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8.0/10
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"Quando le ho chiesto quanto vuole era solo perché
volevo labbra che parlassero un'oretta con me
volevo orecchie che ascoltassero per prendere un tè
volevo occhi che guardassero di fronte chi c'è"


Se dovessi riassumere il mio pensiero su quest'opera sarebbe: un manga pensato, ragionato, adulto e intelligente, una lettura obbligata per un amante dei fumetti ma nello stesso istante una lettura che non ha toccato nel modo giusto le mie corde, da qui il voto sì positivo ma che farà storcere il naso a molti.
Uno dei motivi che mi ha portato a non amare completamente questo manga è stata la regia. Il tocco di Yamamoto, per quanto personale, mi è risultato confusionario e per cominciare ad abituarmici sono passati più di un numero, mi riferisco in particolare alle inquadrature strettissime di cui quest'opera è colma e che sono un tratto distintivo della regia dell'autore. Il secondo motivo è il grande contrasto tra i numerosi spunti presentati e il ritmo (relativamente ad essi) lento e dosato della narrazione, in cui i lunghi dialoghi fanno da protagonisti assoluti. Dialoghi che si presentano a volte irrealmente complicati ed elaborati.

La caratteristica di Homunculus non è comunque il comparto tecnico, ma quell'universo di simboli e miti che vanno appunto a creare una vera e propria poetica e mitologia con cui Yamamoto gioca. La società rappresentata dall'autore è infatti la società dei simboli, delle apparenze e delle contraddizioni, una società in cui la libertà di pensiero è incanalata e limitata in modo inconscio. In questa limitazione nasce e si colloca la pratica della trapanazione, che diventa metafora di "apertura" mentale, tra l'altro questa caratteristica è stata realmente attribuita alla trapanazione, senza però riscontri scientifici. Lo studio dell'autore su questa materia è stato approfondito e riscontrabile, per esempio, dai numerosi riferimenti ad Amanda Feilding, regista di "Heartbeat in the Brain", film documentario in cui la stessa si sottopone ad auto-trapanazione. È difficile parlare di Homunculus in modo critico senza fare riferimento alla sua poetica o ai suoi miti. Per esempio la metafora yamamotiana è un concetto che nasce dalla poesia ma approda alla visione delle cose, diventando quindi parte integrante della vita di tutti i giorni. Queste metafore servono a nascondere qualcosa e spesso questo qualcosa è nascosto sotto più strati. Per esempio, l'auto in cui dorme il protagonista non rappresenta solamente il limbo, ma è anche senso di protezione. Nakoshi ci dorme rannicchiato come un embrione nell'utero, rappresentando qualcosa che deve ancora crescere e trasformarsi nella sua "forma finale". La mitologia di Homunculus è quella dei sensi, con una presenza ossessiva di sangue, sperma, saliva e sudore che Yamamoto si è trascinato dietro da Ichi the Killer. Gli Homunculus del titolo sono la proiezione dei disturbi psicologici o è la loro visione a essere un disturbo? L'analisi di questi sogni ad occhi aperti attinge a piene mani dalla psicanalisi e in questo il manga si è fatto precursore di altre opere, Kuuchuu Buranko in primis.

"Mi guardo ancora nello specchio ma riflesso chi c'è?"

Homunculus in certe sue caratteristiche potrebbe sembrare un manifesto di umanità, un invito all'ascoltare per essere ascoltati, manifesto che però si contraddice con un pessimismo di fondo, in cui l'egoismo fa sempre la sua comparsa. Yamamoto cerca di analizzare molti aspetti della vita e della società, concentrandosi più che altro sulle contraddizioni esplicite e implicite che ne derivano. Questo manga è condito da mille spunti, rimandi, discorsi e intrecci, che cozzano come già detto con il ritmo e la brevità del manga. Un plauso alla caratterizzazione, con un protagonista professionista della bugia, un mentitore seriale talmente esperto da riuscire a mentire perfino a se stesso. Homunculus è una lettura che riesce a farvi sentire come Nakoshi: così come lui rivede se stesso negli Homunculus così voi rivedrete voi stessi nella lettura di questo manga, che vi porterà a farvi domande e a conoscervi meglio.