato che ormai è esaurito da parecchio. Ma se avete l'opportunità di comprarlo, spendete qualsiasi cifra, perché ne vale realmente la pena.