Recensione
Love Music
6.0/10
Il detto "Senza infamia, senza lode" mi è balenato subito in mente durante la lettura di questo manga ad opera di Aya Oda. Un tipico Josei con venature smut (molto, ma molto lievi) dove, in cinque volumi, la trama scorre seguendo uno schema prestabilito, privo di colpi di scena o eclatanti innovazioni.
La protagonista, adorna di un irrinunciabile scheletro nell'armadio, conduce una vita lavorativa frustrante, fino al giorno in cui appare magicamente il figaccione di turno, prodigio della musica, nonché suo assistito, pronto a dispensare affetto, appiccicandosi come una cozza allo scoglio.
A suggellare poi, la parata degli stereotipi, l'immancabile collega tsundere (una specie ormai protetta dal WWF) scosso all'improvviso da un impeto di passione, atto a scatenare un prevedibile triangolo amoroso. Senza dimenticare la rassegna infinita di disgrazie e sfighe multiple (giusto per allungare il brodo), o l'aggiunta di situazioni paradossali, tra le quali spicca in pole position, il togliersi le mutandine in ufficio per facilitare la visione di corpi nudi.
I soli, e unici, elementi che elevano il progetto alla sufficienza, sono da ricercarsi esclusivamente nelle storie one-shot, inserite, almeno nella edizione italiana, alla fine dei vari volumi (capaci di suscitare un certo interesse, oltre a spunti stimolanti) e nel disegno della mangaka.
Aya Oda sa veramente armeggiare il pennino. Nessun dubbio su questa affermazione. Difatti, le sue tavole mostrano un tratto definito, ricco di dettagli e, a mio avviso, in alcune scene etereo e impalpabile. Il suo problema, il problema principale, risiede nella sceneggiatura di serie a lungo termine (vedi gli orridi Koakuma Cafe o Lovey Dovey), dove l'arco narrativo riconduce a frangenti talmente assurdi persino per un genere shoujo.
"Love Music", prova a strapparsi da questo inevitabile destino, anche se, rimane purtroppo ancorato ad una di quelle storie in stile "Harmony" da sfogliare con pigrizia sotto l'ombrellone.
La protagonista, adorna di un irrinunciabile scheletro nell'armadio, conduce una vita lavorativa frustrante, fino al giorno in cui appare magicamente il figaccione di turno, prodigio della musica, nonché suo assistito, pronto a dispensare affetto, appiccicandosi come una cozza allo scoglio.
A suggellare poi, la parata degli stereotipi, l'immancabile collega tsundere (una specie ormai protetta dal WWF) scosso all'improvviso da un impeto di passione, atto a scatenare un prevedibile triangolo amoroso. Senza dimenticare la rassegna infinita di disgrazie e sfighe multiple (giusto per allungare il brodo), o l'aggiunta di situazioni paradossali, tra le quali spicca in pole position, il togliersi le mutandine in ufficio per facilitare la visione di corpi nudi.
I soli, e unici, elementi che elevano il progetto alla sufficienza, sono da ricercarsi esclusivamente nelle storie one-shot, inserite, almeno nella edizione italiana, alla fine dei vari volumi (capaci di suscitare un certo interesse, oltre a spunti stimolanti) e nel disegno della mangaka.
Aya Oda sa veramente armeggiare il pennino. Nessun dubbio su questa affermazione. Difatti, le sue tavole mostrano un tratto definito, ricco di dettagli e, a mio avviso, in alcune scene etereo e impalpabile. Il suo problema, il problema principale, risiede nella sceneggiatura di serie a lungo termine (vedi gli orridi Koakuma Cafe o Lovey Dovey), dove l'arco narrativo riconduce a frangenti talmente assurdi persino per un genere shoujo.
"Love Music", prova a strapparsi da questo inevitabile destino, anche se, rimane purtroppo ancorato ad una di quelle storie in stile "Harmony" da sfogliare con pigrizia sotto l'ombrellone.