Recensione
Cross Game
8.0/10
<b>ATTENZIONE SPOILER</b>
Si è appena concluso, con il volume n. 17, Cross Game, uno dei più recenti lavori del Maestro Mitsuru Adachi, manga vincitore del Premio Shogakukan nella categoria shonen nel 2009. Che dire? I "topoi" di Adachi ci sono tutti: la poesia della quotidianità, lo sport, la gioventù, un sogno da realizzare e la morte inaspettata e prematura di una delle protagoniste principali: la dolce e bella Wakaba, bambina di appena 11 anni. Questo tragico evento cambierà per sempre la vita e l'anima di coloro che la amavano, lasciando in loro un vuoto incolmabile ma, nello stesso tempo, il suo ricordo nelle loro menti resterà così vivo da influenzare in maniera decisiva le loro esistenze, le loro scelte. Un assenza che diventa presenza direi, come se la loro amata esistesse ancora e ne fosse la guida.
Veri protagonisti della storia sono proprio coloro che sono stati più segnati dalla scomparsa di Wakaba, visto il rapporto particolare che li legava a lei: Aoba Tsukishima, la sorella più piccola di un anno, e Kitamura Ko, vicino di casa ma più che altro oggetto dell'amore e della stima di Wakaba, da sempre.
Proprio questo particolare legame che unisce Ko e Wakaba, indispettisce e ingelosisce (di chi?) Aoba in continuazione e non fa che inasprire il suo carattere già scontroso, ruvido e indomabile. A ciò si aggiunge la svogliatezza con cui Ko si dedica al baseball, vera passione di Aoba, e la convinzione di Wakaba che Ko potrebbe diventare il miglior lanciatore del Giappone un giorno.
La sua antipatia e ostilità per Ko, perciò, perdura anche dopo che molti anni sono passati dalla tragedia. Il dolore che entrambi hanno vissuto in modo prepotente, la costante assenza di Wakaba che avvertono, pensando a lei in continuazione, non avvicina Aoba a Ko, non la ammorbidisce. Per lei, lui resterà sempre l'oggetto del suo odio. Mentre per lui, lei sarà l'unica ragazza capace di conquistarlo, proprio per la sua energia e caparbietà.
Ci vorrà il baseball (vero sport catartico per Adachi) e il comune desiderio di realizzare l'ultimo sogno di Wakaba, di vedere Ko arrivare al Koshien, ad avvicinarli piano piano, a far realizzare ad Aoba, anche se contro voglia, che Wakaba aveva ragione ad apprezzare Ko per le sue qualità umane, il carattere e le sue capacità nel baseball, che ne fanno un asso. Lui per conquistarla darà il massimo, arriverà al Koshien e riuscirà addirittura a lanciare la palla a 160 km/h, per dimostrare di essere il suo ragazzo ideale. Come compenso, si beccherà un bello schiaffo da Aoba per aver tentato di abbracciarla per la felicità di aver vinto e realizzato il desiderio di Wakaba. Tranquilli: subito dopo arriverà il cedimento di Aoba, che si lascerà andare ad un pianto liberatorio, di gratitudine e di felicità, sul petto di Ko.
Il finale è di quelli Adachiani alla massima potenza. Le mani di Aoba e Ko che finalmente si trovano e i pensieri di lei che continuano a insistere sul fatto che, più di chiunque altro, per sempre lei lo... detesta.
Forse questa volta però finalmente consapevole della falsità di questi suoi pensieri. È un finale aperto, come al solito, forse perché Adachi desidera far continuare a vivere i personaggi al di là dell'ultima vignetta del manga e non mettere il punto definitivo.
Così mi piace immaginare Ko e Aoba che continuano ancora adesso a bisticciare tra di loro come d'abitudine, con la consapevolezza però che si vogliono bene e sono fatti l'uno per l'altra.
Lo stile del manga non ha bisogno di molte parole. Chi ha già letto Adachi ritroverà tutte le caratteristiche tipiche di questo autore: un disegno semplice, tavole pulite e ordinate, momenti di silenzio e di pausa, che non fanno che accrescere l'aspettativa del lettore per le vignette successive. Naturalmente, anche se sempre gli stessi, i disegni del maestro si sono comunque evoluti nel corso degli anni e migliorati, senza perdere la loro identità. Il mio voto dipende dal fatto che non raggiunge i livelli massimi di Touch: anche se la storia un po' gli si avvicina, non raggiunge i vertici del suo capolavoro. In ogni caso è un voto alto perché Adachi tratta sempre emozioni e sentimenti profondi: i suoi protagonisti sembrano reali e comunicano una complessità interiore che difficilmente si trova in altri manga. La loro sostanza, il loro animo resta sempre un po' nascosto a noi lettori che dobbiamo intuire, osservare, riflettere sui loro comportamenti e sentimenti per cercare di capirli a fondo al di là della superficie. Restano creature complesse, con un alone di insondabile, così come accade nella vita reale con le persone che incontriamo quotidianamente. Riuscire a creare una situazione del genere, tramite disegni, non spettacolari poi, è veramente difficile,se ci si riflette. E poi il tutto è condito con una forte dose di ironia, di battute simpatiche e originali, di personaggi che sono macchiette e rallegrano la vicenda e le danno brio.
Adachi regala sempre opere di qualità, senza banalità, senza sentimentalismi da romanzetti rosa, situazioni eclatanti ma irreali e da soap opera. Il che non è davvero poco.
Si è appena concluso, con il volume n. 17, Cross Game, uno dei più recenti lavori del Maestro Mitsuru Adachi, manga vincitore del Premio Shogakukan nella categoria shonen nel 2009. Che dire? I "topoi" di Adachi ci sono tutti: la poesia della quotidianità, lo sport, la gioventù, un sogno da realizzare e la morte inaspettata e prematura di una delle protagoniste principali: la dolce e bella Wakaba, bambina di appena 11 anni. Questo tragico evento cambierà per sempre la vita e l'anima di coloro che la amavano, lasciando in loro un vuoto incolmabile ma, nello stesso tempo, il suo ricordo nelle loro menti resterà così vivo da influenzare in maniera decisiva le loro esistenze, le loro scelte. Un assenza che diventa presenza direi, come se la loro amata esistesse ancora e ne fosse la guida.
Veri protagonisti della storia sono proprio coloro che sono stati più segnati dalla scomparsa di Wakaba, visto il rapporto particolare che li legava a lei: Aoba Tsukishima, la sorella più piccola di un anno, e Kitamura Ko, vicino di casa ma più che altro oggetto dell'amore e della stima di Wakaba, da sempre.
Proprio questo particolare legame che unisce Ko e Wakaba, indispettisce e ingelosisce (di chi?) Aoba in continuazione e non fa che inasprire il suo carattere già scontroso, ruvido e indomabile. A ciò si aggiunge la svogliatezza con cui Ko si dedica al baseball, vera passione di Aoba, e la convinzione di Wakaba che Ko potrebbe diventare il miglior lanciatore del Giappone un giorno.
La sua antipatia e ostilità per Ko, perciò, perdura anche dopo che molti anni sono passati dalla tragedia. Il dolore che entrambi hanno vissuto in modo prepotente, la costante assenza di Wakaba che avvertono, pensando a lei in continuazione, non avvicina Aoba a Ko, non la ammorbidisce. Per lei, lui resterà sempre l'oggetto del suo odio. Mentre per lui, lei sarà l'unica ragazza capace di conquistarlo, proprio per la sua energia e caparbietà.
Ci vorrà il baseball (vero sport catartico per Adachi) e il comune desiderio di realizzare l'ultimo sogno di Wakaba, di vedere Ko arrivare al Koshien, ad avvicinarli piano piano, a far realizzare ad Aoba, anche se contro voglia, che Wakaba aveva ragione ad apprezzare Ko per le sue qualità umane, il carattere e le sue capacità nel baseball, che ne fanno un asso. Lui per conquistarla darà il massimo, arriverà al Koshien e riuscirà addirittura a lanciare la palla a 160 km/h, per dimostrare di essere il suo ragazzo ideale. Come compenso, si beccherà un bello schiaffo da Aoba per aver tentato di abbracciarla per la felicità di aver vinto e realizzato il desiderio di Wakaba. Tranquilli: subito dopo arriverà il cedimento di Aoba, che si lascerà andare ad un pianto liberatorio, di gratitudine e di felicità, sul petto di Ko.
Il finale è di quelli Adachiani alla massima potenza. Le mani di Aoba e Ko che finalmente si trovano e i pensieri di lei che continuano a insistere sul fatto che, più di chiunque altro, per sempre lei lo... detesta.
Forse questa volta però finalmente consapevole della falsità di questi suoi pensieri. È un finale aperto, come al solito, forse perché Adachi desidera far continuare a vivere i personaggi al di là dell'ultima vignetta del manga e non mettere il punto definitivo.
Così mi piace immaginare Ko e Aoba che continuano ancora adesso a bisticciare tra di loro come d'abitudine, con la consapevolezza però che si vogliono bene e sono fatti l'uno per l'altra.
Lo stile del manga non ha bisogno di molte parole. Chi ha già letto Adachi ritroverà tutte le caratteristiche tipiche di questo autore: un disegno semplice, tavole pulite e ordinate, momenti di silenzio e di pausa, che non fanno che accrescere l'aspettativa del lettore per le vignette successive. Naturalmente, anche se sempre gli stessi, i disegni del maestro si sono comunque evoluti nel corso degli anni e migliorati, senza perdere la loro identità. Il mio voto dipende dal fatto che non raggiunge i livelli massimi di Touch: anche se la storia un po' gli si avvicina, non raggiunge i vertici del suo capolavoro. In ogni caso è un voto alto perché Adachi tratta sempre emozioni e sentimenti profondi: i suoi protagonisti sembrano reali e comunicano una complessità interiore che difficilmente si trova in altri manga. La loro sostanza, il loro animo resta sempre un po' nascosto a noi lettori che dobbiamo intuire, osservare, riflettere sui loro comportamenti e sentimenti per cercare di capirli a fondo al di là della superficie. Restano creature complesse, con un alone di insondabile, così come accade nella vita reale con le persone che incontriamo quotidianamente. Riuscire a creare una situazione del genere, tramite disegni, non spettacolari poi, è veramente difficile,se ci si riflette. E poi il tutto è condito con una forte dose di ironia, di battute simpatiche e originali, di personaggi che sono macchiette e rallegrano la vicenda e le danno brio.
Adachi regala sempre opere di qualità, senza banalità, senza sentimentalismi da romanzetti rosa, situazioni eclatanti ma irreali e da soap opera. Il che non è davvero poco.