Recensione
Kimba - Il leone bianco
7.0/10
Recensione di Caniderrimo
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La storia di <i>Jungle taitei</i>, in Italia <i>Kimba il leone bianco</i>, si apre con la morte del padre del giovane leoncino mentre cerca di salvare la moglie, intrappolata da alcuni bracconieri intenzionati a rivenderla ad un circo. Il piccolo Kimba nasce proprio sulla nave che sta portando sua madre in città per essere venduta, così, per evitargli il suo stesso destino, lei lo spinge a tuffarsi in mare e a tornare in Africa per continuare a proteggere tutte le creature della giungla come aveva fatto fino a quel momento il suo defunto coniuge. Il cucciolo si getta tra le onde e riesce a raggiungere le coste dell'Arabia e qui incontra Kenichi, un ragazzino che finisce per adottarlo ed educarlo alla vita moderna di città. Ma questo periodo di tranquillità non durerà molto, il momento in cui dovrà farsi carico del suo ruolo di principe della giungla si fa sempre più vicino...
Nonostante <i>Kimba</i> sia una delle opere più famose di Tezuka e le vicende del piccolo leoncino risultino una lettura piacevole anche ai nostri giorni, tuttavia quella di <i>Jungle Taitei</i> è una storia che si dimostra troppo legata all'epoca in cui fu scritta e che con il passare del tempo ha cominciato a mostrare tutti i suoi limiti. Se infatti da una parte le svariate e fantasiose avventure di Kimba ed i suoi amici nella giungla riescono a risultare ancora interessanti e a non annoiare, dall'altra i momenti in cui i protagonisti diventano gli uomini non sono minimamente all'altezza delle prime. Questo essenzialmente a causa di un cast di personaggi in larga parte stereotipati (con l'eccezione di Higeoyagi e Ham Egg) e di un perno centrale, cui tutti loro volenti o nolenti girano attorno, che ha perso la sua efficacia negli anni, ovvero la ricerca della Moonlight, una fantomatica pietra dall'energia immensa che si ipotizza essere la causa della deriva dei continenti.
Posso capire come negli anni cinquanta in Giappone una cosa del genere potesse avere successo, in fondo uscire dal paese era per la maggioranza della popolazione, compreso lo stesso Tezuka, solo un miraggio ed un mistero che si intrecciava con le moderne teorie scientifiche, ambientato in una terra esotica, con personaggi alla moda, di certo doveva stuzzicare la fantasia di più di una persona. Purtroppo però una rappresentazione del genere oggigiorno ha perso molto del suo fascino, basti pensare a Kenichi, il tipico eroe senza macchia e senza paura che, guarda caso, nel corso della storia si ritrova a dover salvare la sua bella principessina indifesa (e viziata) dai guai che lei stessa ha combinato. E che dire dei comprimari? I "bianchi" sono tutti cacciatori, persino chi non ha mai preso in mano un'arma da fuoco si sente in dovere di portarsi dietro un fucile ed improvvisarsi pistolero provetto quando si avventura nella giungla. I "neri" sono in numero davvero esiguo, tanto da farci dubitare di trovarci davvero in Africa, ed ovviamente svolgono lavori umili oppure fanno parte di una delle tribù indigene "non civilizzate" sparse per la giungla.
Ovviamente quest'ultimo aspetto è dettato da degli stereotipi che a quell'epoca erano molto diffusi, specialmente in un paese che non aveva molti contatti con il resto del mondo. Presumibilmente Tezuka aveva semplicemente imitato gli stili di vita di quella gente come li aveva visti in quei "buoni" prodotti che non venivano colpiti dalla censura, di certo è ridicolo accusarlo di essere stato razzista quando in tutte le sue opere si è sempre schierato contro ogni forma di discriminazione. Anche il capo della tribù di indigeni che si scontra con Pandja, il padre di Kimba, in effetti viene rappresentato in maniera molto dignitosa.
Questi difetti sono sicuramente seccanti, ciò non toglie che <i>Kimba</i> non sia solo questo ed anzi abbia molto da offrire se letto senza troppe pretese. L'opera tratta numerosi temi, tra i quali spiccano senza dubbio l'amore ed il rispetto per la vita, l'amicizia, l'armonia e l'unità della collettività come soluzione ai problemi dei singoli, la morte, onnipresente lungo tutta la storia e che trova nell'eroico sacrificio del protagonista uno sbocco necessario ed inevitabile.
In effetti una delle cose più interessanti di <i>Jungle taitei</i> è proprio la lotta interiore di Kimba tra la sua natura innata di belva feroce e quella acquisita di felino domestico, una lotta che si riflette anche nel suo desiderio di cercare di civilizzare la giungla, permettendo a tutti gli animali di vivere senza essere costretti ad uccidersi l'un l'altro e nello stesso tempo senza perdere le caratteristiche che li rendono quello che sono, una lotta che trova il suo culmine nel tragico finale, che forse per questo riesce dopo così tanto tempo ad essere ancora commovente.
<i>Kimba</i> è sicuramente un ottimo manga, seppur non esente da un discreto numero di difetti non certo marginali, che consiglio a chiunque ami Tezuka o <i>Il Re Leone</i>. Infatti il film della Disney prende parecchi spunti da quest'opera e, benché sia decisamente meno complesso, riesce a superare il prodotto di partenza, svecchiandolo ed esaltandone i numerosi pregi. Se tuttavia non avete mai letto nulla di questo autore forse <i>Jungle taitei</i> non è il miglior fumetto con il quale potreste cominciare, <i>Ayako</i> è un punto di partenza decisamente migliore.
Nonostante <i>Kimba</i> sia una delle opere più famose di Tezuka e le vicende del piccolo leoncino risultino una lettura piacevole anche ai nostri giorni, tuttavia quella di <i>Jungle Taitei</i> è una storia che si dimostra troppo legata all'epoca in cui fu scritta e che con il passare del tempo ha cominciato a mostrare tutti i suoi limiti. Se infatti da una parte le svariate e fantasiose avventure di Kimba ed i suoi amici nella giungla riescono a risultare ancora interessanti e a non annoiare, dall'altra i momenti in cui i protagonisti diventano gli uomini non sono minimamente all'altezza delle prime. Questo essenzialmente a causa di un cast di personaggi in larga parte stereotipati (con l'eccezione di Higeoyagi e Ham Egg) e di un perno centrale, cui tutti loro volenti o nolenti girano attorno, che ha perso la sua efficacia negli anni, ovvero la ricerca della Moonlight, una fantomatica pietra dall'energia immensa che si ipotizza essere la causa della deriva dei continenti.
Posso capire come negli anni cinquanta in Giappone una cosa del genere potesse avere successo, in fondo uscire dal paese era per la maggioranza della popolazione, compreso lo stesso Tezuka, solo un miraggio ed un mistero che si intrecciava con le moderne teorie scientifiche, ambientato in una terra esotica, con personaggi alla moda, di certo doveva stuzzicare la fantasia di più di una persona. Purtroppo però una rappresentazione del genere oggigiorno ha perso molto del suo fascino, basti pensare a Kenichi, il tipico eroe senza macchia e senza paura che, guarda caso, nel corso della storia si ritrova a dover salvare la sua bella principessina indifesa (e viziata) dai guai che lei stessa ha combinato. E che dire dei comprimari? I "bianchi" sono tutti cacciatori, persino chi non ha mai preso in mano un'arma da fuoco si sente in dovere di portarsi dietro un fucile ed improvvisarsi pistolero provetto quando si avventura nella giungla. I "neri" sono in numero davvero esiguo, tanto da farci dubitare di trovarci davvero in Africa, ed ovviamente svolgono lavori umili oppure fanno parte di una delle tribù indigene "non civilizzate" sparse per la giungla.
Ovviamente quest'ultimo aspetto è dettato da degli stereotipi che a quell'epoca erano molto diffusi, specialmente in un paese che non aveva molti contatti con il resto del mondo. Presumibilmente Tezuka aveva semplicemente imitato gli stili di vita di quella gente come li aveva visti in quei "buoni" prodotti che non venivano colpiti dalla censura, di certo è ridicolo accusarlo di essere stato razzista quando in tutte le sue opere si è sempre schierato contro ogni forma di discriminazione. Anche il capo della tribù di indigeni che si scontra con Pandja, il padre di Kimba, in effetti viene rappresentato in maniera molto dignitosa.
Questi difetti sono sicuramente seccanti, ciò non toglie che <i>Kimba</i> non sia solo questo ed anzi abbia molto da offrire se letto senza troppe pretese. L'opera tratta numerosi temi, tra i quali spiccano senza dubbio l'amore ed il rispetto per la vita, l'amicizia, l'armonia e l'unità della collettività come soluzione ai problemi dei singoli, la morte, onnipresente lungo tutta la storia e che trova nell'eroico sacrificio del protagonista uno sbocco necessario ed inevitabile.
In effetti una delle cose più interessanti di <i>Jungle taitei</i> è proprio la lotta interiore di Kimba tra la sua natura innata di belva feroce e quella acquisita di felino domestico, una lotta che si riflette anche nel suo desiderio di cercare di civilizzare la giungla, permettendo a tutti gli animali di vivere senza essere costretti ad uccidersi l'un l'altro e nello stesso tempo senza perdere le caratteristiche che li rendono quello che sono, una lotta che trova il suo culmine nel tragico finale, che forse per questo riesce dopo così tanto tempo ad essere ancora commovente.
<i>Kimba</i> è sicuramente un ottimo manga, seppur non esente da un discreto numero di difetti non certo marginali, che consiglio a chiunque ami Tezuka o <i>Il Re Leone</i>. Infatti il film della Disney prende parecchi spunti da quest'opera e, benché sia decisamente meno complesso, riesce a superare il prodotto di partenza, svecchiandolo ed esaltandone i numerosi pregi. Se tuttavia non avete mai letto nulla di questo autore forse <i>Jungle taitei</i> non è il miglior fumetto con il quale potreste cominciare, <i>Ayako</i> è un punto di partenza decisamente migliore.