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«Sing "Yesterday" for Me», è una serie della primavera 2020 che consta di dodici episodi di durata canonica, più sei brevi micro-episodi di un paio di minuti ciascuno. Si tratta della trasposizione animata dell’omonimo manga di undici volumi scritto e disegnato da Kei Toume.

L’opera si muove fra due generi: quello dello slice of life e quello della storia sentimentale. Visivamente è una gioia, il ritmo è ben gestito e gli episodi scorrono piacevolmente senza essere né troppo lenti né troppo veloci. Volendo essere più precisi, ci sono due eccezioni: il nono che è lento e il dodicesimo, quello finale, che affretta decisamente la risoluzione del quadrilatero amoroso.

Il protagonista è Rikuo Uozumi, un ragazzo gentile, ma privo di risolutezza: si è laureato, ma non si decide a lasciare il lavoro part time al konbini e cercare un’occupazione “adulta”. Si tormenta: per questo e per non aver confessato all’amica dei tempi dell’università di essere innamorato di lei. Quest’amica è Shinako Morinome, che è invece passata a un lavoro “serio”, ha iniziato a insegnare in un liceo, ma anche lei come Rikuo è in qualche modo sospesa: è legata al ricordo del suo primo amore, un ragazzo cagionevole, di cui era amica dall’infanzia, sempre malato e morto giovanissimo. Nelle giornate di Rikuo si affaccia il terzo personaggio della serie, Haru Nonaka, una ragazza un poco più giovane, che ha lasciato la scuola senza terminare il liceo, lavora come cameriera in un caffè, e va in giro accompagnata da un insolito animale domestico, il corvo Kansuke. Lei è interessata a Rikuo e inizierà a tallonarlo allo scopo di “conquistarlo”.
Il quarto lato di questo poligono sbilenco e problematico è il liceale, Rō Hayakawa, amico d’infanzia di Shinako e fratello minore del primo amore di lei, lui è invaghito di Shinako e vuole far di tutto perché lei smetta di vederlo come un bambino.

Nessuno dei quattro è maturo e, se già gli atteggiamenti di Haru e Rō sarebbero più adatti a ragazzini più giovani, il difetto è ulteriormente esacerbato in Rikuo e Shinako, che risultano personaggi inetti, nel senso sveviano del termine, e sentimentalmente ineducati: non sanno né interpretare né gestire le proprie emozioni (i due più giovani, almeno, sono consci dei propri desideri).

Non è il caso di raccontare qui come verrà risolta la situazione, ma questo elemento non ha grande peso rispetto all’apprezzare o meno questa serie. O vi sarà piaciuto il modo di narrare questa storia oppure prima della fine ve ne sarete stufati. Questo modo di narrare - secondo me - è particolare perché privo di intento “educativo”, di sprone, di ispirazione: è inusuale che due dei protagonisti siano immobilizzati nelle loro indecisioni e gli altri due si impegnino sì, tantissimo, ma per cercare di instaurare relazioni chiaramente troppo asimmetriche per essere sane, soprattutto nel caso di Rō.

L’interesse di Rikuo per la fotografia e quello di Rō per il disegno sono ottimi spunti per ingentilire le parti slice of life, che risultano quelle più interessanti e godibili della storia, gli esterni sono mozzafiato con sfondi studiatissimi, realizzati dallo Studio Easter, che sono curati nei colori e nelle luci, e rendono tangibili i mutamenti dovuti al succedersi delle stagioni.
Jun'ichirō Taniguchi ha realizzato un character design decisamente accattivante, le animazioni, pregevolissime, sono dello studio Doga Kobo, e hanno una morbidezza quasi ipnotica. Yoshiyuki Fujiwara (assistente alla regia in «Tada-kun wa Koi wo Shinai» del 2018) si è occupato di regia, sceneggiatura (qui in collaborazione con Jin Tanaka) e composizione della serie, e credo che abbia fatto veramente un buon lavoro, l’impressione è che i punti deboli fossero già presenti nell’opera originale e non siano dovuti a incertezze nella trasposizione.
Il comparto musicale è gradevole, soprattutto per quanto riguarda le due ending: “Kago no Naka ni Tori” (Yourness) e “Aoibashi” (Sayuri).

Lo sviluppo dei personaggi è il maggior punto debole della storia, eppure due personaggi interessanti si affacciano, Koichi Minato e Chika Huzuhara; a ciascuno dei due è dedicato un episodio, e sono i due che ho più apprezzato (anche i coniugi Fukuda, che hanno brevi parti, sono piacevolissimi).

Il comparto tecnico meriterebbe un dieci, ma il voto complessivo non supera un otto, proprio a causa di come sono rappresentati i personaggi: non perché siano problematici o perché non possano essere di buon esempio per nessuno, ma perché l’autrice del racconto non sembra essere conscia dei loro difetti, non vi percepisce lo sguardo critico dell’autore (l'inetto Zeno è invece presentato così dal suo autore). Ascolto con piacere storie su persone tutt'altro che perfette, ma ne rimango soddisfatta solo se ho l’impressione che l’autore lo faccia scientemente e, quasi, strizzi l’occhio al lettore per dire: “Guarda un po’, non ti sembra che così siano più interessanti?”