Recensione
Peach Girl
5.5/10
Recensione di detectivesama
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Ripensando a questo anime, che ho appena terminato, una domanda continua a ronzarmi in testa: “Ma mi è piaciuto o no?” Devo ammetterlo, faccio molta fatica a trovare una risposta. Di sicuro la storia mi ha appassionato (negli ultimi giorni, ho divorato la seconda metà della serie), ma dall’altro lato credo di non aver mai visto un anime così irritante e sconclusionato, specialmente verso il finale.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
La trama non è eccessivamente complessa. Per la maggior parte degli episodi - tranne alcune rare eccezioni - è incentrata sul personaggio di Momo, divisa dal punto di vista sentimentale dall’inizio fino alla fine fra i due protagonisti maschili dell’opera, ovvero Touji e Okayasu. Niente di più, niente di meno. E forse il primo grande problema di “Peach Girl” è proprio questo: eventuali storie secondarie, legate anche a tematiche piuttosto serie come il tentato suicidio o i problemi di peso, vengono soltanto abbozzate, lasciando lo spettatore in uno stato di attesa perenne. Gli autori ne parleranno? Non ne parleranno? Alla fine la risposta è no, tutto viene abbandonato lì e non se ne sa più nulla. Stop. Fine. I personaggi stessi sembrano subire un lavaggio del cervello continuo, mano a mano che il tempo scorre. Una mia presunta amica continua a cercare di rovinarmi la reputazione? Chi se ne frega, tanto poi me lo dimentico. Un tizio pseudo-famoso cerca di violentarmi? Chi se ne frega, tanto poi quello sparisce nel nulla. E così via. Non c’è più pathos, perché una volta capito il meccanismo, sai già dove la storia andrà a parare, e nemmeno ti spaventi più per i drammi che accadono ai protagonisti.
I colpi di scena ogni tanto ci sono pure, ma non sono frequenti e neanche troppo eclatanti. In questo caso non penso sia un male, anzi. Per certi versi l’anime sembra più realistico. Il problema sorge però quando si considera il contesto in cui questi avvengono, e qui sì che diventa irrealistico. La relazione fra Momo e il ragazzo di turno procede bene, a volte proprio a gonfie vele, ma basta un attimo per far iniziare la crisi. Ogni evento è frutto di incomprensioni, ogni personaggio nasconde qualcosa, e questo qualcosa puntualmente va a innescare un dramma di proporzioni astronomiche. Ma fino a che si tratta di Touji che lascia Momo perché ricattato da Sae, ci può anche stare. Per quanto Sae sia inizialmente simpatica quanto un dito in un occhio, è lei che fa partire la trama e quindi a malincuore la sua presenza va accettata (o perlomeno ci si prova). Il delirio, se così si può definire, inizia dopo: Momo ricomincia a vivere normalmente, ed ecco che iniziano a spuntare come funghi dei drammi poco plausibili, a volte campati per aria, le cui conseguenze - quando sono avvenuti nel passato - non si mostrano mai nel presente, se non quando serve. Succede tutto perché sì.
Le coincidenze, poi, non si sprecano. Sei uno dei protagonisti e stai facendo qualcosa di nascosto? Benissimo, ecco per te un altro protagonista che (guarda caso!) sbucherà fuori all’improvviso, sfidando le leggi spazio-temporali, ma in compenso senza capire nulla di quello che è appena successo! Sì, è tutto un deus ex machina, all’inizio quasi divertente, ma che a un certo punto diventa ripetitivo e decisamente troppo, troppo forzato. Mentirei se negassi che questa sequela di incomprensioni e forzature mi ha spinto più volte a chiedermi se facessi bene a proseguire nella visione; ma, complice il fatto che non mi piace mai interrompere un anime e complici anche i personaggi a cui, nel bene e nel male, mi sono un po’ affezionata, ho proseguito fino alla fine.
Per quanto riguarda i protagonisti, anche qui i difetti si sprecano, sebbene i pregi ci siano eccome: primo fra tutti il fatto che Momo non sia un personaggio stereotipato. E non lo sono neanche gli altri, nonostante lo sembrino, in quanto scopriamo che ognuno di loro ha qualcosa da raccontare.
Degna di nota è sicuramente Sae, antagonista per eccellenza e fastidiosa come solo lei sa essere. Nella prima metà della serie, perché chi riesce a tenere duro e a non interrompere “Peach Girl” (non è facile, lo so, complimenti a chi è riuscito a finirlo senza esitare) potrà vedere la sua evoluzione, da manipolativa e vendicativa a disponibile e comprensiva, come un’amica con la A maiuscola.
Gli altri, purtroppo, non hanno la sua stessa sorte. Perfino i due meglio riusciti dopo Sae, ovvero Okayasu e Momo, verso la fine iniziano a soffrire della Sindrome dell’Incoerenza. Dubbi, frasi non dette, segreti, incomprensioni, il tutto in un mix decisamente surreale. Ed è un peccato, perché la loro storia mi stava proprio piacendo.
Chi invece mi ha fatto storcere il naso è innanzitutto Touji, il bellissimo Touji, con la stessa personalità di un comodino. Non agisce, non si sa imporre, si lascia trascinare dal corso degli eventi e le rare volte in cui agisce al 99% fa qualcosa di sbagliato. Che dire allora di Ryo, il fratello affascinante di Okayasu? Da personaggio pessimo sembra ravvedersi, ma ancora una volta non sapremo mai se sarà veramente così o se tornerà a essere il solito.
Menzione d’onore a Morika e Jigoro. Chi sono? Ecco, è proprio questo il punto. Con la stessa rapidità con cui sono stati introdotti se ne vanno, e ciao ciao a un possibile approfondimento caratteriale. In generale, quindi, si respira un clima di trascuratezza: ad eccezione di Sae, c’è sempre qualcosa che manca in ogni personaggio che impedisce di apprezzarli totalmente.
Un altro elemento, purtroppo negativo, che mi è saltato all’occhio è la grafica. Il character design non è omogeneo, i personaggi non sono mai uguali a sé stessi e in più non è difficile scambiare un personaggio per un altro (la stessa Momo nell’anime confonde l’infermiera con Morika, nonostante di simile abbiano in teoria soltanto i capelli biondi!); le figure spesso sono sproporzionate, con teste minuscole e corpo enorme, dotato di gambe lunghissime; le labbra in particolare sono disegnate male rispetto al resto del viso, e le animazioni sono abbastanza statiche, sicuramente di qualità inferiore a quella di altri anime dello stesso periodo, se non addirittura precedenti.
In sintesi, non me la sento né di consigliare questo anime né di sconsigliarlo. A tratti piacevole, a tratti indigesto, di sicuro non è adatto a chi ha poca pazienza.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
La trama non è eccessivamente complessa. Per la maggior parte degli episodi - tranne alcune rare eccezioni - è incentrata sul personaggio di Momo, divisa dal punto di vista sentimentale dall’inizio fino alla fine fra i due protagonisti maschili dell’opera, ovvero Touji e Okayasu. Niente di più, niente di meno. E forse il primo grande problema di “Peach Girl” è proprio questo: eventuali storie secondarie, legate anche a tematiche piuttosto serie come il tentato suicidio o i problemi di peso, vengono soltanto abbozzate, lasciando lo spettatore in uno stato di attesa perenne. Gli autori ne parleranno? Non ne parleranno? Alla fine la risposta è no, tutto viene abbandonato lì e non se ne sa più nulla. Stop. Fine. I personaggi stessi sembrano subire un lavaggio del cervello continuo, mano a mano che il tempo scorre. Una mia presunta amica continua a cercare di rovinarmi la reputazione? Chi se ne frega, tanto poi me lo dimentico. Un tizio pseudo-famoso cerca di violentarmi? Chi se ne frega, tanto poi quello sparisce nel nulla. E così via. Non c’è più pathos, perché una volta capito il meccanismo, sai già dove la storia andrà a parare, e nemmeno ti spaventi più per i drammi che accadono ai protagonisti.
I colpi di scena ogni tanto ci sono pure, ma non sono frequenti e neanche troppo eclatanti. In questo caso non penso sia un male, anzi. Per certi versi l’anime sembra più realistico. Il problema sorge però quando si considera il contesto in cui questi avvengono, e qui sì che diventa irrealistico. La relazione fra Momo e il ragazzo di turno procede bene, a volte proprio a gonfie vele, ma basta un attimo per far iniziare la crisi. Ogni evento è frutto di incomprensioni, ogni personaggio nasconde qualcosa, e questo qualcosa puntualmente va a innescare un dramma di proporzioni astronomiche. Ma fino a che si tratta di Touji che lascia Momo perché ricattato da Sae, ci può anche stare. Per quanto Sae sia inizialmente simpatica quanto un dito in un occhio, è lei che fa partire la trama e quindi a malincuore la sua presenza va accettata (o perlomeno ci si prova). Il delirio, se così si può definire, inizia dopo: Momo ricomincia a vivere normalmente, ed ecco che iniziano a spuntare come funghi dei drammi poco plausibili, a volte campati per aria, le cui conseguenze - quando sono avvenuti nel passato - non si mostrano mai nel presente, se non quando serve. Succede tutto perché sì.
Le coincidenze, poi, non si sprecano. Sei uno dei protagonisti e stai facendo qualcosa di nascosto? Benissimo, ecco per te un altro protagonista che (guarda caso!) sbucherà fuori all’improvviso, sfidando le leggi spazio-temporali, ma in compenso senza capire nulla di quello che è appena successo! Sì, è tutto un deus ex machina, all’inizio quasi divertente, ma che a un certo punto diventa ripetitivo e decisamente troppo, troppo forzato. Mentirei se negassi che questa sequela di incomprensioni e forzature mi ha spinto più volte a chiedermi se facessi bene a proseguire nella visione; ma, complice il fatto che non mi piace mai interrompere un anime e complici anche i personaggi a cui, nel bene e nel male, mi sono un po’ affezionata, ho proseguito fino alla fine.
Per quanto riguarda i protagonisti, anche qui i difetti si sprecano, sebbene i pregi ci siano eccome: primo fra tutti il fatto che Momo non sia un personaggio stereotipato. E non lo sono neanche gli altri, nonostante lo sembrino, in quanto scopriamo che ognuno di loro ha qualcosa da raccontare.
Degna di nota è sicuramente Sae, antagonista per eccellenza e fastidiosa come solo lei sa essere. Nella prima metà della serie, perché chi riesce a tenere duro e a non interrompere “Peach Girl” (non è facile, lo so, complimenti a chi è riuscito a finirlo senza esitare) potrà vedere la sua evoluzione, da manipolativa e vendicativa a disponibile e comprensiva, come un’amica con la A maiuscola.
Gli altri, purtroppo, non hanno la sua stessa sorte. Perfino i due meglio riusciti dopo Sae, ovvero Okayasu e Momo, verso la fine iniziano a soffrire della Sindrome dell’Incoerenza. Dubbi, frasi non dette, segreti, incomprensioni, il tutto in un mix decisamente surreale. Ed è un peccato, perché la loro storia mi stava proprio piacendo.
Chi invece mi ha fatto storcere il naso è innanzitutto Touji, il bellissimo Touji, con la stessa personalità di un comodino. Non agisce, non si sa imporre, si lascia trascinare dal corso degli eventi e le rare volte in cui agisce al 99% fa qualcosa di sbagliato. Che dire allora di Ryo, il fratello affascinante di Okayasu? Da personaggio pessimo sembra ravvedersi, ma ancora una volta non sapremo mai se sarà veramente così o se tornerà a essere il solito.
Menzione d’onore a Morika e Jigoro. Chi sono? Ecco, è proprio questo il punto. Con la stessa rapidità con cui sono stati introdotti se ne vanno, e ciao ciao a un possibile approfondimento caratteriale. In generale, quindi, si respira un clima di trascuratezza: ad eccezione di Sae, c’è sempre qualcosa che manca in ogni personaggio che impedisce di apprezzarli totalmente.
Un altro elemento, purtroppo negativo, che mi è saltato all’occhio è la grafica. Il character design non è omogeneo, i personaggi non sono mai uguali a sé stessi e in più non è difficile scambiare un personaggio per un altro (la stessa Momo nell’anime confonde l’infermiera con Morika, nonostante di simile abbiano in teoria soltanto i capelli biondi!); le figure spesso sono sproporzionate, con teste minuscole e corpo enorme, dotato di gambe lunghissime; le labbra in particolare sono disegnate male rispetto al resto del viso, e le animazioni sono abbastanza statiche, sicuramente di qualità inferiore a quella di altri anime dello stesso periodo, se non addirittura precedenti.
In sintesi, non me la sento né di consigliare questo anime né di sconsigliarlo. A tratti piacevole, a tratti indigesto, di sicuro non è adatto a chi ha poca pazienza.