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Per quanto incredibile possa sembrare al giorno d'oggi c'era un tempo, invero nemmeno troppo lontano, in cui i meriti delle donne della famiglia reale inglese contavano più di qualche scatto rubato o del loro guardaroba - un tempo, in altre parole, in cui a decretare chi era in e chi era out erano gli storici, non i tabloid. Non che non esistessero anche allora malelingue ansiose di lucrare sui più pruriginosi segreti di corte, dame di compagnia fin troppo ciarliere e cortigiane arriviste, ma al di fuori di quella gabbia dorata erano ben pochi coloro a cui interessava della loro vita privata, giacché i pettegolezzi non potevano sfamarli. Elisabetta I Tudor, abituata sin dalla più tenera età a ricoprire il ruolo di pietra dello scandalo a causa delle burrascose circostanze attraverso cui la madre, Anna Bolena, assurse al trono d'Inghilterra al fianco di Enrico VIII, ne era perfettamente consapevole, e si adoperò strenuamente - nonché in maniera talvolta spregiudicata - al fine di lasciare nelle mani di chiunque le fosse succeduta un'Inghilterra migliore di quella ereditata dalla sorellastra Maria, facendo in modo che fossero i fatti, e non quel che si diceva in giro di lei, a parlare per la sua persona. La storia ci insegna che questa sorta di matrimonio contratto con la sua stessa patria risultò molto vantaggioso per quest'ultima, giacché sotto la sua guida essa conobbe, a dispetto delle numerose guerre a cui prese parte, un inedito benessere, ma a Riyoko Ikeda, a cui è affidata la sceneggiatura di questo volume unico, non interessa il capo di stato, bensì la donna che si celava dietro a questo titolo.

Al fine di rendere la lettura più immediata e di spingere, nel contempo, sul pedale della drammaticità come solo la "mamma" di Oscar sa fare, alcuni accadimenti sono stati omessi o riarrangiati in maniera diversa rispetto a come si sono svolti nella realtà. Nella maggior parte dei casi si tratta di scelte narrative tutto sommato innocue, quantunque non necessarie, ma ce ne sono anche alcune di cui, francamente, stento a comprendere la ragione: mi riferisco in particolar modo alla vera natura del rapporto tra Elisabetta e Maria (la quale, in gioventù, aveva dovuto subire l'umiliazione di far parte del suo seguito), e alla questione della moglie di Robert Dudley, il suo favorito. Il manga si ferma simbolicamente con Elisabetta che, distrutta a causa del coinvolgimento di Dudley nell'ennesima cospirazione ai suoi danni, decide di sacrificare alla patria ogni scampolo di vita privata; se da una parte sarebbe stato interessante vederla alle prese con le conseguenze di un simile giuramento, dall'altra si tratta di una scelta di grande impatto. Di esposizione ce n'è, ma in dosi sopportabili; del resto in opere di questo tipo è inevitabile dover intervenire a gamba tesa nella narrazione con qualche informazione che aiuti il lettore a contestualizzare quel che succede.

Ma il vero punto di forza di "Elisabetta" è un altro: lo scavo introspettivo, in particolar modo per quanto riguarda le tre principali figure femminili. Non solo l'eponimo personaggio, ma anche Maria e soprattutto Anna Bolena godono infatti di un'ottima caratterizzazione, che indipendentemente da eventuali discrepanze con i loro alter ego conferisce loro tutta la tridimensionalità che una biografia romanzata richiede. Risulta invece un po' sottotono Enrico VIII, quasi una nota en passant antropomorfa: a causa delle sue apparizioni con il contagocce ben poco trapela del suo pericoloso carisma, senza il quale non sarebbe mai riuscito ad emanciparsi dalla Chiesa Cattolica e a fare il bello e il cattivo tempo, per così dire, sul fronte sentimentale, convolando a nozze per ben sei volte e macchiandosi del sangue di alcune delle sue consorti. Per contro Dudley, pur rimanendo nel complesso anonimo, denota verso la fine inaspettati e pertanto assai graditi picchi di profondità.

Il tratto di Erika Miyamoto, molto simile a quello della Ikeda ma per certi versi più volitivo, si sposa alla perfezione con l'impianto narrativo, che si rifà essenzialmente alla pellicola "Elizabeth" di Shekhar Kapur con Cate Blanchett. È davvero un piacere perdersi nella contemplazione di queste tavole ricche ma mai sovraccariche, trasudanti di lirismo ma per nulla stucchevoli.

Sono stata indecisa fino all'ultimo su come arrotondare il 7,5 che, a mio parere, si merita questo manga; mi sono infine risolta a portarlo ad un 8 a fronte della solidità del concept e della vividezza dell'impronta squisitamente ikeadiana dei personaggi, anche se, com'è ovvio, lo si può considerare appartenente al genere storico soltanto in senso lato.