Recensione
Il campo dell'arcobaleno
9.0/10
Ammetto che dopo aver letto "Nijigahara holograph" mi risulta assai difficile provare ad esprimere una valutazione su questa opera di Asano: un manga cui non ho potutto dedicare una sola lettura tanto mi è risultato a dir poco "ostico" per le tematiche che ha affrontato.
Non me ne vogliano Asano e il lettore di questa modesta recensione, ma la frase che mi ha suscitato questo manga a ripetersi come un ritornello è: "L’inferno si trova qui, dentro la testa” (da "L'organo genocida" di Project Itoh).
Con il “il testo olografo del campo dell’arcobaleno” (traduzione letterale del titolo dell'opera) sembra che Asano voglia condurci ad esplorare le parti più oscure della sua mente "contorta" per poi indicarci una possibile strada per recuperare la "luce", con un manga che dà forma ad una sorta di "allegorismo" in cui l'autore rappresenta una vicenda in un modo che mixa mondo reale e quello onirico per "dire altro" non prima facie decifrabile e dunque facilmente fruibile e assimilabile.
Che cos'è questo altro? Asano, in una sorta di "downward spiral" ci conduce in una sorta di abisso del lato oscuro della mente umana. E così infarcisce il manga di omicidi, abusi, stupri, cattiveria e disincanto, emarginazione, indifferenza, discriminazione, ossessione, pedofilia, incesto, ecc.
E lo fa alternando metaforicamente le manifestazioni più "crude" dell'abominazione con le immagini più leggiadre delle farfalle, che da quanto appreso in rete, per i giapponesi rappresentano le anime dei vivi e dei morti e in seconda battuta sono anche un simbolo popolare delle giovani donne, nel senso che rappresenterebbero la loro bellezza e grazia.
La storia che prende in considerazione è quella di istantanee significative di vita di un gruppetto di "amici" e relativi genitori (ove presenti) attraverso un'alternanza in apparenza senza senso di flashback e flashforward che assomigliano al moto perpetuo delle onde del mare che si infrangono sulla battigia: un movimento ipnotico che anziché rilassare inquieta perché non risolve il male di vivere dei personaggi raccontati, tutti segnati a vario titolo da traumi subiti da bambini.
questa parte contiene spoiler
Il protagonista è Amahiko Suzuki. Non so se sia una sorta di personaggio autobiografico (spero di no per Asano) ma presenta alcuni aspetti della sua storia personale (leggasi, ad es, la malformazione allo sterno). Di Amahiko nel manga viene rappresentata tutta la sua "parabola" dall'infanzia, alla gioventù fino alla vecchiaia dove nell'epilogo metaforicamente Asano fa incontrare la versione bambino con quella "vecchio" in una sorta di passaggio di consegne (la scatolina di latta). Un percorso lastricato di dolore: dagli abusi del padre sulla sorella Arie (Yue) prima della separazione dalla madre che poi morirà uccisa dall'ex ... mi fermo altrimenti rischio di spoilerare troppo...
Di sicuro Amahiko è il personaggio che ci consente di osservare nell'opera da una sorta di specola privilegiata tutto il "bestiario umano" che vuole rappresentare Asano fatto di oscurità ... (leit motiv dell'opera) come il tunnel nel campo dell'arcobaleno o dei due bambini che resta sempre il luogo metafisico delle scene più brutte e cruente del manga: gli omicidi e le violenze si consumano sempre nei suoi pressi. Ma per un altro personaggio chiave del manga, Kota Komatsuzaki, l'oscurità del tunnel percorsa fino in fondo rappresenterà l'occasione della rinascita e ritorno a nuova vita dopo tutte le violenze e omicidi commessi... svegliandosi come da un incubo a fianco di Maki Arakawa...
I personaggi femminili del manga sono tutti dannatamente drammatici, ad eccezione di proprio di Maki di cui viene tratteggiato un carattere arido, falso, insensibile e opportunista (splendida la filippica contro di lei fatta da professore di arte: in una frase in cui commenta un suo disegno delinea la sua personalità. Ben peggio farà Makoto Higure sfasciando letteralmente un suo disegno che lei aveva appena regalato...).
Ma Arie (Yue), la madre di Suzuki, Narumi Higure (la sorella dello psicopatico Makoto), Kyoko Sakaki fanno a vario titolo tutte una fine tragica, la morte, dopo essere state vittime di vessazioni, soprusi, violenze, cattiverie... una view del destino del genere femminile piuttosto cupa, tetra e nichilistica... che sia anche una critica alla mentalità maschilistica della società giapponese?
"Nijigahara holograph" è una sorta di viaggio mentale esistenziale in cui il passato con i suoi traumi rappresenta un macigno, un ostacolo da superare. Il passato come "mostro" che deve essere sconfitto, una "catena" dalla quale ci si deve liberare per comprendere cosa si è divenuti e non commettere più gli stessi errori. Ma sia pur in questa sorta di "sonno della ragione" che è la esistenza, Asano sembra nel finale lasciare uno spiraglio di speranza, purché sia abbia la forza di reagire all'oblio... Già in un capitolo centrale in un dialogo emerge una considerazione su come combattere il dolore dell'esistenza:
"...but I think that everyone grows up and becomes an adult [...] by losing things that are precious to them. [...] You'll be fine, [...] as long as you don't lose sight of you ideals"
Proprio nell'epilogo Asano sembra lasciare una "exit strategy" alla vita grama, che non si basa sulla fede in qualche entità soprannaturale: "You see that? [...] There's no god after all"...
La risposta la si trova dentro se stessi. Questo è il messaggio che Amahiko, dopo essere caduto dal tetto della scuola come vittima dei suoi compagni a seguito del gioco del "Hana ichi monme" (gioco paradigmatico ed espressione della mentalità "distorta" del sistema sociale giapponese), sente pronunciare dall'infermiera a reagire alla profonda disgrazia patita: "C'mon Suzuki, you can do it!! [...] I know you can stand already! [...] You're not going to get any better unless you try!"...
Ulteriore conferma nel finale durante il "passaggio di testimone" tra le due versioni di Amahiko Suzuki: "No matter how unfair and cruel the world may seem [...] you must keep a strong will [...] You are allowed to choose the way your life goes"
Basterà per non farsi travolgere dalla disperazione dell'oscurità?
Non me ne vogliano Asano e il lettore di questa modesta recensione, ma la frase che mi ha suscitato questo manga a ripetersi come un ritornello è: "L’inferno si trova qui, dentro la testa” (da "L'organo genocida" di Project Itoh).
Con il “il testo olografo del campo dell’arcobaleno” (traduzione letterale del titolo dell'opera) sembra che Asano voglia condurci ad esplorare le parti più oscure della sua mente "contorta" per poi indicarci una possibile strada per recuperare la "luce", con un manga che dà forma ad una sorta di "allegorismo" in cui l'autore rappresenta una vicenda in un modo che mixa mondo reale e quello onirico per "dire altro" non prima facie decifrabile e dunque facilmente fruibile e assimilabile.
Che cos'è questo altro? Asano, in una sorta di "downward spiral" ci conduce in una sorta di abisso del lato oscuro della mente umana. E così infarcisce il manga di omicidi, abusi, stupri, cattiveria e disincanto, emarginazione, indifferenza, discriminazione, ossessione, pedofilia, incesto, ecc.
E lo fa alternando metaforicamente le manifestazioni più "crude" dell'abominazione con le immagini più leggiadre delle farfalle, che da quanto appreso in rete, per i giapponesi rappresentano le anime dei vivi e dei morti e in seconda battuta sono anche un simbolo popolare delle giovani donne, nel senso che rappresenterebbero la loro bellezza e grazia.
La storia che prende in considerazione è quella di istantanee significative di vita di un gruppetto di "amici" e relativi genitori (ove presenti) attraverso un'alternanza in apparenza senza senso di flashback e flashforward che assomigliano al moto perpetuo delle onde del mare che si infrangono sulla battigia: un movimento ipnotico che anziché rilassare inquieta perché non risolve il male di vivere dei personaggi raccontati, tutti segnati a vario titolo da traumi subiti da bambini.
questa parte contiene spoiler
Il protagonista è Amahiko Suzuki. Non so se sia una sorta di personaggio autobiografico (spero di no per Asano) ma presenta alcuni aspetti della sua storia personale (leggasi, ad es, la malformazione allo sterno). Di Amahiko nel manga viene rappresentata tutta la sua "parabola" dall'infanzia, alla gioventù fino alla vecchiaia dove nell'epilogo metaforicamente Asano fa incontrare la versione bambino con quella "vecchio" in una sorta di passaggio di consegne (la scatolina di latta). Un percorso lastricato di dolore: dagli abusi del padre sulla sorella Arie (Yue) prima della separazione dalla madre che poi morirà uccisa dall'ex ... mi fermo altrimenti rischio di spoilerare troppo...
Di sicuro Amahiko è il personaggio che ci consente di osservare nell'opera da una sorta di specola privilegiata tutto il "bestiario umano" che vuole rappresentare Asano fatto di oscurità ... (leit motiv dell'opera) come il tunnel nel campo dell'arcobaleno o dei due bambini che resta sempre il luogo metafisico delle scene più brutte e cruente del manga: gli omicidi e le violenze si consumano sempre nei suoi pressi. Ma per un altro personaggio chiave del manga, Kota Komatsuzaki, l'oscurità del tunnel percorsa fino in fondo rappresenterà l'occasione della rinascita e ritorno a nuova vita dopo tutte le violenze e omicidi commessi... svegliandosi come da un incubo a fianco di Maki Arakawa...
I personaggi femminili del manga sono tutti dannatamente drammatici, ad eccezione di proprio di Maki di cui viene tratteggiato un carattere arido, falso, insensibile e opportunista (splendida la filippica contro di lei fatta da professore di arte: in una frase in cui commenta un suo disegno delinea la sua personalità. Ben peggio farà Makoto Higure sfasciando letteralmente un suo disegno che lei aveva appena regalato...).
Ma Arie (Yue), la madre di Suzuki, Narumi Higure (la sorella dello psicopatico Makoto), Kyoko Sakaki fanno a vario titolo tutte una fine tragica, la morte, dopo essere state vittime di vessazioni, soprusi, violenze, cattiverie... una view del destino del genere femminile piuttosto cupa, tetra e nichilistica... che sia anche una critica alla mentalità maschilistica della società giapponese?
"Nijigahara holograph" è una sorta di viaggio mentale esistenziale in cui il passato con i suoi traumi rappresenta un macigno, un ostacolo da superare. Il passato come "mostro" che deve essere sconfitto, una "catena" dalla quale ci si deve liberare per comprendere cosa si è divenuti e non commettere più gli stessi errori. Ma sia pur in questa sorta di "sonno della ragione" che è la esistenza, Asano sembra nel finale lasciare uno spiraglio di speranza, purché sia abbia la forza di reagire all'oblio... Già in un capitolo centrale in un dialogo emerge una considerazione su come combattere il dolore dell'esistenza:
"...but I think that everyone grows up and becomes an adult [...] by losing things that are precious to them. [...] You'll be fine, [...] as long as you don't lose sight of you ideals"
Proprio nell'epilogo Asano sembra lasciare una "exit strategy" alla vita grama, che non si basa sulla fede in qualche entità soprannaturale: "You see that? [...] There's no god after all"...
La risposta la si trova dentro se stessi. Questo è il messaggio che Amahiko, dopo essere caduto dal tetto della scuola come vittima dei suoi compagni a seguito del gioco del "Hana ichi monme" (gioco paradigmatico ed espressione della mentalità "distorta" del sistema sociale giapponese), sente pronunciare dall'infermiera a reagire alla profonda disgrazia patita: "C'mon Suzuki, you can do it!! [...] I know you can stand already! [...] You're not going to get any better unless you try!"...
Ulteriore conferma nel finale durante il "passaggio di testimone" tra le due versioni di Amahiko Suzuki: "No matter how unfair and cruel the world may seem [...] you must keep a strong will [...] You are allowed to choose the way your life goes"
Basterà per non farsi travolgere dalla disperazione dell'oscurità?