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"Il primo amore non si scorda mai" dicono le persone sagge, quelle che fin troppo bene sanno come gira il mondo e, in fin dei conti, è impossibile dargli torto. Quando vidi per la prima volta “Il Castello Errante di Howl”, primo personale contatto con il cinema sensazionale di Hayao Miyazaki, ero poco più che maggiorenne e, da meno di un anno, mi ero avvicinato allo sconfinato mondo dell’animazione giapponese. Ricordo che il film mi piacque parecchio, ma, più che dai i contenuti, che all’epoca feci fatica a cogliere nella loro totalità, restai folgorato dalla bellezza grafica ed acustica della pellicola targata Studio Ghibli. Fu probabilmente allora che decisi di immergermi a capofitto nel fantastico mondo creato da Miyazaki, Takahata e Suzuki e prendere visione di tutti i lungometraggi dello Studio, posticipando alla fine di questo lungo percorso il rewatch del film che mi aveva iniziato a questo universo magico e meraviglioso. Almeno tre anni sono passati da allora e la convinzione che avevo iniziato a maturare pellicola dopo pellicola ha finalmente trovato conferma: “Il Castello Errante di Howl”, complice la componente sentimentale, è senza ombra di dubbio il mio film preferito dello Studio Ghibli.

Largamente ispirato all’omonimo romanzo della scrittrice inglese Diana Wynne Jones, “Il Castello Errante di Howl” è uno dei film d’animazione più celebri di Hayao Miyazaki, uscito nelle sale giapponesi il 20 novembre 2004. L’anno successivo, il 9 settembre 2005, il film uscì nelle sale italiane, in concomitanza con la 62ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, durante la quale Miyazaki venne premiato con il Leone d'oro alla carriera, facendone così l'unico regista di film d'animazione a conquistare sia l'Oscar – per “La Città Incantata” – sia il Leone d'oro. Il lungometraggio fu anche tra i candidati per il premio Oscar come miglior film d’animazione del 2006, arrivando secondo dietro a “Wallace & Gromit: La maledizione del coniglio mannaro”. Una scelta difficilmente comprensibile.

La giovane Sophie, 18 anni, lavora senza posa nella boutique di cappelli che, prima di morire, apparteneva a suo padre. Durante una delle sue rare uscite in città, conosce Howl il Mago. Howl è un ragazzo molto affascinante che, però, manca leggermente di carattere. Fraintendendo la loro relazione, la Strega delle Lande lancia un maleficio terribile su Sophie e la trasforma in una vecchia di 90 anni. Prostrata, Sophie fugge e vaga nelle terre desolate. Per puro caso, entra nel Castello Errante di Howl e, nascondendo la sua vera identità̀, si fa assumere come donna delle pulizie. Questa “vecchia signora”, tanto misteriosa quanto dinamica, riuscirà̀ in breve tempo a dare nuova vita alla vecchia dimora abitata solo da un giovane apprendista, Markl, e da colui che manda avanti il Castello, Calcifer, il demone del fuoco. Più energica che mai, Sophie compie degli autentici miracoli. Quale favoloso destino la attende? Cosa succederà tra lei e Howl?

Attenzione: la recensione contiene spoiler

“Il Castello Errante di Howl” è una fiaba a tutti gli effetti: dolce, poetico e commovente. È un film che parla di tante cose, ma che, sopra ogni altra, si presenta allo spettatore come un autentico inno all’amore, protagonista assoluto della pellicola targata Miyazaki. Sophie è una ragazza di 18 anni, che dedica tanto tempo al lavoro e troppo poco a sé stessa. Sophie non si piace, soprattutto esteticamente, infatti, sembra vivere quasi una sorta di complesso di inferiorità nei confronti della sorella, la bella e seducente Hatter. Nonostante ciò, riesce ad attirare su di sé lo sguardo dell’incantevole Howl, di cui la ragazza finisce per innamorarsi a prima vista. Pur trasformata in vecchia, l’amore di Sophie non vacilla e, anzi, la porta a prendersi cura della casa di Howl e dei suoi due inquilini: Markl e Calcifer. In questo modo, il rapporto tra i due innamorati ha la possibilità di essere approfondito e, ben presto, Sophie scopre che lo stesso Howl sembra piacersi molto poco, quasi come se i due condividessero la medesima sventura. Eppure, come ci insegnano da tutta la vita, non importa cosa c’è fuori, bensì quello che c’è dentro le persone, il loro cuore. Sophie è una ragazza gentile e amorevole, dalla grande prontezza di spirito, la stessa che la porta ad affrontare qualsiasi situazione senza timore. Howl è un mago molto potente, che si muove per le Lande Desolate apparentemente senza meta, e, pur privato della sua anima, ha a cuore la pace del mondo. Con la sua forza d’animo, Sophie è in grado di sopperire alla mancanza di carattere di Howl, che, a sua volta, sa apprezzare ciò che il cuore della ragazza ha da offrirgli. Allo stesso modo delle due parti della mela di Platone, Sophie e Howl si completano perfettamente, perché insieme imparano ad accettarsi per ciò che sono, e, come il film suggerisce sin dall’inizio, i due innamorati sono destinati a stare insieme finché morte non li separi, in perfetto stile fiaba a lieto fine. La frase “e vissero per sempre felici e contenti” si adatta perfettamente al finale della storia tra Howl e Sophie. Quando si parla d’amore a proposito de “Il Castello Errante di Howl”, però, io non riesco a non pensare anche a Testa di Rapa. Come nel caso di Howl, l’amore ha rappresentato per lui un ancora di salvezza nel momento più buio e, quando viene rivelata la sua identità, in seguito al bacio di Sophie, non è difficile capire che Justin, questo il suo vero nome, si trovava sotto l’effetto di un terribile maleficio che solo il bacio della donna amata avrebbe potuto spezzare. L’amore è il motore del mondo e, questo, Miyazaki ci ha tenuto spesso a ribadirlo, specialmente in questo film.

Nell’ottica comune, non c’è nulla di più distante dall’amore dell’odio, che può assumere tante forme, in particolar modo quella della guerra. Come in altre pellicole maggiormente incentrate sul tema, anche ne “Il Castello Errante di Howl” Miyazaki denuncia a gran voce la guerra e le sue nefaste conseguenze. In uno scenario che mi ha molto ricordato “Nausicaa della Valle del Vento”, due regni vicini si fanno la guerra e Howl si trova perfettamente nel mezzo, nell’estenuante tentativo di far finalmente ritornare la pace. Miyazaki mette così a nudo una grande verità: quando si combatte una guerra, sono sempre coinvolte vite umane innocenti; per questo motivo, non importa chi abbia ragione e chi torto, la guerra andrebbe sempre ripudiata. Emblematico, a tal proposito, il dialogo tra Howl e Sophie, quando quest’ultima, nello scorgere all’orizzonte delle sinistre macchine volanti belliche, chiede al ragazzo “Saranno nemici o amici?” e il mago le risponde “Gli uni o gli altri è la stessa cosa”. Fino a quando migliaia, anzi milioni di persone saranno costrette a combattere e morire per una guerra che non gli appartiene, voluta solo ed esclusivamente dalle grandi forze politiche e militari scarsamente interessate al benessere del proprio popolo, l’umanità non potrà mai veramente definirsi tale.

In ultima istanza, io credo fortemente che “Il Castello Errante di Howl” impartisca allo spettatore un’altra lezione fondamentale: molto spesso, le persone con cui leghiamo maggiormente, nel corso della nostra vita, non sono i nostri familiari, persone con cui magari condividiamo lo stesso sangue e nulla più, bensì dei perfetti sconosciuti con cui condividiamo la scelta di aver creato insieme e del tutto spontaneamente una nuova famiglia. Questo lo sa bene Sophie, che con la sua, di famiglia, non sembra avere un rapporto idilliaco; lo sanno Howl e Calcifer, che hanno trascorso quasi tutta la loro esistenza uno al fianco dell’altro; lo sa il giovane Markl, del cui passato sappiamo poco o nulla, e che ha trovato in Heen un amico fedele e un compagno di giochi; lo sa, infine, anche l’anziana Strega delle Lande, la quale, soltanto dopo essere stata privata dei suoi poteri, ha compreso il significato della parola amore. Alla fine del film, questi personaggi hanno finalmente trovato un posto da chiamare casa, in cui vivere come una vera famiglia, e vederli partire a bordo del Castello Errante provoca una stretta al cuore tanto forte da far venire le lacrime agli occhi.

Nonostante l’esaustivo panegirico ormai prossimo alla sua naturale conclusione, ritengo che “Il Castello Errante di Howl” sia un film tutt’altro che perfetto. In diversi frangenti, la storia è difficile da seguire e ci sono alcuni personaggi che escono dalla scena così come sono entrati: senza fare scalpore. In realtà, credo che sarebbe stato giusto approfondire anche questi altri comprimari, per quanto secondari, come la sorella e la madre di Sophie, ma chiedere altro ad un film così pregno ed emozionante sarebbe forse troppo egoistico. Nella sua imperfezione, “Il Castello Errante di Howl” resta un capolavoro assoluto, merito anche e soprattutto di un comparto grafico stupefacente, inesauribile leitmotiv di tutti lungometraggi targati Studio Ghibli, e delle musiche magnifiche del miglior Joe Hisaishi. La colonna sonora del film, “Merry-Go-Round of Life”, è una delle migliori che io abbia mai avuto il piacere di ascoltare finora, talmente bella da essere difficilmente descrivibile a parole. Alcune note, incredibilmente rievocative di “Nuovo Cinema Paradiso” dell’inarrivabile Ennio Morricone, assicurano a questa canzone un posto in prima fila nell’Olimpo delle colonne sonore, non soltanto del cinema giapponese.

Come già detto, ritengo che “Il Castello Errante di Howl” rappresenti il miglior Miyazaki, ma probabilmente molti, io compreso, faticherebbero a definirlo il più bel film dello Studio fondato dal sensei. Nonostante ciò, “Il Castello Errante di Howl” resta il mio film preferito dello Studio Ghibli in assoluto e, questo, niente e nessuno potrà mai cambiarlo.