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“L’idea di far cadere qualcosa in un mare di nulla… mi attira”

Sosuke è un ragazzo come tanti, iscritto all’università di legge, ma non ha un vero obiettivo.
Scoraggiato e sfiduciato, tira avanti come può, si tiene a galla in un mare di nulla: un grave lutto ha segnato la sua vita e da allora Sosuke non trova più una ragione per fare, per andare avanti.
L’incontro fortuito con un maestro di Sumi-e darà quella scossa necessaria perché il giovane inizii a tratteggiare quelle linee che gli daranno uno scopo, una ragion d’essere ancora in vita nonostante tutto.
Il messaggio del film è gridato forte e chiaro, non c’è nulla che non si può fare, la barriera che è apposta innanzi a noi è solo un limite mentale… basta volerlo, provare a uscire dai propri limiti ci dà l’occasione di scoprire cose che non si pensava potessero rientrare nelle proprie capacità, l’occasione di aprirsi a un mondo sconosciuto pieno di sorprese e opportunità: una vita da poter delineare come si vuole, diventare cioè che si vuole. L’importante non è quello che si è, ma ciò che si diventa.
Il film è chiaro portatore di questo messaggio, tant’è che i personaggi più saggi, ripetono il concetto chiaramente e più volte, non c’è spazio all’interpretazione.

Tramite e per mezzo della pittura Sumi-e, Sosuke ritrova sé stesso e riesce ad elaborare quel lutto che si porta ormai dietro da diversi anni. Un’elaborazione non semplice, ma che ha bloccato il suo tempo in quell’istante in cui ha perso ogni affetto. La paura dunque di creare una nuova famiglia viene dissipata piano piano grazie al maestro Kozan Shinoda, che legge in lui del potenziale e lo accoglie come suo apprendista, e Sosuke torna a fiorire come una pianta di camelia.

Ryusei Yokohama fa un lavoro magistrale nei panni del giovane apprendista donandogli profondità e naturalezza, soprattutto quando riversa le emozioni nell’eseguire l’arte del pennello su carta. Insieme a lui ci sono diversi altri personaggi: il maestro Kozan, interpretato da Tomokazu Miura, che non solo è maestro d’arte, ma si dimostra guida anche per la vita; sua nipote nonché prima apprendista, Chiaki Shinoda, interpretata da una bravissima Kaya Kiyohara, anche lei giovane donna alla ricerca di sé stessa, impaurita e affascinata dalla potenza espressiva dell’arte di suo nonno. Menzione d’onore per Yosuke Eguchi, che restando un po’ in disparte, regala con il personaggio tuttofare di Nishihama perle di saggezza e la freschezza di apprezzare le cose belle che ogni giorno ci vengono concesse dalla natura.
La regia di Norihiro Koizumi mantiene un altissimo livello e non annoia mai, accompagna la visione che, mano mano, si fa più incalzante fino al climax finale.

La sceneggiatura è calzante e tutto scorre senza intoppi, nonostante il lento proseguire all’inizio della pellicola. La musica accompagna in modo impeccabile questo registro che si fa sempre più denso e la insert song di yama, Lost, riesce a rinforzare quel contatto emotivo che piano piano si era creato nei minuti precedenti... davvero emozionante!
La pellicola si dimostra poetica, delicata e profonda, mai banale o scontata nel raccontare i sentimenti che si avvicendano dentro il protagonista. Parte con lenta naturalezza, così come scorre lentamente e quasi immobile la vita di Sosuke, per poi incalzare quando il giovane inizia a sbrigliarsi dal dolore che lo attanaglia.
Tutto si muove in concerto con l’evoluzione del protagonista, rendendo la visione suggestiva e calamitante.

Voto finale 98