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"Onimai: I’m Now Your Sister!" (originale "Onii-chan wa Oshimai!", che, tradotto letteralmente, suona più come "È finita, fratellone!") è una serie anime della stagione invernale 2023, tratta dall'omonimo manga scritto e illustrato da Nekotofu, che è stata prodotta da Studio Bind e diretto da Shingo Fujii.

Se dal punto di vista tecnico la serie è da apprezzare per la buona qualità visiva, la cura dei dettagli e la simpatica colonna sonora (la sigla di apertura, "Identeitei Meltdown" di Enako feat. P Maru-sama, e la sigla finale, "Himegoto*Crisisters", interpretata da Marika Kōno, Kaori Ishihara, Hisako Kanemoto e Minami Tsuda), dal punto di vista della trama le premesse e, soprattutto, lo svolgimento mi hanno lasciato un po' perplesso.

Lungi da me assurgere a ruolo di censore. Anticipo che la mia perplessità è legata al modo in cui l'anime (e credo anche il manga) vogliano trasmettere il messaggio di fondo: stanare un otaku dal proprio isolamento attraverso una sorta di percorso rieducativo in cui il soggetto da "curare" sia più o meno portato a vivere (recte: "costretto") le classiche situazioni di vita sociale con cui gli esseri umani interagiscono, in modo che ne possa apprezzare i cosiddetti lati positivi (ma anche quelli negativi), perché, in fondo, vivere è uno step ulteriore e più profondo a quello del mero esistere (parafrasando O. Wilde).

Ma che cosa ha fatto di così negativo il protagonista? Mahiro Oyama è un otaku isolato in casa a giocare perennemente ai videogiochi, leggere manga e a farsi curare dalla sorella minore Mihari Oyama. Il classico personaggio che è possibile reperire in n-mila produzioni del Sol Levante e che in genere o diventa oggetto di scherno o diventa protagonista di un percorso di crescita ed evoluzione positiva fino a scoprire le "meraviglie" della vita.

In "Onimai" l'incipit è piuttosto particolare: la sorella "scienziata" ha inventato una sostanza sperimentale che ha somministrato al fratello maggiore a sua insaputa, trasformandolo in una ragazzina delle medie.

Perché?

L'anime omette un pregresso che lo spettatore più aduso alla visione di anime su otaku può facilmente immaginare. Prende questa decisione per creare i presupposti di una nuova esistenza ex abrupto, in cui il suo onii-chan possa da un lato dare un taglio netto al suo passato (perlopiù "oscuro") e dall'altro possa "come back to life" attraverso l'unico modo che lei conosce: l'universo femminile.
Ma attuarla nei confronti di un otaku maschio sarà la scelta corretta? Ma così facendo non favorirà l'emersione della natura "fluida" del fratellone?

Da un lato ne viene fuori una trama molto dolce, kawaii, 'pucciosa' (anche in modo eccessivo), un pelo anche ironica, molto "slice of life", in cui, su dodici episodi, i dieci compresi tra il primo e l'ultimo sono dedicati a momenti "significativi" tipici della vita femminile individuale e collettiva: una descrizione minuziosa, positiva e a tratti comica e divertente dei momenti, come i necessari diversi comportamenti per il compimento delle azioni più banali e routinarie della vita quotidiana (andare in bagno, il rito del lavarsi giornalmente, l'indossare biancheria intima diversa da quella cui si è abituati, prepararsi la colazione, lavare gli indumenti, andare a fare la spesa e quindi uscire di casa, vestirsi da ragazza, andare a scuola - ancora l'idea che la scuola in Giappone sia una sorta di "genitore" aggiunto a quelli biologici perennemente assenti per gli impegni di lavoro - ecc.), fino a quelli più "tipici" femminili, come il cambiamento del proprio corpo durante la pubertà, il confronto con le amichette anche dal punto di vista fisico (allora non siamo solo noi che facciamo confronti su "misure"...), l'inizio del cosiddetto "coming of age" in cui si desidera sembrare grandi, vestendosi anche da adulti, usare i trucchi, ecc.

L'unico aspetto che non viene preso in considerazione è l'amore e l'attrazione verso una persona diversa da sé stessi. E fortunatamente, aggiungo, altrimenti la serie si sarebbe inoltrata in un territorio piuttosto "slippery", in cui poi sarebbe diventato difficile uscirne, vista la natura di Mahiro, che comunque si sente maschio quasi adulto ma in un corpo di ragazzina.

E con quest'ultima considerazione giungo a quella che per me è la nota "dolente" dell'anime, e probabilmente anche del manga che non ho letto.
Se prima facie Mahiro grazie alla sorella inizia a percorrere una sorta di redenzione dal suo status di isolato e disadattato, mantenendo comunque la sua natura di maschio, il suo percorso diventa anche quello di entrare nel mondo "femminile" tout-court, vivendo tutte quelle situazioni in cui si possono creare occasioni per fare un bagno con la sorella o le amichette, spogliarsi davanti a loro, vivere momenti di complicità anche intima con loro o semplicemente vivere quei momenti tipicamente femminili che spesso rappresentano il turbamento e stuzzicano la curiosità tipica maschile...

Tutti aspetti che la serie tende a descrivere con grande dovizia di particolari (ovviamente censurati) e sui quali si sofferma spesso, esaltandone il lato ludico e di complicità piuttosto che quello un po' più malizioso, ma che comunque non aggiunge granché alla trama, se non rappresentare una sorta di specchietto per le allodole per un certo tipo di spettatore che poi potrebbe restare deluso dall'evolversi della storia.

Non mi va di accusare l'anime di sfiorare pruriti "lolicon" del pubblico, ma invece di trattare i motivi per cui Mahiro si è isolato dal resto del mondo e cercare prima di comprenderli, per poi individuare una modalità il più possibile adeguata, senza snaturare l'io della persona da aiutare, si butta il tutto in una sorta di terapia gender-bender in cui l'universo maschile viene "piallato" e "canzonato" in favore della weltanschauung femminile più classica, e anche tanto civettuola e ingenua.

Questa natura un po' ambigua della storia è il tallone di Achille di "Onimai": se preso sul serio, a me sembra che sia troppo superficiale, buonista, positivo e stereotipato. Se preso come opera più leggera (anche comica), slice of life, l'indugiare sulla descrizione minuziosa e "senza veli" (sebbene censurati) di certi momenti narrati nella trama fa sorgere comunque il dubbio che si volesse anche compiacere in modo surrettizio proprio un target di pubblico che la morale della serie sembra in apparenza contrastare, senza dimenticare le tematiche gender-bender che potevano essere trattate in modo meno ingenuo, dando per scontato che Mahiro accetti il suo essere femmina solo perché gli piace la nuova vita ricca di interazioni con altre ragazze e di situazioni di vita sociale che aveva completamente dimenticato da ragazzo otaku.

Nulla di particolarmente grave, per carità, ma non riesco a considerare questa serie oltre un risicato sufficiente esempio di intrattenimento fantasy con una storiella piena di forzature e buonismo eccessivo, di cui sono riuscito ad apprezzare il profondo amore fraterno dimostrato dalla sorella minore nei confronti di un fratello maggiore in apparenza irrecuperabile, che si redime proprio grazie alla paziente e resiliente azione della sorella, capace di restare anche "dietro le quinte", mentre l'otaku iniziava con le sue esperienze di vita vera e non virtuale.