Recensione
Nana
9.0/10
Ammetto che "Nana" non sono riuscito a visionarlo tutto di un fiato, ma l'ho sospeso per qualche tempo, per poi riprenderlo e terminarlo in pochi giorni. Perché, si chiederà il lettore di queste poche parole che voglio dedicare alla serie anime?
Il motivo è che, avendo qualche primavera alle spalle, "Nana" mi aveva fatto provare un senso di inquietudine, una sorta di déjà-vu retrospettivo su situazioni vissute in un lontano passato, ed essendo consapevole che la serie non avrebbe avuto un finale, avevo provato il cupo presagio di ciò che poi mi è capitato di vedere all'ultimo episodio: la malinconia e il rimpianto.
Ok, la serie sarebbe dovuta andare avanti e il manga da cui è derivata era ancora in corso, per, col senno di poi, non arrivare più a una conclusione. E tale circostanza ha trasformato "Nana" in una sorta di "Youth's Graffiti" (mi riferisco al film di George Lucas del 1973), una sorta di omaggio nostalgico a una gioventù anni '90-2000, attraverso un incredibile e azzeccato tourbillon di situazioni comiche, tragiche, patetiche, grottesche, sentimentali, vissute da dalle due omonime protagoniste e dall'incredibile numero di personaggi neanche tanto secondari che gravitano nella loro orbita, in uno stupefacente intreccio di situazioni, alcune forzatamente "shōjo", in cui la mangaka Ai Yazawa e lo studio Madhouse hanno avuto il pregio di tratteggiare in modo un po' melodrammatico ma anche piuttosto realistico in primis le due Nana, Komatsu e Osaki, e in secundis gli altri personaggi, riuscendo quasi sempre ad attribuire a ciascuno di loro una propria dignità e logica al di fuori e oltre le prime apparenze che spesso si sono dimostrate fuorvianti.
"Nana" è una storia di vita come tante di alcuni giovani che coltivano i loro sogni e aspirazioni, muovendo i loro primi passi in autonomia, cercando un loro posto nel mondo. Ma è anche una grande storia di amicizia tra due ragazze che, in apparenza, non potrebbero essere più diverse dal punto di vista fisico e caratteriale.
Nana Komatsu potrebbe essere descritta come la volubilità impersonificata, che tuttavia maschera una insicurezza profonda che la porta ad essere sempre accondiscendente con chi si relaziona con lei, per paura di non essere accettata.
Nana Osaki è la fragilità mascherata dalla determinazione e risolutezza di coloro che, senza riferimenti familiari e affettivi, trasferiscono il loro bisogno di cura e attenzione sugli amici, fino a creare un rapporto di dipendenza.
La loro parabola, descritta in modo magistrale dalla serie, è incredibilmente umana, e le porterà ad assumere decisioni difficili, controverse e contraddittorie, come lo sono spesso anche le nostre nella vita di tutti i giorni, costretti a barcamenarsi tra opposte esigenze, tra cui quelle delle nostre emozioni, sentimenti e raziocinio.
"Nana" è anche una storia di crescita in una città come Tokyo che sembra offrire tutto, ma che in realtà si dimostra anche più complessa da decifrare. Una crescita che le obbliga a fare in ogni momento i conti con sé stesse prima che con gli altri personaggi e ad auto-decifrarsi, intuendo man mano i propri limiti, i pregi delle persone che le circondano, sfidandole ad andare oltre le prime impressioni e le apparenze, e costringendole a comprendere le diverse "istanze" che possono portare una persona a reagire e/o a comportarsi in un determinato modo, passando dal mondo della adolescenza un po' egoistica a quello dei giovani adulti che devono misurarsi con tutto e tutti, per trovare e costruire un proprio equilibrio interiore prima che una solida posizione per affrontare la vita. In tal senso, sono molto significativi i monologhi interiori ed esplicativi di Nana Osaki verso il termine della serie.
"Nana" è anche una storia di musica; un genere come il punk rock che oggi potrebbe far sorridere i più giovani, cresciuti e abituati a ben altre sonorità, ma che calza a pennello per l'ambientazione e i personaggi della serie che ha voluto creare Ai Yazawa, per creare ancora dei soggetti "contro" il mainstream che impera, e che suonano più per passione per i propri gusti piuttosto che per raggiungere il successo a tutti i costi, salmodiando i gusti più commerciali. Devo riconoscere che il comparto sonoro, al di là dei gusti personali, è sembrato di gran pregio, con interpreti che doppiano Nana Osaki e Layla "Reira" Serizawa dalle notevoli doti canore. Il tutto poi corroborato da un comparto tecnico tipico delle opere di questo genere, con silhouette molto allungate e poco dettagliate se non nei visi e negli sguardi molto comunicativi e curati.
"Nana" è anche e soprattutto una storia (o più storie) d'amore e di profonda amicizia. Un incredibile e toccante amicizia che sembra incarnare tutte le sfumature in senso positivo e negativo di una storia d'amore, e che rappresenta o meglio si avvicina a quello che si potrebbe definire l'amore disinteressato e altruistico, quello che tutti vorremmo provare a vivere (o abbiamo anche vissuto o viviamo) e che in un certo senso ci fa apprezzare anche i personaggi "secondari" come Yasu o Shin.
E allora non posso che consigliarne la visione, al netto dei "difetti" già ampiamente descritti e discussi in tante altre recensioni che mi hanno preceduto, evidenziando che in fondo "Nana" ci ricorda l'importanza delle persone e delle interazioni con esse: "Some people come into our lives/and leave footprints on our hearts/and we are never ever the same" ("Some People" - Flavia Weedn).
Il motivo è che, avendo qualche primavera alle spalle, "Nana" mi aveva fatto provare un senso di inquietudine, una sorta di déjà-vu retrospettivo su situazioni vissute in un lontano passato, ed essendo consapevole che la serie non avrebbe avuto un finale, avevo provato il cupo presagio di ciò che poi mi è capitato di vedere all'ultimo episodio: la malinconia e il rimpianto.
Ok, la serie sarebbe dovuta andare avanti e il manga da cui è derivata era ancora in corso, per, col senno di poi, non arrivare più a una conclusione. E tale circostanza ha trasformato "Nana" in una sorta di "Youth's Graffiti" (mi riferisco al film di George Lucas del 1973), una sorta di omaggio nostalgico a una gioventù anni '90-2000, attraverso un incredibile e azzeccato tourbillon di situazioni comiche, tragiche, patetiche, grottesche, sentimentali, vissute da dalle due omonime protagoniste e dall'incredibile numero di personaggi neanche tanto secondari che gravitano nella loro orbita, in uno stupefacente intreccio di situazioni, alcune forzatamente "shōjo", in cui la mangaka Ai Yazawa e lo studio Madhouse hanno avuto il pregio di tratteggiare in modo un po' melodrammatico ma anche piuttosto realistico in primis le due Nana, Komatsu e Osaki, e in secundis gli altri personaggi, riuscendo quasi sempre ad attribuire a ciascuno di loro una propria dignità e logica al di fuori e oltre le prime apparenze che spesso si sono dimostrate fuorvianti.
"Nana" è una storia di vita come tante di alcuni giovani che coltivano i loro sogni e aspirazioni, muovendo i loro primi passi in autonomia, cercando un loro posto nel mondo. Ma è anche una grande storia di amicizia tra due ragazze che, in apparenza, non potrebbero essere più diverse dal punto di vista fisico e caratteriale.
Nana Komatsu potrebbe essere descritta come la volubilità impersonificata, che tuttavia maschera una insicurezza profonda che la porta ad essere sempre accondiscendente con chi si relaziona con lei, per paura di non essere accettata.
Nana Osaki è la fragilità mascherata dalla determinazione e risolutezza di coloro che, senza riferimenti familiari e affettivi, trasferiscono il loro bisogno di cura e attenzione sugli amici, fino a creare un rapporto di dipendenza.
La loro parabola, descritta in modo magistrale dalla serie, è incredibilmente umana, e le porterà ad assumere decisioni difficili, controverse e contraddittorie, come lo sono spesso anche le nostre nella vita di tutti i giorni, costretti a barcamenarsi tra opposte esigenze, tra cui quelle delle nostre emozioni, sentimenti e raziocinio.
"Nana" è anche una storia di crescita in una città come Tokyo che sembra offrire tutto, ma che in realtà si dimostra anche più complessa da decifrare. Una crescita che le obbliga a fare in ogni momento i conti con sé stesse prima che con gli altri personaggi e ad auto-decifrarsi, intuendo man mano i propri limiti, i pregi delle persone che le circondano, sfidandole ad andare oltre le prime impressioni e le apparenze, e costringendole a comprendere le diverse "istanze" che possono portare una persona a reagire e/o a comportarsi in un determinato modo, passando dal mondo della adolescenza un po' egoistica a quello dei giovani adulti che devono misurarsi con tutto e tutti, per trovare e costruire un proprio equilibrio interiore prima che una solida posizione per affrontare la vita. In tal senso, sono molto significativi i monologhi interiori ed esplicativi di Nana Osaki verso il termine della serie.
"Nana" è anche una storia di musica; un genere come il punk rock che oggi potrebbe far sorridere i più giovani, cresciuti e abituati a ben altre sonorità, ma che calza a pennello per l'ambientazione e i personaggi della serie che ha voluto creare Ai Yazawa, per creare ancora dei soggetti "contro" il mainstream che impera, e che suonano più per passione per i propri gusti piuttosto che per raggiungere il successo a tutti i costi, salmodiando i gusti più commerciali. Devo riconoscere che il comparto sonoro, al di là dei gusti personali, è sembrato di gran pregio, con interpreti che doppiano Nana Osaki e Layla "Reira" Serizawa dalle notevoli doti canore. Il tutto poi corroborato da un comparto tecnico tipico delle opere di questo genere, con silhouette molto allungate e poco dettagliate se non nei visi e negli sguardi molto comunicativi e curati.
"Nana" è anche e soprattutto una storia (o più storie) d'amore e di profonda amicizia. Un incredibile e toccante amicizia che sembra incarnare tutte le sfumature in senso positivo e negativo di una storia d'amore, e che rappresenta o meglio si avvicina a quello che si potrebbe definire l'amore disinteressato e altruistico, quello che tutti vorremmo provare a vivere (o abbiamo anche vissuto o viviamo) e che in un certo senso ci fa apprezzare anche i personaggi "secondari" come Yasu o Shin.
E allora non posso che consigliarne la visione, al netto dei "difetti" già ampiamente descritti e discussi in tante altre recensioni che mi hanno preceduto, evidenziando che in fondo "Nana" ci ricorda l'importanza delle persone e delle interazioni con esse: "Some people come into our lives/and leave footprints on our hearts/and we are never ever the same" ("Some People" - Flavia Weedn).