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Dopo che l’attivazione della rete 7G ha gettato il mondo nel caos, un gruppo di quattro ragazze parte alla ricerca di un’amica da tempo scomparsa, ma che sembrerebbe trovarsi nel quartiere di Ikebukuro, a Tokyo. A portarle fino a lì, sarà il treno della linea Seibu Ikebukuro, che collega la stazione di Agano a quella della capitale. Comincerà così un viaggio a tappe durante il quale le nostre scopriranno tanto il nuovo mondo post-7G quanto, e soprattutto, loro stesse.

La struttura della storia è semplice e sfrutta quello che è forse il tòpos narrativo più famoso e immediato di tutti: il viaggio. Non per questo tuttavia risulta banale, anzi riesce a unire in maniera originale e divertente il viaggio come itinerario fisico, al viaggio come percorso di crescita personale e di scoperta di sé. Perché alla fine è di questo che si tratta: di scoperta, di cambiamento e di accettazione reciproca. Il paesaggio assurdo, imprevedibile, talvolta spaventoso, che le ragazze di Agano si trovano ad attraversare stazione dopo stazione, non è solo quello esteriore, ma anche quello interiore, che muta radicalmente quando si cresce e può far paura proprio perché presenta qualcosa di sconosciuto.
Ecco quindi un secondo elemento intorno a cui ruota questa storia e che la rende forse così speciale: l’inaspettato, il sorprendente. Gli incontri che le nostre protagoniste faranno nel corso del viaggio avranno sempre un risvolto imprevedibile, tale da sovvertire le aspettative tanto delle ragazze quanto dello spettatore. Questo perché l’incontro con il mondo e con gli altri spesso mette di fronte all’incomprensibile, che ci sfida ad andare oltre le apparenze, oltre i nostri pregiudizi e le nostre pretese.
“Train to the End of the World” è quindi una piccola storia, semplice e divertente, senza pretese più grandi di sé, che racconta dell’imparare ad accettare sé stessi e gli altri, del non aver paura di crescere, di cambiare e di affrontare ciò che riserva il futuro.

L’unico difetto che potrei citare della serie è forse l’asimmetria nello sviluppo dei personaggi, dove Shizuru e Yoka sono particolarmente sfaccettate, mentre le altre ragazze del gruppo risultano meno approfondite. Tuttavia è una scelta che reputo comprensibile per questa storia, la quale forse non vuole mettere troppa carne al fuoco, per non risultare pretenziosa.
Il ritmo della serie è gestito bene, non ci si perde in sequenze esageratamente lunghe, né si affrettano gli sviluppi della trama, quasi come se ci si mantenesse in equilibrio tra lo slice of life e una storia d’avventura. Insomma, a mio parere una visione sicuramente piacevole, leggera e adatta a chi cerca una serie con cui passare un po’ di tempo in serenità. Nota di merito per le musiche che riflettono appieno il tono dell’anime.

P.S. Ora voglio assaggiare queste famose zucche amare di Agano.