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La maggiore difficoltà per un autore è indubbiamente il riuscire a incastrare in maniera coerente e produttiva tutto ciò che gli passa per la mente, soprattutto quando ciò è collegato ad un'ambientazione viva e pulsante. Sui Ishida sembra averlo capito bene, soprattutto dopo il massiccio lavoro creativo svolto durante la stesura della sua opera di maggior successo, "Tokyo Ghoul", un'opera che a modo suo è riuscita a creare un piccolo universo a sé stante, con tanti personaggi e situazioni che chiedevano sempre più spazio per poter narrare le proprie storie personali.

"Tokyo Ghoul: Jack" nasce proprio con questo intento.

Ambientato circa una decina di anni prima degli avvenimenti della serie principale, "Tokyo Ghoul: Jack" vede come protagonista l'enfant prodige della CCG, Arima Kishou, alle prese con un'operazione sotto copertura nel Distretto 13.

In questo breve racconto di appena sette capitoli, Sui Ishida mette nero su bianco la propria bravura narrativa, rappresentando "Tokyo Ghoul: Jack" in una veste del tutto diversa rispetto alla serie madre. Il dettaglio, marchio di fabbrica dell'autore, qui è quasi del tutto assente ed i chiaroscuri la fanno da padrona, lasciando alle sole figure l'onere di reggere interamente la riuscita del racconto. L'uso frequente degli acquerelli al posto dei retini, la massiccia assenza di sfondi e l'irregolarità della distribuzione delle vignette in ogni singola pagina incuriosiscono non poco il lettore, conferendo all'opera un'aura di onirismo e vaghezza, come se si stesse prendendo visione di un ricordo personale anziché di un racconto pianificato.

Irregolarità e sperimentazione sono dunque le due parole chiave per una giusta lettura di "Tokyo Ghoul: Jack", spin-off a suo modo anomalo e del tutto autonomo dalla serie madre, capace di donarci uno Sui Ishida in stato di grazia e pienamente cosciente del fatto di poter gestire liberamente la sua storia.

Gli unici difetti attribuibili a quest'opera sono l'eccessiva brevità (la narrazione alternativa allunga di parecchio le vicende altrimenti riassumibili in pochi capitoli) e la mancata, quanto paradossale, introspezione psicologica del personaggio principale. Alla fine di tutto Arima non ci apparirà diverso da come lo conosciamo già e "Tokyo Ghoul: Jack" di sicuro non aiuta il lettore a capire la vera psicologia di un personaggio di spessore e fascino come Arima.

Dobbiamo però dare a Cesare quel che è di Cesare, e dire che "Tokyo Ghoul: Jack", nonostante i propri limiti, ha indubbiamente un fascino tutto suo, capace di tenere il lettore incollato fino all'ultima pagina messa a disposizione, cosa indispensabile per un manga di qualità.