Recensione
Beck - Mongolian Chop Squad
9.0/10
Chi di voi non ha mai sognato, almeno una volta nella vita, di diventare una rockstar di successo? Personalmente, di volare con l’immaginazione in questa direzione mi è capitato spesso negli ultimi anni, anzi, sarebbe più corretto dire che tutt’oggi ancora mi succede, grosso modo alla frequenza di una volta a settimana, quando infilo le scarpe da ginnastica e metto una delle mie Galaxy Buds nell’orecchio per allenarmi. Correndo fino a perdere le forze sulle note di capolavori senza tempo del rock mondiale come “Don’t Stop Me Now” dei Queen o “Snow (Hey Oh)” dei Red Hot Chilli Pepper, ho spesso immaginato di uscire dall’anonimato per impormi, con una band illusoria formata da un chitarrista, un bassista e un batterista (sì, io farei il frontman), nel mercato mondiale del rock. Nulla più di un effimero sogno ad occhi aperti, certo, ma sognare non costa nulla e, onestamente, credo che sia una delle abitudini più nobili di noi esseri umani. Come si sarà intuito, diventare una rockstar di fama mondiale non è il destino che è stato scritto per me, bensì quello di Koyuki e della sua band, i Beck, altresì conosciuti col nome di Mongolian Chop Squad.
Tratto dall’omonimo manga di Harold Sakuishi, pubblicato per la prima volta in Giappone nel 2000 sulla rivista Monthly Shōnen Magazine della Kōdansha, “Beck – Mongolian Chop Squad” è una serie televisiva anime di 26 episodi andata in onda tra il 2004 e il 2005 su Tv Tokyo. In Italia, l’anime è stato trasmesso su MTV fra il 2006 e il 2007 grazie alla Dynit, che in terra nostrana ne ha pubblicato anche la versione cartacea, dal 2022 presente anche in una nuova edizione da collezione.
Vivere una vita assolutamente normale può essere frustrante e questo il quattordicenne Yukio Tanaka lo sa bene. Sa anche che niente di questa sua piatta esistenza sarà mai degno di menzione in un’autobiografia, a meno di una radicale svolta. Una svolta, sì, ma quale? L’occasione si presenta sotto le vesti di un cane rattoppato che il ragazzo salva da un gruppetto di bulli. Il suo padrone è, infatti, Ryusuke Minami, un giovane dall’aria poco raccomandabile cresciuto a New York e tornato da poco in Giappone, nonché un formidabile chitarrista, un talento naturale come se ne incontrano pochi in giro. Qualcosa in Tanaka scatta: potrebbero essere Ryusuke e la sua musica la svolta che cambierà per sempre la sua vita? Nel dubbio, complice l’incontro col signor Saito, Yukio prova ad imparare a suonare la chitarra. Sarà vera passione o piuttosto solo un modo per far colpo sulla senpai Izumi Ishiguro, colei che alle elementari lo soprannominò Koyuki e che gli ha fatto conoscere la musica dei celebri Dying Breed?
Beck è il nome del curioso cane di Ryusuke e, in seguito, anche quello della band da lui fondata. Il giovane chitarrista in cerca di fama è, per Koyuki, l’uomo del destino, colui che gli farà scoprire la sua passione e innata attitudine per la musica. Mai come in questo caso, una scintilla è più che sufficiente per far divampare un incendio. Attirato dalla possibilità di sfondare nel mondo del rock e di fare colpo sulla senpai Izumi, saldamente ancorato all’idea che le rockstars abbiano un fascino superiore, Koyuki intraprende l’arduo sentiero della musica, iniziando praticamente dalle basi. Come per Hanamichi di “Slam Dunk”, però, ciò che è stato iniziato per puro divertimento, comincia ben presto ad assumere le sembianze di un’autentica passione, destinata a sfociare in ossessione, nel volersi migliorare costantemente e assimilare quanto più possibile dai giganti del rock, Beatles e Rolling Stones su tutti. Grazie alle lezioni private del simpatico ed eccentrico signor Saito, Koyuki apprende velocemente i fondamenti della chitarra, mentre Ryusuke è alla strenua ricerca di membri per la sua nuova band. Neanche a dirlo, uno di essi sarà proprio Koyuki. Una volta raggiunta la conformazione finale e stabilito il nome, in origine Beck e, soltanto in un secondo momento Mongolian Chop Squad, per la band comincia la lunga trafila per il successo, che potrebbe anche non arrivare mai. Tra i cinque ragazzi del gruppo, però, c’è grande chimica, la famosa scintilla di cui sopra, e nessuno di essi sembra essere intenzionato a mollare il colpo, non prima di aver raggiunto il successo almeno, in Giappone e all’estero. Dopo un inizio un po’ in sordina, la serie ingrana la marcia e, tra un live ed un altro, non affezionarsi a questi cinque adolescenti con la fissa per la musica diventa impossibile. Il coinvolgimento da parte dello spettatore è totale e il loro sogno finisce inevitabilmente per diventare anche il suo. È così che va, si gioisce e ci si dispera insieme. Certo è che, se i ragazzi raggiungeranno o meno il loro obiettivo, non sta a me dirvelo.
Tecnicamente, nel complesso, l’anime è ben fatto, seppur in alcuni episodi si possa notare un lieve calo di qualità nei disegni: personaggi troppo stilizzati oppure arti disegnati alla meno peggio. Il climax viene raggiunto nelle scene musicali sul palcoscenico, durante i live, con il focus che va freneticamente dalle facce dei ragazzi alle dita che scivolano sulla chitarra e sul basso, senza dimenticarsi di quelle che tengono salde le bacchette. Gran parte dello sforzo è stato fatto per rendere animate al meglio scene di questo tipo e, a me, onestamente, non può che andare bene così.
“Beck – Mongolian Chop Squad” ha il grande merito di combinare due dei filoni che sono tra i miei preferiti in assoluto: musica e romanticismo. La prima è, ovviamente, la componente centrale di tutta la serie e veste, per lo più, i panni del rock ‘n’ roll. Finché si tratta di musica classica, come nel caso di “Your Lie in April”, di cui so ben poco e ho zero competenze, l’ascolto passivo, per quanto piacevole, è l’unica soluzione possibile. Ma quando si parla di rock, la situazione cambia completamente. Le canzoni dei Beatles e dei Pillows, tanto per citarne un paio, trasmettono vibes tanto familiari, da coinvolgermi completamente nella visione e, ancor di più, nell’ascolto. Meglio di questo, c’è solo la sensazione di scoperta e piacere dopo aver percorso orizzonti inediti e aver ascoltato canzoni e artisti fino ad un certo momento della propria vita sconosciuti. Ecco, “Beck” è anche questo: repertorio musicale vasto ed incisivo, capace di ampliare grandemente le proprie conoscenze. Per gli amanti del genere, “Beck” è, seppur in minima parte, anche romanticismo. Non solo Koyuki inizia a suonare la chitarra per fare colpo sulla senpai Izumi, ma ben presto le sue doti canore vengono apprezzate anche dalla sua coetanea, nonché sorella di Ryusuke, Maho. Tra i due, c’è un feeling particolare e questo porterà Koyuki ad essere incastrato in un triangolo amoroso, che, per inciso, non sarà l’unico della serie. Ad un certo punto, non soltanto diventa naturale per lo spettatore fare il tifo per la band, ma anche sperare che Koyuki possa avere successo in amore. Uno dei pochi appunti che mi viene da fare, è che proprio gli intrighi romantici non sempre vengono risolti a dovere, lasciando alcune cose in sospeso e, questo, per forza di cose, ci porta al gran finale. Veloce e imperfetto, a differenza di tutto il resto della serie. Alcune linee narrative restano aperte, come a voler offrire una scelta allo spettatore. Sinceramente, io avrei di gran lunga preferito che nulla venisse lasciato in sospeso. Seppur nella sua imperfezione, il finale ha un forte impatto emotivo, tanto da lasciare nello spettatore, almeno per me è stato così, tanta tristezza ed un vuoto difficile da colmare, perché in giro di anime come “Beck – Mongolian Chop Squad”, al giorno d’oggi, se ne trovano sempre meno.
Tratto dall’omonimo manga di Harold Sakuishi, pubblicato per la prima volta in Giappone nel 2000 sulla rivista Monthly Shōnen Magazine della Kōdansha, “Beck – Mongolian Chop Squad” è una serie televisiva anime di 26 episodi andata in onda tra il 2004 e il 2005 su Tv Tokyo. In Italia, l’anime è stato trasmesso su MTV fra il 2006 e il 2007 grazie alla Dynit, che in terra nostrana ne ha pubblicato anche la versione cartacea, dal 2022 presente anche in una nuova edizione da collezione.
Vivere una vita assolutamente normale può essere frustrante e questo il quattordicenne Yukio Tanaka lo sa bene. Sa anche che niente di questa sua piatta esistenza sarà mai degno di menzione in un’autobiografia, a meno di una radicale svolta. Una svolta, sì, ma quale? L’occasione si presenta sotto le vesti di un cane rattoppato che il ragazzo salva da un gruppetto di bulli. Il suo padrone è, infatti, Ryusuke Minami, un giovane dall’aria poco raccomandabile cresciuto a New York e tornato da poco in Giappone, nonché un formidabile chitarrista, un talento naturale come se ne incontrano pochi in giro. Qualcosa in Tanaka scatta: potrebbero essere Ryusuke e la sua musica la svolta che cambierà per sempre la sua vita? Nel dubbio, complice l’incontro col signor Saito, Yukio prova ad imparare a suonare la chitarra. Sarà vera passione o piuttosto solo un modo per far colpo sulla senpai Izumi Ishiguro, colei che alle elementari lo soprannominò Koyuki e che gli ha fatto conoscere la musica dei celebri Dying Breed?
Beck è il nome del curioso cane di Ryusuke e, in seguito, anche quello della band da lui fondata. Il giovane chitarrista in cerca di fama è, per Koyuki, l’uomo del destino, colui che gli farà scoprire la sua passione e innata attitudine per la musica. Mai come in questo caso, una scintilla è più che sufficiente per far divampare un incendio. Attirato dalla possibilità di sfondare nel mondo del rock e di fare colpo sulla senpai Izumi, saldamente ancorato all’idea che le rockstars abbiano un fascino superiore, Koyuki intraprende l’arduo sentiero della musica, iniziando praticamente dalle basi. Come per Hanamichi di “Slam Dunk”, però, ciò che è stato iniziato per puro divertimento, comincia ben presto ad assumere le sembianze di un’autentica passione, destinata a sfociare in ossessione, nel volersi migliorare costantemente e assimilare quanto più possibile dai giganti del rock, Beatles e Rolling Stones su tutti. Grazie alle lezioni private del simpatico ed eccentrico signor Saito, Koyuki apprende velocemente i fondamenti della chitarra, mentre Ryusuke è alla strenua ricerca di membri per la sua nuova band. Neanche a dirlo, uno di essi sarà proprio Koyuki. Una volta raggiunta la conformazione finale e stabilito il nome, in origine Beck e, soltanto in un secondo momento Mongolian Chop Squad, per la band comincia la lunga trafila per il successo, che potrebbe anche non arrivare mai. Tra i cinque ragazzi del gruppo, però, c’è grande chimica, la famosa scintilla di cui sopra, e nessuno di essi sembra essere intenzionato a mollare il colpo, non prima di aver raggiunto il successo almeno, in Giappone e all’estero. Dopo un inizio un po’ in sordina, la serie ingrana la marcia e, tra un live ed un altro, non affezionarsi a questi cinque adolescenti con la fissa per la musica diventa impossibile. Il coinvolgimento da parte dello spettatore è totale e il loro sogno finisce inevitabilmente per diventare anche il suo. È così che va, si gioisce e ci si dispera insieme. Certo è che, se i ragazzi raggiungeranno o meno il loro obiettivo, non sta a me dirvelo.
Tecnicamente, nel complesso, l’anime è ben fatto, seppur in alcuni episodi si possa notare un lieve calo di qualità nei disegni: personaggi troppo stilizzati oppure arti disegnati alla meno peggio. Il climax viene raggiunto nelle scene musicali sul palcoscenico, durante i live, con il focus che va freneticamente dalle facce dei ragazzi alle dita che scivolano sulla chitarra e sul basso, senza dimenticarsi di quelle che tengono salde le bacchette. Gran parte dello sforzo è stato fatto per rendere animate al meglio scene di questo tipo e, a me, onestamente, non può che andare bene così.
“Beck – Mongolian Chop Squad” ha il grande merito di combinare due dei filoni che sono tra i miei preferiti in assoluto: musica e romanticismo. La prima è, ovviamente, la componente centrale di tutta la serie e veste, per lo più, i panni del rock ‘n’ roll. Finché si tratta di musica classica, come nel caso di “Your Lie in April”, di cui so ben poco e ho zero competenze, l’ascolto passivo, per quanto piacevole, è l’unica soluzione possibile. Ma quando si parla di rock, la situazione cambia completamente. Le canzoni dei Beatles e dei Pillows, tanto per citarne un paio, trasmettono vibes tanto familiari, da coinvolgermi completamente nella visione e, ancor di più, nell’ascolto. Meglio di questo, c’è solo la sensazione di scoperta e piacere dopo aver percorso orizzonti inediti e aver ascoltato canzoni e artisti fino ad un certo momento della propria vita sconosciuti. Ecco, “Beck” è anche questo: repertorio musicale vasto ed incisivo, capace di ampliare grandemente le proprie conoscenze. Per gli amanti del genere, “Beck” è, seppur in minima parte, anche romanticismo. Non solo Koyuki inizia a suonare la chitarra per fare colpo sulla senpai Izumi, ma ben presto le sue doti canore vengono apprezzate anche dalla sua coetanea, nonché sorella di Ryusuke, Maho. Tra i due, c’è un feeling particolare e questo porterà Koyuki ad essere incastrato in un triangolo amoroso, che, per inciso, non sarà l’unico della serie. Ad un certo punto, non soltanto diventa naturale per lo spettatore fare il tifo per la band, ma anche sperare che Koyuki possa avere successo in amore. Uno dei pochi appunti che mi viene da fare, è che proprio gli intrighi romantici non sempre vengono risolti a dovere, lasciando alcune cose in sospeso e, questo, per forza di cose, ci porta al gran finale. Veloce e imperfetto, a differenza di tutto il resto della serie. Alcune linee narrative restano aperte, come a voler offrire una scelta allo spettatore. Sinceramente, io avrei di gran lunga preferito che nulla venisse lasciato in sospeso. Seppur nella sua imperfezione, il finale ha un forte impatto emotivo, tanto da lasciare nello spettatore, almeno per me è stato così, tanta tristezza ed un vuoto difficile da colmare, perché in giro di anime come “Beck – Mongolian Chop Squad”, al giorno d’oggi, se ne trovano sempre meno.