Recensione
Basil l'investigatopo
8.0/10
Generalmente considerato come il ventiseiesimo Classico Disney secondo il canone ufficiale, “The Great Mouse Detective”, italianizzato “Basil l’investigatopo” – termine che meriterebbe uno spazio nel vocabolario Treccani – è un film d'animazione del 1986 diretto da Burny Mattison, David Michener, Ron Clements e John Musker, questi ultimi due registi che in coppia hanno prodotto alcuni capolavori dell’animazione mondiale come “La sirenetta” e “Aladdin”. Il soggetto è tratto dalla serie di romanzi per l'infanzia “Basil of Baker Street” di Eve Titus, a sua volta parodia della saga di Sherlock Holmes ideata da quello scrittore geniale che è stato Sir Arthur Conan Doyle. Nonostante la sua dichiarata ispirazione ai lavori della scrittrice statunitense, il film racconta una trama originale e trae dalla serie di Titus solo i tre personaggi principali.
Londra, 1897. Hiram Flaversham, un topo giocattolaio di origini scozzesi, festeggia il compleanno di sua figlia Olivia donandole una ballerina meccanica. Improvvisamente, però, Vampirello, un pipistrello con un'ala spezzata e una gamba di legno, irrompe nel loro negozio e rapisce il padre della bambina. La piccola Olivia, scampata al sequestro, va alla ricerca di Basil di Baker Street, un illustre topo investigatore, affinché possa aiutarla a trovare il padre rapito. Lungo la strada, incontra il medico militare David Q. Topson, che stava cercando casa a Londra dopo essere tornato da una missione in Afghanistan; il topo, di buon cuore, decide di aiutare la piccola accompagnandola da Basil il quale, dopo un momento di riluttanza, decide di accettare il caso.
Il film può essere considerato un importante punto di svolta nella tradizione dei film d'animazione Disney per i suoi valori artistici, tecnici e simbolici. La colonna sonora di “Basil l'investigatopo” include tre canzoni (due di Henry Mancini e una di Melissa Manchester) che, per la prima volta dai tempi di “Robin Hood”, vengono incorporate nella storia e cantate dai protagonisti come in un vero musical, come poi saranno i film animati Disney degli anni successivi. Chi mi conosce sa bene che non sono amante dei musical ma, nel caso specifico di questa pellicola, ho trovato le canzoni stranamente orecchiabili – per quanto probabilmente le versioni originali siano migliori di quelle italiane – e le scene musicate veramente simpatiche, specialmente quella con Rattigan e suoi sgherri come protagonisti. “Basil l'investigatopo” e “Taron e la pentola magica” (prodotti in contemporanea e diretti dagli stessi registi, Clements e Musker) furono inoltre i primi film Disney a fare uso della CGI, ma mentre nel secondo venne utilizzata solo per animare alcuni oggetti sporadici, nel primo fu utilizzata in maniera massiccia per realizzare e animare gli interni del Big Ben, che dimostrano un uso sapiente e accorto della computer grafica. Infine, “Basil l'investigatopo” fu un buon successo economico, sufficiente da convincere la direzione dell'azienda a non chiudere il reparto animazione che da tempo era in forte perdita e rischiava di essere smantellato, colpa degli insuccessi degli anni precedenti. Per queste ragioni, il film si può considerare come il punto di transizione fra la "vecchia" generazione e quella del Rinascimento Disney.
Sulla base di quanto detto, “Basil l’investigatopo” porta sulle proprie spalle un fardello importante, essendo una pellicola dagli enormi meriti, che gli sono stati in buona parte riconosciuti. L’ora e un quarto di pellicola scorre spedita e il film tiene un buon ritmo per tutta la sua durata, senza mai mettere alla prova il grado di attenzione dello spettatore. Le scene movimentate, in particolar modo, rappresentano il meglio del film che, forse, raggiunge il proprio apice proprio nel finale, con l’inseguimento all’interno del Big Ben. Grande nota di merito è, poi, l’ambientazione. Per un fervido amante dell’età vittoriana come il sottoscritto, vedere la Londra di fine ‘800, che sia realistica o animata, provoca sempre un senso di eccitazione e soddisfazione difficilmente spiegabili a parole. E, quindi, posso affermare che, almeno con il sottoscritto, il film vince ai blocchi di partenza, quando la regia insiste proprio su uno dei vicoli della vittoriana capitale inglese. Ciò detto, la pellicola non si discosta poi molto dalle solite trame Disney, in cui si raffigura l’eterna lotta del bene contro il male, con il secondo che è quasi sempre destinato a soccombere. Nonostante ciò, e questo potrebbe apparire strano dato l’esito scontato della storia, proprio l’antagonista, ovvero Rattigan – una rivisitazione in chiave umoristica di Moriarty – rappresenta una delle tante note liete del lungometraggio. Il ratto, che però vuole essere riconosciuto come topo, è un villan serio, un autentico amante del male, che non si fa scrupoli ad uccidere per una banalità un proprio sottoposto, scena questa riportata sullo schermo in maniera a dir poco lungimirante, con la vista di un’ombra sul muro che sta per essere inghiottita da un’altra ben più grande e felina, e l’esito finale soltanto lasciato all’immaginazione dello spettatore. Certo, Basil e Topson sono le brutte copie di Sherlock e Watson, da cui hanno molto da imparare – anche se vivendo nello stesso appartamento l’apprendistato dovrebbe poter procedere spedito –, ma i registi sono rispettosi del personaggio creato da Sir Arthur Conan Doyle, per quanto Basil ne rappresenti una versione umoristica, e disseminano la pellicola di oggetti e situazioni che rimandano al vero Sherlock Holmes, quello situato al 221B di Baker Street, che occuperà sempre un posto speciale nei cuori dei lettori di romanzi gialli sparsi per tutto il mondo.
Londra, 1897. Hiram Flaversham, un topo giocattolaio di origini scozzesi, festeggia il compleanno di sua figlia Olivia donandole una ballerina meccanica. Improvvisamente, però, Vampirello, un pipistrello con un'ala spezzata e una gamba di legno, irrompe nel loro negozio e rapisce il padre della bambina. La piccola Olivia, scampata al sequestro, va alla ricerca di Basil di Baker Street, un illustre topo investigatore, affinché possa aiutarla a trovare il padre rapito. Lungo la strada, incontra il medico militare David Q. Topson, che stava cercando casa a Londra dopo essere tornato da una missione in Afghanistan; il topo, di buon cuore, decide di aiutare la piccola accompagnandola da Basil il quale, dopo un momento di riluttanza, decide di accettare il caso.
Il film può essere considerato un importante punto di svolta nella tradizione dei film d'animazione Disney per i suoi valori artistici, tecnici e simbolici. La colonna sonora di “Basil l'investigatopo” include tre canzoni (due di Henry Mancini e una di Melissa Manchester) che, per la prima volta dai tempi di “Robin Hood”, vengono incorporate nella storia e cantate dai protagonisti come in un vero musical, come poi saranno i film animati Disney degli anni successivi. Chi mi conosce sa bene che non sono amante dei musical ma, nel caso specifico di questa pellicola, ho trovato le canzoni stranamente orecchiabili – per quanto probabilmente le versioni originali siano migliori di quelle italiane – e le scene musicate veramente simpatiche, specialmente quella con Rattigan e suoi sgherri come protagonisti. “Basil l'investigatopo” e “Taron e la pentola magica” (prodotti in contemporanea e diretti dagli stessi registi, Clements e Musker) furono inoltre i primi film Disney a fare uso della CGI, ma mentre nel secondo venne utilizzata solo per animare alcuni oggetti sporadici, nel primo fu utilizzata in maniera massiccia per realizzare e animare gli interni del Big Ben, che dimostrano un uso sapiente e accorto della computer grafica. Infine, “Basil l'investigatopo” fu un buon successo economico, sufficiente da convincere la direzione dell'azienda a non chiudere il reparto animazione che da tempo era in forte perdita e rischiava di essere smantellato, colpa degli insuccessi degli anni precedenti. Per queste ragioni, il film si può considerare come il punto di transizione fra la "vecchia" generazione e quella del Rinascimento Disney.
Sulla base di quanto detto, “Basil l’investigatopo” porta sulle proprie spalle un fardello importante, essendo una pellicola dagli enormi meriti, che gli sono stati in buona parte riconosciuti. L’ora e un quarto di pellicola scorre spedita e il film tiene un buon ritmo per tutta la sua durata, senza mai mettere alla prova il grado di attenzione dello spettatore. Le scene movimentate, in particolar modo, rappresentano il meglio del film che, forse, raggiunge il proprio apice proprio nel finale, con l’inseguimento all’interno del Big Ben. Grande nota di merito è, poi, l’ambientazione. Per un fervido amante dell’età vittoriana come il sottoscritto, vedere la Londra di fine ‘800, che sia realistica o animata, provoca sempre un senso di eccitazione e soddisfazione difficilmente spiegabili a parole. E, quindi, posso affermare che, almeno con il sottoscritto, il film vince ai blocchi di partenza, quando la regia insiste proprio su uno dei vicoli della vittoriana capitale inglese. Ciò detto, la pellicola non si discosta poi molto dalle solite trame Disney, in cui si raffigura l’eterna lotta del bene contro il male, con il secondo che è quasi sempre destinato a soccombere. Nonostante ciò, e questo potrebbe apparire strano dato l’esito scontato della storia, proprio l’antagonista, ovvero Rattigan – una rivisitazione in chiave umoristica di Moriarty – rappresenta una delle tante note liete del lungometraggio. Il ratto, che però vuole essere riconosciuto come topo, è un villan serio, un autentico amante del male, che non si fa scrupoli ad uccidere per una banalità un proprio sottoposto, scena questa riportata sullo schermo in maniera a dir poco lungimirante, con la vista di un’ombra sul muro che sta per essere inghiottita da un’altra ben più grande e felina, e l’esito finale soltanto lasciato all’immaginazione dello spettatore. Certo, Basil e Topson sono le brutte copie di Sherlock e Watson, da cui hanno molto da imparare – anche se vivendo nello stesso appartamento l’apprendistato dovrebbe poter procedere spedito –, ma i registi sono rispettosi del personaggio creato da Sir Arthur Conan Doyle, per quanto Basil ne rappresenti una versione umoristica, e disseminano la pellicola di oggetti e situazioni che rimandano al vero Sherlock Holmes, quello situato al 221B di Baker Street, che occuperà sempre un posto speciale nei cuori dei lettori di romanzi gialli sparsi per tutto il mondo.