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6.0/10
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"Rainbow" è l'adattamento animato dell'omonimo manga del 2002, anche se in realtà ne riprende circa un terzo della storia, che corrisponde ai primi due archi narrativi.

Capiamo subito di cosa parla.
La trama è molto semplice, è incentrata sulla vita di sette ragazzi che cominciano le loro avventure in un riformatorio e, come dice la stessa sinossi, di come affronteranno le loro vite una volta fuori. Il che ci anticipa già una naturale divisione in due parti. Approssimativamente, diciamo che la prima parte arriva fino all'uscita di tutti i ragazzi dal riformatorio.
In linea generale, che sia la prima o la seconda parte della trama, il tema non cambia: si tratta di un'opera fortemente drammatica e, specialmente all'inizio, anche molto cruda. I ragazzi infatti sono vittime da una parte di adulti malvagi, che si approfittano della loro condizione di debolezza, e dall'altra del contesto storico del Giappone; infatti, ci troviamo nel 1955 e a dieci anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale questo Paese aveva ancora le ossa rotte e cominciava da poco la ripresa economica.
In un periodo così difficile, sei ragazzi vengono arrestati e mandati in un riformatorio, dove condivideranno la cella con un certo Anchan che, insegnando loro i valori dell'amicizia, dell'umiltà e del sacrificio, cambierà per sempre le loro vite.

Ecco, già sul tema dell'amicizia avrei qualcosa da ridire, visto che dopo appena due episodi, non si sa come, sono già talmente amici, da favorire l'evasione di Joe, esponendosi a un rischio altissimo. Non solo questo, il tema secondo me non viene neanche gestito bene lungo tutto l'arco temporale, infatti viene riproposto in maniera così insistente e sottolineato in modo tanto mieloso, che a lungo andare un po' disgusta.
Inoltre, ogni disavventura verrà risolta banalmente e prevedibilmente con il grande potere dell'amicizia.

Tornando alla vita in orfanatrofio, un altro tema dominante è quello della violenza che viene perpetrata dal guardiano Ishihara e dal medico Sasaki, il primo con percosse e il secondo con abusi. Questo tema è chiaramente una delle colonne portanti, ma anche qui individuo un difetto non indifferente. Trovo assurdo infatti che ci sia un accentramento di potere così forte nelle figure di Sasaki e Ishihara, sembrano essere gli unici due lavoratori nell'istituto, nel quale si atteggiano a sceriffi di un anacronistico villaggio americano. Agiscono incontrollati e indisturbati, tutto viene gestito a loro gusto, e la narrazione risente di questa realtà poco contestualizzata.

Chiudo la prima parte con la scena dell'incisione sull'albero dei sogni dei sette ragazzi. Fondamentale, questa giustifica tutto lo sviluppo successivo, che quindi si focalizzerà su come i ragazzi affronteranno il mondo là fuori e su come cercheranno di realizzare i propri sogni.

Per brevità, non dirò molto sulla seconda parte, solo che la trama rimane piuttosto semplice, ogni protagonista viene trattato singolarmente, le storie si succedono senza complicati intrecci o colpi di scena. Anche all'interno della stessa storia, non vi aspettate grosse sorprese: ognuno in qualche modo se la caverà e il finale sarà lieto. Inoltre, se alcune storie ci danno qualche emozione, che sia la simpatia di Kyabetsu o la drammaticità di Joe, altre sono veramente insulse, in particolare quelle di Baremoto e Suppon.

Direi basta così con la trama.
Per quanto riguarda i personaggi, rimango poco entusiasta. Dei protagonisti, direi che si salvano Mario e Joe: il primo è il cuore del gruppo, quello che poi sarà la chiave perché ognuno realizzi il proprio sogno, il secondo invece mostra due lati molto diversi del suo carattere e ispira molta tenerezza.
Ma la vera sorpresa arriva dall'antagonista Ishihara! All'inizio sembra essere destinato a restare nella sua piatta violenza, ma cambia moltissimo nella seconda parte. È meno cattivo? No, ma rivelerà un lato molto umano, un uomo debole, fragile, che ha paura. Questa paura lo tormenta, fino a farlo andare fuori di testa.

Dal punto di vista tecnico, molto bene, d'altronde è lo studio MADHOUSE alla produzione: riescono anche ad aggiustare un character design piuttosto incerto nel manga, dove fra Mario e Heitai onestamente non trovo molte differenze. Unico dettaglio che reputo fastidiosissimo, la voce narrante, così piatta, così velata, così noiosa, accompagnata sempre dalla stessa musica... La sopporto ancora meno fuori dal riformatorio, dove trova meno giustificazione di esistere.

Per concludere, mi dispiace dissociarmi così fortemente dall'opinione comune, ma proprio non capisco come faccia "Rainbow" a meritare un votone. Di certo sono stato influenzato dal senso di smarrimento che ho provato nel passaggio fra la prima parte e la seconda, per questo ho voluto leggere il manga, che mi ha indotto ad alzare il voto fino alla sufficienza ma non oltre.
In ogni caso, è un'opera originale, che ritengo valga almeno la pena di un'occhiata, tanto per capire di cosa si tratti.