Recensione
Pseudo Harem
7.5/10
“Il semplice non è mai facile da mettere in pratica da chi fa di tutto per complicarlo” (J.P. Malfatti)
"Pseudo Harem" ("Giji Hāremu"), serie anime di 12 episodi tratti dal manga scritto e illustrato da Yū Saitō, sembra farsi beffe dei soliti cliché delle rom-com scolastiche con il solito protagonista imbranato ma gentile, accerchiato o assaltato da un nugolo di avvenenti ragazze che lo vogliono conquistare e offre allo spettatore una classica storia d'amore tra studenti delle scuole superiori che più semplice e normale non si poteva realizzare.
Tuttavia, per conferire alla trama un quid novi "Pseudo Harem" introduce uno stratagemma tanto comico quanto semplice: consentire alla protagonista Rin di interpretare grazie alla sue straordinarie doti recitative più "ragazze" molto caratterizzate che consentono alla protagonista di giocare con la persona che le piace a simulare situazioni tipiche del corteggiamento mascherandosi dietro gli stereotipi delle protagoniste delle commedie romantiche, definite "harem", di tanti manga e anime. Mi riferisco alle classiche figure delle ragazze tsundere, civettuole, ingenue, seriose, easy going, ecc. E il protagonista maschile, il senpai di Rin Eiji, si presta a fare da spalla alla poliedrica ragazza impersonando a sua volta l'ingenuotto di turno per far sì che la trama si svolga in modo comico e leggero, soprattutto negli episodi iniziali.
"Il gioco è bello se dura poco"
Lo stratagemma sembra funzionare benino: non conosco il manga ma visto che è composto da soli sei volumi posso solo ipotizzare che la mangaka abbia avuto l'intelligenza di proporre una storia senza troppe (e anche inutili) digressioni finalizzate ad "allungare il brodo", ad esempio ostacolando la storia di amore dei due protagonisti con l'introduzione degli altrettanto classici "incidenti di percorso" quali altri/e pretendenti, genitori che si trasferiscono in Europa per lavoro in modo da dividerli, tragedie familiari e, soprattutto, crisi psicologico-esistenziali dovute al carattere contorto dei protagonisti.
In "Pseudo Harem" non si ritrova nulla di quanto sopra citato. La trama è tanto semplice quanto efficace. Forse troppo concentrata sulla comicità delle situazioni dei due protagonisti e senza molte interazioni con altri personaggi che vengono centellinati e introdotti solo quando realmente serve (mi riferisco, ad esempio, alla sorellina di Rin o agli amici universitari di Eiji) come "contorno" ad un duo che sembra funzionare bene.
Ulteriore pregio è rappresentato dalla circostanza che le gag comiche di Rin (ossia le sue interpretazioni attoriali di ragazze diverse da lei) con cui lei cerca di far capire i suoi sentimenti a Eiji sono molto utilizzate all'inizio della serie, tanto da rendere gli episodi un po' troppo spezzettati e poco collegati tra loro, ma col il prosieguo della storia l'utilizzo è molto più centellinato anche perché la trama si evolve nel senso sperato non solo dai protagonisti, ma anche dagli spettatori fino all'epilogo finale con il flash forward in cui vediamo Rin e Eiji nel loro futuro da adulti. Giusto per fare un paragone, "Pseudo Harem" non è incappato nell'errore di "The girl I like forgot her glasses"...
In un certo senso "Pseudo Harem" mi ha ricordato "HoriMyia" (mi riferisco alla prima serie dell'anime) sebbene quest'ultima abbia conferito ai propri protagonisti una tridimensionalità più approfondita e abbia introdotto più personaggi: entrambe le serie sono accomunate dalla centralità dei due protagonisti e dal loro realismo senza orpelli, melodrammi e sovrastrutture surreali utili solo per compiacere un certo target di pubblico più incline alle storie contorte fino all'inverosimile.
Analizzando invece "Pseudo Harem" dal punto di vista del comparto tecnico, la realizzazione non l'ho trovata molto curata sia dal punto di vista del chara design, sia per i disegni dei fondali (al limite della decenza) sia per le animazioni. Se il viso che ho trovato molto carino di Rin e le sue espressioni sono rese magistralmente con menzione agli sguardi, i restanti personaggi, incluso Eiji, sono disegnati quasi in modo approssimativo e ricorrendo spesso al deformed per sottolineare la comicità di alcune situazioni, si è cercato di mettere una toppa alla superficialità di alcuni disegni.
Se si è alla ricerca di una serie autoconclusiva, leggera, spensierata, comica e molto dolce (molto "heartwarming"), costruita e articolata anche in modo intelligente (alcune scene fondamentali sono rivelate solo nell'ultimo episodio), "Pseudo Harem" non deluderà le aspettative spettatore consapevole del maggior pregio di questa serie: la semplicità.
"Pseudo Harem" ("Giji Hāremu"), serie anime di 12 episodi tratti dal manga scritto e illustrato da Yū Saitō, sembra farsi beffe dei soliti cliché delle rom-com scolastiche con il solito protagonista imbranato ma gentile, accerchiato o assaltato da un nugolo di avvenenti ragazze che lo vogliono conquistare e offre allo spettatore una classica storia d'amore tra studenti delle scuole superiori che più semplice e normale non si poteva realizzare.
Tuttavia, per conferire alla trama un quid novi "Pseudo Harem" introduce uno stratagemma tanto comico quanto semplice: consentire alla protagonista Rin di interpretare grazie alla sue straordinarie doti recitative più "ragazze" molto caratterizzate che consentono alla protagonista di giocare con la persona che le piace a simulare situazioni tipiche del corteggiamento mascherandosi dietro gli stereotipi delle protagoniste delle commedie romantiche, definite "harem", di tanti manga e anime. Mi riferisco alle classiche figure delle ragazze tsundere, civettuole, ingenue, seriose, easy going, ecc. E il protagonista maschile, il senpai di Rin Eiji, si presta a fare da spalla alla poliedrica ragazza impersonando a sua volta l'ingenuotto di turno per far sì che la trama si svolga in modo comico e leggero, soprattutto negli episodi iniziali.
"Il gioco è bello se dura poco"
Lo stratagemma sembra funzionare benino: non conosco il manga ma visto che è composto da soli sei volumi posso solo ipotizzare che la mangaka abbia avuto l'intelligenza di proporre una storia senza troppe (e anche inutili) digressioni finalizzate ad "allungare il brodo", ad esempio ostacolando la storia di amore dei due protagonisti con l'introduzione degli altrettanto classici "incidenti di percorso" quali altri/e pretendenti, genitori che si trasferiscono in Europa per lavoro in modo da dividerli, tragedie familiari e, soprattutto, crisi psicologico-esistenziali dovute al carattere contorto dei protagonisti.
In "Pseudo Harem" non si ritrova nulla di quanto sopra citato. La trama è tanto semplice quanto efficace. Forse troppo concentrata sulla comicità delle situazioni dei due protagonisti e senza molte interazioni con altri personaggi che vengono centellinati e introdotti solo quando realmente serve (mi riferisco, ad esempio, alla sorellina di Rin o agli amici universitari di Eiji) come "contorno" ad un duo che sembra funzionare bene.
Ulteriore pregio è rappresentato dalla circostanza che le gag comiche di Rin (ossia le sue interpretazioni attoriali di ragazze diverse da lei) con cui lei cerca di far capire i suoi sentimenti a Eiji sono molto utilizzate all'inizio della serie, tanto da rendere gli episodi un po' troppo spezzettati e poco collegati tra loro, ma col il prosieguo della storia l'utilizzo è molto più centellinato anche perché la trama si evolve nel senso sperato non solo dai protagonisti, ma anche dagli spettatori fino all'epilogo finale con il flash forward in cui vediamo Rin e Eiji nel loro futuro da adulti. Giusto per fare un paragone, "Pseudo Harem" non è incappato nell'errore di "The girl I like forgot her glasses"...
In un certo senso "Pseudo Harem" mi ha ricordato "HoriMyia" (mi riferisco alla prima serie dell'anime) sebbene quest'ultima abbia conferito ai propri protagonisti una tridimensionalità più approfondita e abbia introdotto più personaggi: entrambe le serie sono accomunate dalla centralità dei due protagonisti e dal loro realismo senza orpelli, melodrammi e sovrastrutture surreali utili solo per compiacere un certo target di pubblico più incline alle storie contorte fino all'inverosimile.
Analizzando invece "Pseudo Harem" dal punto di vista del comparto tecnico, la realizzazione non l'ho trovata molto curata sia dal punto di vista del chara design, sia per i disegni dei fondali (al limite della decenza) sia per le animazioni. Se il viso che ho trovato molto carino di Rin e le sue espressioni sono rese magistralmente con menzione agli sguardi, i restanti personaggi, incluso Eiji, sono disegnati quasi in modo approssimativo e ricorrendo spesso al deformed per sottolineare la comicità di alcune situazioni, si è cercato di mettere una toppa alla superficialità di alcuni disegni.
Se si è alla ricerca di una serie autoconclusiva, leggera, spensierata, comica e molto dolce (molto "heartwarming"), costruita e articolata anche in modo intelligente (alcune scene fondamentali sono rivelate solo nell'ultimo episodio), "Pseudo Harem" non deluderà le aspettative spettatore consapevole del maggior pregio di questa serie: la semplicità.