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Non è ancora arrivato in Italia e io l’ho già letto e dunque per chi ha dei dubbi se comprare l’edizione Dynit io vi darò un giudizio spassionato.
L’editore giapponese è il colosso Shogakukan mentre l’autrice è Yoko Nihonbashi: autrice ancora inedita in Italia.
Il manga non è male ma non trovo granché gradevoli i suoi disegni in primis il modo di caratterizzare fisicamente i personaggi maschili. Inoltre secondo me il manga non arriva alla sua fine naturale: ha un finale logico ma è chiaro che l’autrice avrebbe voluto continuare. Quindi i suoi diciotto capitoli (tre volumi) sono dovuti allo scarso successo di pubblico.
Innanzi tutto diciamo che quest’opera non assomiglia a Moeyo Pen di Kazuhiko Shimamoto che avevo sconsigliato in quanto assurdo, esagerato, demenziale…
Il manga che sto recensendo oggi assomiglia molto di più a Bakuman ma mentre in quest’ultimo gli autori abbiano potuto sbizzarrirsi e hanno mischiato realtà e fantasia, abbiano dipinto una realtà esistente sia pur con esagerazioni l’autrice di G Senjou heaven’s door tenta anni prima del fantastico duo di Death Note a fare la stessa cosa ma facendo fisco in Giappone.
La trama è un concentrato che poteva fare da base ad una serie lunga: due ragazzi si conoscono e decidono di fare un manga insieme. L’arte è una cosa di famiglie in quanto molti personaggi che girano attorno a loro (in primis i genitori) sono legati al mondo del manga e in particolare alla stessa rivista, la popolare Manga Fight. Ritorniamo alle somiglianze con Bakuman ma GSHD precede di molti anni l’altro fumetto. Ma in Italia i due fumetti arrivano in tempi inversi ciò potrebbe ancora di più diminuire i pregi dell’opera della Nihonbashi.
Io mi sento che un otto è un voto giusto, alto ma non altissimo, per un opera molto carina ma non speciale.