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“Minestra riscaldata 'un fu mai bòna.” (proverbio toscano)

L'operazione nostalgia sembra essere un po' diventato il leit motiv di alcune produzioni recenti del colosso streaming mondiale. Tra quelli che mi ricordo, "Kimi ni Todoke" (live action e poi anime), "Non mi stuzzicare, Takagi" (solo live action).
I risultati possono essere più o meno in linea con le attese del pubblico, ma il rischio del confronto con le opere originali e risalenti anche a molto tempo fa, soprattutto se hanno riscosso grande successo, è molto alto e spesso penalizzante.
Senza dimenticare che oggi, con questi remake, sembra anche sussistere un certo inaridimento della fantasia nella creazione di nuove opere originali...

È inutile usare tanti giri di parole: la saga di "Terminator", nonostante gli scivoloni dei sequel dopo i due film del 1984 e del 1991, resta comunque una pietra miliare della filmografia sci-fi. Un'era, quella degli anni '80, in cui i film di fantascienza hanno vissuto una sorta di golden age, sviluppando una serie di filoni di successo che spaziano dalla fantascienza un po' naive e spensierata (tra i tanti, "Flash Gordon", "Ghostbusters", "Ritorno al futuro", "Guerre Stellari", ecc.) all'horror ("Alien", "La Cosa", ecc.) e a scenari un po' più impegnati e cupi su ipotetici futuri in cui si sono realizzati gli incubi e i rischi di una tecnologia invasiva.
"Blade Runner" di Ridley Scott ha rappresentato il caposaldo di questo genere di cambiamento attraverso un film visionario, noir e cupo, latamente filosofico sul rapporto tra umanità e esseri androidi senzienti, utilizzando una raffinatezza scenografica d'autore.
"Terminator" di James Cameron si inserisce a mio avviso proprio in questo filone capostipite del cyberpunk, in cui agli scenari cupi e tetri sul futuro aggiunge anche una bella dose di azione, romance e anche morte, in una trama tutto sommato avvincente e, per l'epoca, particolarmente accattivante e originale. Siamo ben lontani dalla fantascienza positiva e leggera di "Guerre Stellari", infarcita di grandi effetti speciali ma anche di situazioni sulla semplice lotta tra bene e male.

È pertanto sempre rischioso riprendere sic et simpliciter la saga di "Terminator" e provare a sottoporla a una revisione/aggiornamento in salsa animazione nipponica, in cui si tende a privilegiare per quanto possibile l'introspezione e le riflessioni anche filosofiche su un tema, quello dell'avvento delle IA nell'esistenza umana e sociale, su una trama di azione che, parimenti a "Steins;Gate", prevede viaggi nel tempo, potendo vedere attraverso i salti tra passato e futuro gli effetti delle scelte più o meno scellerate dell'umanità in tema di abdicazione del proprio ruolo di guida e controllo dell'IA in tutti gli aspetti della sua esistenza, lasciando un po' in secondo piano gli effetti delle modifiche del passato sul futuro.

Ma questa produzione IG Production è riuscita a cogliere nel segno?

A mio avviso, ha avuto sicuramente coraggio, con il rischio (calcolato) di sfociare nell'incoscienza... Partendo quasi da un "copy & paste" di "Terminator" e in parte anche "Terminator 2", cerca di innovare parzialmente la trama (e non solo l'ambientazione, passando da Los Angeles a Tokyo), introducendo un quid novi che si sostanzia in primis nell'aggiunta di un nuovo personaggio (alludo a Malcom Lee, lo scienziato che crea l'IA "Kokoro" - nome piuttosto evocativo e che dovrebbe significare "l'armonia di cuore e mente") e una trama parzialmente differente da quella originale, in cui Kokoro ha il compito di bloccare la storica IA Skynet che, una volta libera di autodeterminarsi, individuerà nell'umanità una fonte di pericolo per robot e IA, tanto da passare al suo sterminio.

"Terminator Zero" riprende in modo pedissequo, soprattutto negli episodi iniziali, tutti gli stilemi e gli elementi dell'opera cinematografica, ma funziona "a fasi alterne" e non sempre in modo sincrasico. Coloro che avranno amato l'atmosfera cupa e thriller di "Terminator" e "Terminator 2", con quel senso di profonda impotenza degli uomini nel contrastare i robot-killer del futuro (c'è poco da fare, A. Schwarzenegger ha reso benissimo il robot con sembianze umane, nonostante che gli effetti speciali dell'epoca non si potessero ancor avvalere della CG), e l'azione, non troveranno quelle atmosfere in questa serie.
L'anime tende a privilegiare un ritmo e uno stile più orientale, più intimistico, meno action e con diversi flashback e flashforward tipici che, soprattutto nel finale, consentiranno allo spettatore di capire alcuni aspetti nuovi della storia e i legami tra i vari personaggi che si ritrovano a vivere il presente della serie (anno domini 1997).

Copiata in toto anche la data dell'evento in cui l'IA Skynet lancia l'attacco nucleare su buona parte della Terra: 29 agosto (il cosiddetto "Giorno del giudizio"). E su questo aspetto, la nota piattaforma ha dimostrato anche la sensibilità di rendere disponibile la serie proprio a decorrere dal 29.08.2024, quasi in segno di deferenza (oltre che di furbizia commerciale) verso un franchise iconico.

In questo "Terminator Zero" si è privilegiata la cosiddetta "filosofia". I dialoghi lenti e a tratti anche un po' noiosi e stucchevoli tra il protagonista, lo scienziato Malcolm Lee e la sua creatura Kokoro sul perché quest'ultima avrebbe dovuto salvare l'umanità potrebbero far torcere il naso ai fan più accaniti dei film della saga. È un po' il solito refrain: un'intelligenza logica e superiore come un IA considera l'umanità alla stregua di un parassita predatore e guerrafondaio, incapace di astenersi da atti contro la propria specie e contro il pianeta Terra (qualche reminiscenza del dialogo tra Morpheus e Mr. Smith in Matrix?).
E non potrei biasimarli, perché poi, in fondo, non si scomodano concetti e teorie di inusitata profondità e saggezza. Il personaggio creatore della IA antagonista di Skynet si ritrova a cercare di convincere la propria creatura sulla necessità di adoperarsi per salvare l'umanità, non riuscendoci con la dialettica ma solo (e forse probabilmente) con il finale in cui sarà il protagonista tragico...

Scelta poco convincente e piuttosto drammatica e semplice, che dimostra l'inferiorità dell'umanità rispetto alla propria "creatura" e che, unitamente al solito finale un po' tanto aperto, lascia la serie come sospesa e incompleta, poco incisiva e con possibili ulteriori scenari che probabilmente potrebbero tendere a differenziarsi in modo notevole dalla trama dei film di origine.
Le medesime considerazioni possono essere espresse per la scelta di aver introdotto Kokoro come IA antagonista. È il secondo grande quid novi, ma tale scelta sposta il focus del conflitto duale uomo-macchina in un altro macchina-macchina in cui una delle due non è poi così convinta di aiutare l'umanità. Tale dubbio resta irrisolto, nonostante il finale in apparenza positivo ma molto ambiguo.

A livello di comparto tecnico, "Terminator Zero" non mi è sembrato malaccio, anzi. A parte qualche scivolone nell'integrazione tra disegni 2D e CG e quella sfumatura tendente al viola sui bordi dei personaggi per dare tridimensionalità ai soggetti e per disegnare le ombre (un effetto simile, se non ricordo male, lo si vede anche in "Cyberpunk: Edgerunners"), a me suscita un effetto "plasticoso" dei personaggi, nonché di inverosimiglianza, anche per i colori molto vividi e saturi. Il chara-design, sebbene curato, sembra un po' fumettistico.

In conclusione, "Terminator Zero" è una serie che ci riporta un po' indietro nel passato a rispolverare le solite paure e incognite sulla creazione e utilizzo dell'IA in tutte le attività umane, tendenza di produzioni cinematografiche e di animazione di qualche tempo fa. Tenendo conto che, rispetto ai film cui si ispira, mancano per i gusti occidentali le cosiddette scene di azione degne di colpire lo spettatore, "Terminator Zero" resta comunque un prodotto meritevole di una visione, soprattutto per coloro che sono nostalgici o che hanno apprezzato la saga tra i suoi alti e bassi.