Recensione
Made in Abyss
7.5/10
Recensione di Focasaggia
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«Made in Abyss» è un anime, tratto da un manga scritto e disegnato da Akihito Tsukushi, e animato dallo studio Kinema Citrus, dalle atmosfere suggestive e incantevoli, capaci di nascondere la crudeltà della realtà.
Una lontana isola si erge in mezzo al mare. Un luogo con un’insolita caratteristica, proprio al centro si scorge una voragine il cui fondo non è visibile. Tante persone si sono avventurate in quei misteriosi meandri, scoprendo a loro spese le particolari caratteristiche, molte di loro non sono più tornate.
Oltre alla presenza di maestose o grottesche figure pericolose, mortali o meno, c’è un pericolo nascosto quanto mortale: una volta discesi in questo particolare luogo, nel caso si volesse ritornare in superfice, nel risalire solo dieci metri si manifesterebbero effetti indesiderati sul corpo. Essi sono più gravi a seconda della profondità del livello in cui ci si trova; dal sesto non vi è ritorno, perdendo nel tentativo vita o umanità.
Forse l’autore ha preso spunto dalle risalite rapide, molto pericolose, nei casi di immersione. In effetti, proprio ogni dieci metri di profondità, la pressione (atmosfera) cambia, provocando, in caso di rapida risalita, effetti sul corpo anche mortali. Allo spettatore non è dato sapere dove si trovi l’isola, anzi del mondo in cui è ambientata la storia sappiamo ben poco, in un viaggio del resto non è importante da dove si parta, ma dove si arriva. Chiari i rimandi a Jules Verne del suo “Viaggio al centro della Terra”, dove ambientò nella lontana Islanda il punto di partenza del suo romanzo.
I vari protagonisti sono tutti bambini. La particolarità del disegno, piacevole o meno per i gusti personali dello spettatore, accentua i loro tratti infantili. Abbandonati in tutti i sensi, vivono in un orfanotrofio, non hanno alcun parente, vengono semplicemente addestrati nell’avventurarsi in quel misterioso ambiente, partendo dal grado più basso, il fischietto rosso, fino a raggiungere i ranghi più alti, neri e bianchi. Ricordano, per età e ambiente, i bambini di “The Promised Neverland”, eppure visivamente enormi sono le differenze tra Emma e compagini e Riko e gli altri studenti.
“Sai, mi sto chiedendo fino a quando tu riuscirai a resistere.”
Riko è una bambina guidata dal più primordiale degli istinti: desidera riabbracciare sua madre. Nessun adulto dovrebbe farle rischiare la vita in modo così sconsiderato, eppure una spiegazione viene fornita: la sua nascita nasconde un segreto, un forte e misterioso legame con l’abisso. Per fortuna, non viaggerà da sola.
“Nel fondo dell’oltretomba aspetto.”
L’abisso gentilmente porge il suo benvenuto agli spettatori che seguono insieme alla ragazzina il suo viaggio, in una terra ricca di misteri, inesplorata in parte e fonte di continue sorprese. Vengono riflesse negli occhi dei protagonisti la nostra meraviglia nel vedere creature fantastiche e paesaggi mozzafiato, descritti con dovizia di particolari. Basta chiudere gli occhi per trovarsi con loro, a inebriarsi di stupore e splendore, osservare strani esseri muoversi e adattarsi a quel particolare ambiente, rendendo reale la fantasia.
Cosa si nasconde in quei profondi meandri? Lo spettatore inizia a sognare come se fosse uno dei protagonisti, fantasticando su ciò che vi è oltre. Un nuovo mondo? La terra che conosciamo? Solo un villaggio dove regna la pace? O poteri misteriosi e inestimabili tesori? Il viaggio non finisce in questa serie, terminando al punto giusto, continuerà prima in un film e poi in una seconda serie e poi ancora oltre.
“Questa ricerca svelerà indizi per dissipare l’oscurità della voragine. Tutto grazie a voi.”
La natura è affascinante, a volte crudele, ma la malvagità proviene sempre dagli esseri viventi, sovente dagli umani, e spesso tale malvagità viene rivolta verso i loro simili. Questi vagabondi, queste persone non volute, alla fine di questi bambini la fine importa veramente a qualcuno? Sono sempre i bambini a pagarne le conseguenze, e, per quanto metafora della realtà, tale apparente forzatura ha una motivazione solida per quanto crudele, ben spiegata solo in seguito.
Riko parla davvero tanto e, quando non parla, pensa altrettanto; questo potrebbe suscitare antipatia allo spettatore. Reg, ben più mansueto e taciturno, nasconde un alone di mistero. La sua provenienza è ignota e, soffrendo di amnesia, i suoi ricordi sono frammentati. Parla la stessa lingua degli altri protagonisti, per quanto abbia sembianze umane tutti si rivolgono a lui convinti di trovarsi di fronte un robot. Soffre, piange, si affeziona agli altri, forse è stato creato da una tecnologia perduta, aliena o estranea, ma questo "fantoccio meccanico" si rivelerà più umano di certe persone convinte di esserlo. Tra gli altri personaggi i più interessanti risultano i fischietti bianchi, l’inamovibile Ozen e il misterioso Bondrewd. Il personaggio di Nanachi può suscitare facilmente simpatia, anche e soprattutto dopo aver approfondito la sua conoscenza.
Le animazioni, curate e chiare, sono a cura dello studio Kinema Citrus (in passato curò tra gli altri “Barakamon”). La sigla d’aperura è la fin troppo allegra “Deep in Abyss” di Miyū Tomita, e anche la sigla di chiusura mantiene quei toni spensierati, “Tabi no Hidarite, Saihate no Migite” di Miyu Tomita, Mariya Ise e Shiori Izawa, entrambe traggono in inganno. La colonna sonora è adatta al viaggio intrapreso, facendo da compagna non invadente.
Da segnalare scelte infelici come le punizioni corporali, considerando l’età infantile dei personaggi. Scene molto crude e forti non permettono a tutti la visione.
Lato doppiaggio, da segnalare le ottime prestazioni di Martina Tamburello su Nanachi e quella di Gea Riva (Hiling in “Ranking of Kings” e Sayaka Miki in “Puella Magi ★ Madoka Magica”) su un personaggio difficile come Ozen. In originale, ottimo lavoro collettivo, tra cui spicca Toshiyuki Morikawa (interprete tra gli altri di Limù di “Kingdom”, Julius Nova Chrono di “Black Clover” e Yoshikage Kira di “Le bizzarre avventure di JoJo: Diamond is Unbreakable”).
Quanto può durare un sogno? Dipende da quanto sei disposto a scendere.
Una lontana isola si erge in mezzo al mare. Un luogo con un’insolita caratteristica, proprio al centro si scorge una voragine il cui fondo non è visibile. Tante persone si sono avventurate in quei misteriosi meandri, scoprendo a loro spese le particolari caratteristiche, molte di loro non sono più tornate.
Oltre alla presenza di maestose o grottesche figure pericolose, mortali o meno, c’è un pericolo nascosto quanto mortale: una volta discesi in questo particolare luogo, nel caso si volesse ritornare in superfice, nel risalire solo dieci metri si manifesterebbero effetti indesiderati sul corpo. Essi sono più gravi a seconda della profondità del livello in cui ci si trova; dal sesto non vi è ritorno, perdendo nel tentativo vita o umanità.
Forse l’autore ha preso spunto dalle risalite rapide, molto pericolose, nei casi di immersione. In effetti, proprio ogni dieci metri di profondità, la pressione (atmosfera) cambia, provocando, in caso di rapida risalita, effetti sul corpo anche mortali. Allo spettatore non è dato sapere dove si trovi l’isola, anzi del mondo in cui è ambientata la storia sappiamo ben poco, in un viaggio del resto non è importante da dove si parta, ma dove si arriva. Chiari i rimandi a Jules Verne del suo “Viaggio al centro della Terra”, dove ambientò nella lontana Islanda il punto di partenza del suo romanzo.
I vari protagonisti sono tutti bambini. La particolarità del disegno, piacevole o meno per i gusti personali dello spettatore, accentua i loro tratti infantili. Abbandonati in tutti i sensi, vivono in un orfanotrofio, non hanno alcun parente, vengono semplicemente addestrati nell’avventurarsi in quel misterioso ambiente, partendo dal grado più basso, il fischietto rosso, fino a raggiungere i ranghi più alti, neri e bianchi. Ricordano, per età e ambiente, i bambini di “The Promised Neverland”, eppure visivamente enormi sono le differenze tra Emma e compagini e Riko e gli altri studenti.
“Sai, mi sto chiedendo fino a quando tu riuscirai a resistere.”
Riko è una bambina guidata dal più primordiale degli istinti: desidera riabbracciare sua madre. Nessun adulto dovrebbe farle rischiare la vita in modo così sconsiderato, eppure una spiegazione viene fornita: la sua nascita nasconde un segreto, un forte e misterioso legame con l’abisso. Per fortuna, non viaggerà da sola.
“Nel fondo dell’oltretomba aspetto.”
L’abisso gentilmente porge il suo benvenuto agli spettatori che seguono insieme alla ragazzina il suo viaggio, in una terra ricca di misteri, inesplorata in parte e fonte di continue sorprese. Vengono riflesse negli occhi dei protagonisti la nostra meraviglia nel vedere creature fantastiche e paesaggi mozzafiato, descritti con dovizia di particolari. Basta chiudere gli occhi per trovarsi con loro, a inebriarsi di stupore e splendore, osservare strani esseri muoversi e adattarsi a quel particolare ambiente, rendendo reale la fantasia.
Cosa si nasconde in quei profondi meandri? Lo spettatore inizia a sognare come se fosse uno dei protagonisti, fantasticando su ciò che vi è oltre. Un nuovo mondo? La terra che conosciamo? Solo un villaggio dove regna la pace? O poteri misteriosi e inestimabili tesori? Il viaggio non finisce in questa serie, terminando al punto giusto, continuerà prima in un film e poi in una seconda serie e poi ancora oltre.
“Questa ricerca svelerà indizi per dissipare l’oscurità della voragine. Tutto grazie a voi.”
La natura è affascinante, a volte crudele, ma la malvagità proviene sempre dagli esseri viventi, sovente dagli umani, e spesso tale malvagità viene rivolta verso i loro simili. Questi vagabondi, queste persone non volute, alla fine di questi bambini la fine importa veramente a qualcuno? Sono sempre i bambini a pagarne le conseguenze, e, per quanto metafora della realtà, tale apparente forzatura ha una motivazione solida per quanto crudele, ben spiegata solo in seguito.
Riko parla davvero tanto e, quando non parla, pensa altrettanto; questo potrebbe suscitare antipatia allo spettatore. Reg, ben più mansueto e taciturno, nasconde un alone di mistero. La sua provenienza è ignota e, soffrendo di amnesia, i suoi ricordi sono frammentati. Parla la stessa lingua degli altri protagonisti, per quanto abbia sembianze umane tutti si rivolgono a lui convinti di trovarsi di fronte un robot. Soffre, piange, si affeziona agli altri, forse è stato creato da una tecnologia perduta, aliena o estranea, ma questo "fantoccio meccanico" si rivelerà più umano di certe persone convinte di esserlo. Tra gli altri personaggi i più interessanti risultano i fischietti bianchi, l’inamovibile Ozen e il misterioso Bondrewd. Il personaggio di Nanachi può suscitare facilmente simpatia, anche e soprattutto dopo aver approfondito la sua conoscenza.
Le animazioni, curate e chiare, sono a cura dello studio Kinema Citrus (in passato curò tra gli altri “Barakamon”). La sigla d’aperura è la fin troppo allegra “Deep in Abyss” di Miyū Tomita, e anche la sigla di chiusura mantiene quei toni spensierati, “Tabi no Hidarite, Saihate no Migite” di Miyu Tomita, Mariya Ise e Shiori Izawa, entrambe traggono in inganno. La colonna sonora è adatta al viaggio intrapreso, facendo da compagna non invadente.
Da segnalare scelte infelici come le punizioni corporali, considerando l’età infantile dei personaggi. Scene molto crude e forti non permettono a tutti la visione.
Lato doppiaggio, da segnalare le ottime prestazioni di Martina Tamburello su Nanachi e quella di Gea Riva (Hiling in “Ranking of Kings” e Sayaka Miki in “Puella Magi ★ Madoka Magica”) su un personaggio difficile come Ozen. In originale, ottimo lavoro collettivo, tra cui spicca Toshiyuki Morikawa (interprete tra gli altri di Limù di “Kingdom”, Julius Nova Chrono di “Black Clover” e Yoshikage Kira di “Le bizzarre avventure di JoJo: Diamond is Unbreakable”).
Quanto può durare un sogno? Dipende da quanto sei disposto a scendere.